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Nature contro i principali modelli animali
In questa pubblicazione viene fatto notare come le specie maggiormente utilizzate, il topo (Mus Musculus), il verme nematode (Caenorhabditis elegans) e il moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), siano usate dagli scienziati senza che essi debbano spiegare in alcun modo la loro scelta, addirittura ogni questione importante deve essere riprodotta in un modello prestabilito per essere accettata.
Purtroppo l’articolo termina auspicando l’uso di altre specie, e ciò dimostra un iper-affidamento nei confronti dei modelli animali, senza che l’autrice si sia minimamente resa conto di come anche altre specie possano avere le stesse limitazioni, come tra l’altro è dimostrato dai fatti.
Riportiamo alcune parti interessanti della pubblicazione:
[...] “E molte carriere, laboratori e riviste sono costruite sul primato del moscerino, del topo e del verme [1]. Ma studiare solo pochi organismi limita la scienza alle risposte che questi organismi possono fornire.”
[...] “Questi modelli sono miseramente adatti a questioni richieste da scienziati in campi emergenti come la biologia dello sviluppo ecologico – “eco-devo” – che si focalizza sulle influenze esterne nello sviluppo dei fenotipi.
Queste limitazioni hanno serie conseguenze. Le differenze tra il topo e gli umani possono aiutarci a spiegare perché i milioni di dollari spesi nella ricerca di base hanno prodotto frustrantemente pochi progressi clinici [1-4].” […]
“Per esempio, un trattamento sperimentale per la sclerosi multipla che, nel topo inbred [inincrociato], migliorava i sintomi della malattia indotta, produsse risposte non previste – e talvolta avverse – nei pazienti umani. Il modello di topo inbred ha fallito nel rappresentare la diversità genetica e immunologica delle cellule umane, un difetto che era ovvio ripensandoci [2].
E’ tempo di pensare più criticamente su come usiamo i modelli. Questo significa articolare tacite assunzioni, come l’adeguatezza dei modelli roditori di rappresentare pienamente specifiche malattie umane.” […]
“Come ha fatto una manciata di specie a diventare dei modelli centrali? A volte si tratta più di convenienza che di pianificazioni strategiche” […]
“Il lievito, il topo, i polli e altre specie domestiche sono diventate le preferite nei laboratori perché erano già familiari ed accessibili.
L’esistenza di popolazioni da laboratorio di rane(Xenopus laevis) per l’uso nei test di gravidanza portò al loro reclutamento come modello per la ricerca sullo sviluppo.
Mentre la scienza basata sui modelli cresceva, queste specie diventavano sempre più dominanti, nonostante i talvolta casuali modi in cui sono stati inizialmente scelti. Abbiamo raggiunto un punto in cui, se i ricercatori non possono affrontare un problema usando una specie familiare, non possono studiarlo affatto [1].” […]
“Dato che la plasticità e il ruolo dell’ambiente di sviluppo sono particolarmente difficili da studiare nei modelli chiave, queste aree ricevono comparativamente poca attenzione [6].” […]
“Nel caso del morbo di Parkinson, i potenziali trattamenti sono spesso accertati misurando la funzione motoria in un ratto lesionato. Ma il modello di ratto non rappresenta chiaramente altri significativi sintomi del Parkinson che accadono nei pazienti umani, come il declino cognitivo. Questo potrebbe indirizzare i ricercatori lontano da questi aspetti della malattia.
Simili bias radicati nell’uso di particolari modelli potrebbero inoltre contribuire all’”interruzione di traslazione” delle cure alle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e la sclerosi laterale amiotrofica [3,4].L’ inabilità dei roditori altamente inincrociati e talvolta geneticamente modificati di rappresentare pienamente la diversità dei pazienti e dei sintomi umani ha rimesso in discussione il potere di questi modelli, anche dentro le comunità di ricerca che servono [1-4,7].
Allo stesso tempo, gli effetti di variazioni ambientali apparentemente insignificanti, come i dettagli del maneggiamento dei topi, sono spesso trascurati [8].”
1. Davis, M. M. Immunity 29, 835–838 (2008).
2. von Herrath, M.G. & Nepom, G. T. J. Exp. Med. 202, 1159–1162 (2005).
3. Geerts, H. CNS Drugs 23, 915–926 (2009).
4. Schnabel, J. Nature 454, 682–685 (2008).
6. Bolker, J. A. BioEssays 17, 451–455 (1995).
7. Beckers, J., Wurst, W. & Hrabé de Angelis, M. H. Nature Rev. Genet. 10, 371–380 (2009).
8. Hurst, J. L. & West, R. S. Nature Methods 7, 825–826 (2010).
[Bolker J. Model organism: There’s more to life than rats and flies. Nature. 2012 Nov 1;491(7422):31-3. doi: 10.1038/491031a.]
FULL TEXT: http://211.144.68.84:9998/91keshi/Public/File/34/491-7422/pdf/491031a.pdf