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02/10/06
Mai fidarsi del topolino
Fonte: L’Espresso – Fulco Pratesi
Il sistema più efficace per essere avvelenati dai funghi è, secondo gli esperti, quello di farli assaggiare al cane o al gatto di casa. Questo perché sostanze velenose per l'uomo sono del tutto innocue per altri animali.
Tant'è vero che la mortifera Amanita phalloides è mangiata impunemente da gatti e conigli, così come la cicuta, che portò a morte Socrate, è gradita dalle allodole (vi sono casi di cacciatori avvelenati per avere mangiato allodole che se ne erano cibate) e l'arsenico non danneggia le pecore.
Statistiche bestiali 92 per cento sono i farmaci che risultano innocui sugli animali vengono poi scartati durante le prove cliniche sull'uomo (dato di Pubmed, Inghilterra). 5-25 per cento è', secondo Ralph Heywood, ex direttore del centro di ricerca inglese Huntington Life Sciences, la coincidenza tra la risposta dell'animale e quella dell'uomo. 82 per cento è' la quota dei medici inglesi preoccupati per i danni prodotti dalla sperimentazione su animali (studio di TNS Healthcare) 60 per cento è' quanto differiscono le risposte dei test fatti sui topi in laboratorio, rispetto a quelle fornite dai ratti, loro stretti parenti.
4° posto è', nella classifica delle cause di morte dei paesi industrializzati la posizione delle malattie iatrogene. Eppure, il metodo universalmente usato per testare l'eventuale nocività di medicinali o la tossicità di prodotti chimici si basa ancora sugli animali.
Milioni di conigli devono mettere a disposizione i loro occhi per provare i cosmetici, e ratti, cavie, scimmie e altri esponenti del mondo animale sono utilizzati in laboratorio per sperimentare nuove molecole.
Si tratta di un sistema, avversato fortemente oltre che dagli animalisti da un gran numero di scienziati, che ha portato negli anni passati alla tragedia del talidomide (testato su animali ma rivelatosi poi devastante sui feti umani) ed a molte altre, come il recente caso londinese del Tgn1412, che, testato su sei giovani "volontari" dopo l'esito positivo delle prove su svariate specie animali, li ha spediti direttamente in camera di rianimazione. Chi contesta questo metodo sostiene che, quale che sia la risposta dell'esperimento su animali, esso è solo un alibi per passare - in realtà senza averne ridotto il rischio - alla prova finale sull'uomo.
Del resto, il British Medical Journal (n. 328,28/2/04) sostiene che le prove sull'uomo si avviano ormai molto spesso senza attendere l'esito dei test su animali, eseguiti solo per obbligo di legge. Sono molteplici le ragioni per cui le industrie usano ancora i test su animali nelle ricerche tossicologiche. In primo luogo lo fanno perché, nonostante le evidenze contrarie, questi test sono ancora richiesti dalle leggi per l'autorizzazione delle nuove sostanze.
E poi i test su animali permettono, con una scelta accurata della specie da usare, di fornire la risposta più adatta alle esigenze di mercato (risposta che, alla verifica sull'uomo, comporterà i rischi cui abbiamo accennato). In terzo luogo i test su animali consentono a chi produce una sostanza di non essere responsabile per gli eventuali danni (gli stessi che prima hanno rassicurato tutti citando le prove fatte su animali si giustificheranno dicendo: "L'animale, si sa, non è sempre attendibile").
Negli ultimi anni, questa tecnica è sottoposta a critiche sempre più incalzanti. Non solo, come si è detto, da parte di animalisti indignati per le sofferenze inflitte agli animali, ma soprattutto da esponenti della scienza ufficiale che ne stanno riconoscendo tutti i limiti. Il segnale più significativo di questo cambiamento di rotta viene da un'editoriale dell'autorevole rivista scientifica "Nature" (10/11/05), in cui si legge che la sperimentazione animale è "cattiva scienza" e che la fine prossima della sperimentazione animale in tossicologia "implicherà un cambiamento verso una scienza migliore".
Riferendosi al regolamento REACH (Regulation, Evaluation, Authorization of Chemicals), in discussione al Parlamento Europeo, teso al controllo e alla riduzione delle migliaia e migliaia di sostanze chimiche presenti nell'ambiente e immesse annualmente sul mercato, e in base al quale occorrerà testare 12.500 prodotti, "Nature" scrive che " i test di tossicità sui quali fanno affidamento i legislatori per raccogliere informazioni sono bloccati su metodi da tempo superati, che si basano in grande maggioranza sulla sperimentazione animale, dispendiosamente inutile e spesso ben poco predittiva". E aggiunge, sempre riferendosi a REACH, che oggi si offre "l'opportunità per la tossicologia di diventare infine scienza rispettabile".
A queste dichiarazioni fanno eco importanti esternazioni critiche - tra cui un'intervista al direttore dell'ECVAM , Thomas Hartung nel riquadro di pagina 185 - pubblicate su "Scientific American", "New Scientist", "British Medical Journal", sul bollettino ufficiale dei Biologi Italiani e sulla rivista scientifica "Sapere" (che sul numero di agosto 2006 dedica al tema un intero dossier). Horst Spielman, tossicologo del Federal Institute for Risk Assessment di Berlin, sostiene che "i test di tossicologia embrionale fatti su animali non sono affidabili per la previsione nell'uomo: quando scopriamo che il cortisone è tossico per gli embrioni di tutte le specie testate, eccetto quella umana, cosa dobbiamo fare?"
Quale potrebbe allora essere il metodo per monitorare le decine di migliaia di prodotti di sintesi, come richiede il progetto REACH, per ridurre finalmente i danni da sostanze chimiche nocive che - come ha testimoniato il WWF eseguendo esami del sangue a decine di personaggi della politica e della cultura - infarciscono i nostri organismi e sono la principale causa dell'insorgere di tremende malattie? I progressi della genetica e della tossicologia molecolare hanno portato alla recente diffusione di numerosi nuovi metodi d'indagine tossicologica.
Il più promettente è oggi la tossicogenomica, che consente di osservare il modo in cui una sostanza altera la funzione dei geni nella cellula umana, la risposta biologica e le reazioni che ne conseguono, oltre alle modifiche a lungo termine.
La tossicogenomica avrebbe il grande vantaggio, come sostengono i biologi capitanati da Claude Reiss, tossicologo molecolare e direttore di ricerca emerito del CNRS di Parigi, non solo di garantire risultati altamente predittivi per l'uomo, ma anche di essere notevolmente meno costosa, straordinariamente più rapida, e di non richiedere l'uso di animali.
A differenza della sperimentazione animale, la tossicogenomica, promossa dal FDA e dal EPA - principali organismi di controllo negli US - è inoltre in grado di valutare gli effetti di più sostanze combinate. E' in grado, in altre parole, di rendere il regolamento REACH realmente efficace. E' per questo che nel testo di REACH attualmente in discussione al Parlamento Europeo, è stato introdotto un emendamento, preparato dai Comitati Scientifici "EQUIVITA" (italiano), "Antidote Europe" (francese) e EMP, Europeans for Medical Progress (inglese), sostenuto dal WWF Italia e da Greenpeace Francia, in cui si prevede che "l'informazione sulle proprietà intrinseche delle sostanze, specialmente per quanto riguarda la tossicità nell'uomo, saranno acquisite con mezzi diversi dai test su animali vertebrati, in particolare usando modelli di relazioni qualitative e quantitative...oppure con la tossicogenomica".