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PERCHE' MEDICI ANTIVIVISEZIONISTI
Pietro Croce
Che cosa preoccupa i vivisezionisti? Alcuni avvenimenti che annunciano, per loro, un futuro in discesa e, per noi, l'ascesa verso una nuova cultura che rivoluzionerà la medicina, sia sul piano scientifico, sia sul piano pragmatico. Non stiamo alludendo ad azioni violente, come quelle dell'A.L.F. (Animal Liberation Front) che ha scelto di liberare le vittime e di devastare i laboratori di ricerca. Non solo queste azioni sono deprecabili, ma non servono, perché la violenza non è il miglior avvocato della verità.
Ci sono avvenimenti che dovrebbero preoccupare i fautori della sperimentazione animale molto più delle azioni dell'A.L.F.
In primo luogo, il sostegno che ci viene dato dalla gente comune. Gli "scienziati" si illudono ancora di appartenere ad una casta di intoccabili, ma per noi antivivisezionisti l'opinione pubblica conta molto più di qualsiasi "élite intellettuale": riconosciamo nella gente comune le stesse intuizioni degli artisti, lo stesso fiuto nell'anticipare gli eventi. Ebbene, le indagini demoscopiche danno i seguenti risultati: per la medicina solo il 21,2% e per la cosmetologia solo il 4,7% degli Italiani considera necessaria senza riserve la sperimentazione negli animali. E si consideri che non possediamo nemmeno la millesima parte del potere economico e politico e dei mezzi propagandistici dei nostri avversari.
Il secondo motivo di preoccupazione è la crescente adesione alle nostre associazioni da parte di medici, veterinari, biologi ricercatori, tecnici: di professionisti, cioè, che rappresentano l'"Antivivisezionismo scientifico".
Ancora più allarmante per i nostri avversari è la fondazione di "Leghe di medici antivivisezionisti". Ne stanno sorgendo in tutto il mondo: la tedesca " Arzte gegen Tierversuche", la anglo- sassone "DBAE" (Doctors in Britain against Animal Experiments), due associazioni negli USA, una nel Giappone. Poi ci sono associazioni di studenti, in maggioranza studenti di medicina, di veterinaria, di biologia. Una di queste è la "SATIS" (Studentische AG gegen Tierverbrauch im Studium).
Un consiglio ai vivisezionisti: non sottovalutate gli studenti; fra qualche anno vi faranno ingoiare bocconi molto amari. Ma il boccone più amaro è quello di guardarsi indietro e constatare che il proprio operato danneggia la ricerca medica e la medicina pratica.
Dover riconoscere che si sta perseverando in un errore metodologico, a causa del quale il mercato è inondato di farmaci tossici o teratogeni; che costringe le Autorità a ritirare dal commercio, ogni anno, un numero incredibile di farmaci, i quali, dopo esser risultati innocui per gli animali, si sono rivelati tossici e perfino mortali per l'uomo: dal 1984 al 1987, in Italia, sono stati denunciati 14.836 effetti tossici da farmaci con 112 morti; il 6% delle malattie con esito mortale e il 25% di tutte le malattie note sono dovute ai medicamenti (Prof. Hoff Congresso di Medicina Interna di Wiesbaden, 1976); il 10% dei ricoveri ospedalieri è dovuto ad intossicazioni da farmaci e il 30% dei ricoverati deve prolungare la degenza in seguito a "cure sbagliate"; nel Regno Unito, nel 1977, sono stati segnalati 120.366 casi di effetti tossici da farmaci (R. Sharpe, 1988).
Teratogenesi: in Germania, nel 1931 nascevano 3 bambini malformati ogni 100.000 nascite; oggi sono 500; negli USA nascono 200.000 bambini malformati all'anno. E tutto ciò in coincidenza con la scoperta di un numero sempre maggiore di farmaci teratogeni, "creatori di mostri".
