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MANIPOLAZIONE GENETICA
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18/03/09
La contaminazione transgenica come business
Fonte: La Jornada - Silvia Ribeiro (Ricercatrice di ETC Group)
Il 6 marzo scorso, il governo messicano ha annunciato che considera esaurito il quadro normativo di biosicurezza del Messico, aprendo le porte alla sperimentazione con il mais transgenico. Un delitto storico, con cui il governo decide di alienare e mettere in grave condizione di rischio il patrimonio genetico alimentare più importante del paese.


I funzionari governativi hanno eliminato de facto l’istituzione di un Regime Speciale di Salvaguardia del Mais, cui erano obbligati dalla Legge di Biosicurezza e sugli Organismi Geneticamente Modificati, ed hanno invece introdotto alcuni paragrafi nel regolamento della legge stessa. Come hanno solidamente argomentato specialisti della materia, questa disposizione viola la legge in diversi punti.
Per ovviare all’accusa d’illegalità, i funzionari dichiarano che questa apertura è necessaria perché il mais gm farà aumentare la produzione senza mettere in pericolo le zone che saranno classificate come centro di origine del mais. Si tratta solo di esperimenti, puntualizzano, il cui esito sarà valutato prima che sia autorizzata la coltivazione di tipo commerciale.
Si tratta, tuttavia, di argomenti falsi. In primo luogo, perché tutto il Messico è centro di origine e diversificazione del mais e non dovrebbe esserci spazio per il mais transgenico da nessuna parte e, soprattutto, perché occultano il vero nodo del dibattito sui transgenici. Tutti gli Ogm sono coperti da brevetto e sono proprietà di 6 multinazionali. La Monsanto controlla l’86% di tutti gli Ogm e insieme alla Syngenta e alla DuPont-Pioneer arriva fino al 95%. Un livello di concentrazione commerciale senza precedenti nella storia dell’agricoltura e dell’alimentazione. Quando si parla di Ogm, il punto di partenza è la resa della sovranità alimentare e la consegna delle chiavi dell’intera catena alimentare nelle mani di poche multinazionali.
La menzogna della maggiore produttività, non trova conforto nelle statistiche ufficiali degli Stati Uniti, più grande produttore mondiale di Ogm. In media, infatti, i transgenici hanno prodotto di meno. Nel caso del mais, la produzione è stata uguale o quasi impercettibilmente maggiore, ma poiché le sementi costano di più, gli agricoltori perdono comunque, perché il presunto incremento della resa non compensa i costi. Le società ribattono che se veramente fosse così, gli agricoltori smetterebbero di piantare transgenici. La realtà dei fatti, ricostruita a partire da relazioni del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), è che non possono fare altrimenti. Gli agricoltori hanno perso le loro sementi e le società che producono i semi biotech controllano anche le varietà convenzionali. Anche laddove quest’ultime producono di più, non sono riprodotte in quantità sufficienti per la vendita, perché le imprese preferiscono vendere transgenici. Il motivo: costano di più, sono protetti da brevetto, la contaminazione è inevitabile (vento, insetti o catena di distribuzione) e identificabile per la presenza di geni estranei al mais. Le imprese possono così denunciare le vittime della contaminazione per violazione di brevetto ricavandone un’entrata extra, e obbligano tutti a comprare nuove sementi ogni anno.
L’argomento del solo fine sperimentale è penosamente falso. Anche se i criteri di sperimentazione fossero molto stretti (cosa che non sono), prevedendo la piantagione in aree confinate, con aree di isolamento molto estese, barriere antivento o il ritiro delle spighe prima dell’impollinazione, nessuno di questi criteri sarebbe mantenuto nella semina commerciale. I produttori non li applicheranno mai perché sono complicati, aumentano i costi e richiedono maggior lavoro. La legge di biosicurezza, d’altra parte, non prevede neppure l’obbligo di informare i vicini ne’ una sanzione reale per chi contamina. Definire “sperimentali” le coltivazioni, pertanto, è solo un eufemismo in vista della successiva piantagione commerciale.
Per giunta, però, ci troviamo in Messico, centro di origine del mais, dove ancora vivono nelle comunità di appartenenza, milioni di contadini che hanno creato l’enorme ricchezza e diversità genetica della coltura per il bene di tutta l’umanità. Alla condanna della dipendenza economica e alimentare, si somma quella della contaminazione della biodiversità e del mais contadino. Un fatto intrinseco ai transgenici, dimostrato in Messico e in molti altri paesi. Una volta sui campi, il vento e gli insetti non distinguono se sono sperimentali o se non dovono impollinare altre piante: la contaminazione è inevitabile. In piena contraddizione con le dichiarazioni di Agrobio, raggruppamento di multinazionali, secondo cui gli attivisti vorrebbero decidere per tutti gli agricoltori messicani nell’opporsi alla sperimentazione, gli Ogm sono le colture più imperialiste della storia. Qualsiasi piantagione di mais gm, condanna presto a tardi tutte le altre alla contaminazione.
L’assurda risposta dei funzionari governativi è che anche questo si trasformerà in un affare: fioriranno, infatti, le imprese di rilevazione che, pubbliche o meno, dovranno pagare le multinazionali degli Ogm per poter operare e utilizzare i loro geni!
Tutta questa falsità contrasta con la semplice verità degli agricoltori: hanno 10.000 anni di esperienza nella creazione e nella resistenza e non intendono sottomettersi a questa condanna.


 
 

 

 
 
 
 
 

 

 
 

 

 

 

 
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