Sembrerebbe logico pensare che ogni farmaco ritirato dal mercato (in Italia, dal 1972 al 1983, 22.621 confezioni di specialità medicinali ritirate per ordine del Ministero della Sanità) costituisca, di fronte all'opinione pubblica, uno smacco per la ditta produttrice. Non è così. Per l'industria, contano due sole cose: il profitto e il ricambio ("turn over") della produzione. Il ritiro dal mercato è perfettamente in linea con ambedue le suddette esigenze: con il profitto, perché quando il farmaco viene ritirato (in seguito a ripetute segnalazioni negative) la vendita ha già realizzato il profitto preventivato; a questo punto la ditta è pronta a sostituire il farmaco squalificato con un altro che potrebbe essere anche peggiore, ma esercita sul pubblico e sui medici il fascino propagandistico della novità, e così è soddisfatta anche la seconda esigenza, quella di mantenere efficiente la ruota produttiva e garantire la sicurezza dei posti di lavoro.
I progressi della scienza medica vengono capziosamente attribuiti alla sperimentazione negli animali, dimenticando i fattori sociali e igienici intervenuti nel frattempo. La diminuzione delle malattie infettive (ma non quelle virali!) viene attribuita agli antibiotici e alle vaccinazioni, ma si neglige la cultura dell'igiene personale e collettiva, il sole che entra nelle abitazioni moderne a sconfiggere la tubercolosi, il frigorifero, il rubinetto dell'acqua corrente e il riscaldamento in ogni casa. Si tengono nell'ombra le statistiche sulle malattie degenerative: in Svizzera, dal 1931 al 1978, in una popolazione aumentata del 50%, i casi di cancro sono aumentati del 132%, quelli di diabete del 171%, le leucemie del 257%, le malattie cardiocircolatorie del 260%, le malattie epatiche del 108%. Negli USA in soli 10 anni (1971-1981) i casi di cancro sono passati da 330.000 a 420.000 all'anno (aumento del 27%, di.fronte ad un aumento demografico annuo dell'1%); in Italia la mortalità per cancro, dal 1940 al 1969, è aumentata del 130% (di fronte ad un incremento demografico del 27%).
Questi fatti dovrebbero bastare per suggerire una frase elementare che, però, è l'origine di tutte le revisioni critiche: "qui c'è qualcosa che non quadra". Gli stessi nostri interlocutori ci indicano dove cercare quel "qualcosa che non quadra" quando affermano che la sperimentazione negli animali è la base della medicina umana, che è un metodo irrinunciabile, che principalmente ad essa è dovuto il progresso medico e l'allungamento della vita media (rispetto a quale secolo?), che le maggiori calamità (cancro, AIDS) saranno ben presto sconfitte sperimentando sugli animali.
Se al panorama che ci viene prospettato con tanto ottimismo e fantasia noi contrapponiamo i dati reali dianzi riferiti, allora quel "qualcosa che non quadra" non può che identificarsi nell'errore metodologico: sperimentazione "inter species": sperimentare in una specie animale per trasferire i risultati ad un'altra specie: uno degli errori più grossolani, ma anche più tragici, tra tutti quelli che hanno screditato il pensiero umano dai tempi di Galileo.
Il vivisezionismo è figlio carnale dello scientismo, la nuova religione che ha sostituito al dubbio sistematico e al principio di confutabilità ("Non è scientifico quello che appare vero, ma solo ciò che appare confutabile" - Karl Popper) la dogmaticità, l'intolleranza, l'arroganza, con notati tipici delle sette religiose. "Una pillola per ogni malattia" ci promette, sconsideratamente, lo scientismo medico.
Una conseguenza prevedibile è la medicalizzazione della società, con effetti facilmente quantificabili sul piano economico: il ricorso ai medicinali ed ai medici ha raggiunto aspetti neurotici, minacciando di collasso l'intero sistema economico.
Una seconda conseguenza è l'industrializzazione della medicina. ll desiderio di salute è diventato richiesta di salute, ma "richiesta" nel significato consumistico, di suscitare richieste molto al di là delle necessità collettive e individuali, onde incrementare indefinitamente i due pilastri economici dell'industria: domanda e produzione.
Questo meccanismo di autopromozione non è accettabile in medicina, dove incrementare la domanda significa promuovere le malattie o crearne di nuove per poterle curare, e poi curare le malattie provocate dalle cure usate per curare le malattie originarie, ecc. ecc.
La "fede incrollabile" nella sperimentazione animale sta subendo da qualche tempo, negli stessi vivisezionisti, una lenta, ma costante flessione. Si è passati da quella fede che indusse gli scopritori della penicillina (A. Fleming, H. Florey e E.B. Chain) a dichiararla "non tossica" per il solo fatto di averla provata senza danni nei topi (ma se l'avessero provata nelle cavie sarebbe risultata "mortalmente tossica"!) alla ammissione alquanto conciliante: "dalla sperimentazione negli animali noi non pretendiamo risultati certi, ma solo delle indicazioni". Però una indicazione può essere utile se punta nella direzione giusta, mentre è pericolosamente fuorviante se punta in una delle innumerevoli possibili direzioni sbagliate. Altrettanto pericolosa può essere una "indicazione" incompleta. Ad esempio, mangiando senza danni la cicuta, le allodole ci danno l'informazione "giusta" che la cicuta è commestibile, ma non completano l'informazione dicendoci che è commestibile solo per loro.
I politici, molti dei quali sono il braccio secolare dei vivisezionisti, minacciano di regolamentare la sperimentazione animale con leggi che, per quanto restrittive, avranno solo l'effetto di proteggere i vivisettori, ribadendo il loro diritto ad usare una pratica che minaccia non solo gli animali ma, ciò che più importa, la salute umana.
Una frode ideologica comune è quella di attribuire al metodo vivisettorio scoperte avvenute per altre vie. Un esempio tra tanti: la scoperta dell'insulina. Furono gli anatomo- patologi a scoprire, nel cadavere, la correlazione tra diabete e atrofia delle "isole di Langerhans" del pancreas. Queste osservazioni erano già note da tempo, quando gli sperimentatori decisero di estirpare a dei cani il pancreas ed ottennero...il diabete dei cani. Ma ciò consentì loro di attribuire la scoperta dell'insulina alla sperimentazione nei cani! Inoltre, non è a dir poco stravagante cercare nel cane, che è un falso modello sperimentale dell'uomo, la conferma di ciò che è stato osservato nell'uomo stesso, il vero modello sperimentale della specie umana?
Lo schema concettuale che è alla base della sperimentazione negli animali fornisce sempre e soltanto risultati falsi?
Sarebbe un errore manicheo il pensarlo. Esiste in natura un fenomeno alquanto comune, la coincidenza, e sarebbe un pessimo giocatore d'azzardo chi non ammettesse che, dai milioni e milioni di esperimenti che si fanno ogni anno su numerose specie animali, non possa sortire qualche risultato coincidente con la realtà della specie umana.
Abbiamo un esempio storico clamoroso di come uno schema concettuale radicalmente errato possa fornire, per un insieme di coincidenze, qualche risultato esatto: il sistema tolemaico. Per circa duemila anni, grazie al sistema tolemaico le eclissi solari e lunari venivano predette con una stupefacente accuratezza, e ogni giorno le mappe tolemaiche indicavano ai naviganti la rotta di casa.
In realtà, in duemila anni, i maggiori matematici, astronomi, filosofi, avevano fatto del sistema tolemaico una sfera perfetta di pensiero umano, all'interno della quale ogni singola tessera del mosaico si adattava perfettamente al disegno generale. Tuttavia, l'intero sistema era errato, e l'intero sistema fu gettato nella pattumiera, senza risparmiare quei dettagli che erano risultati giusti o utili. Allo stesso modo, l'intero metodo vivisezionista dovrà essere rifiutato, senza risparmiare quei dettagli che, per coincidenza, possono essere risultati giusti o utili.
La sperimentazione animale minaccia l'uomo in due modi:
1. in modo indiretto conducendo fuori strada la ricerca medica di base;
2. in modo diretto, inducendo a sperimentare nell'uomo con la stessa mentalità che guida la sperimentazione negli animali.
Ma c'è un terzo danno, meno percepibile ma universalizzato: la mentalità vivisezionista, che è scientista e sperimentalista, ha contaminato la cultura e i comportamenti del medico. I medici non sanno più osservare, visitare, parlare con il malato, ascoltare il malato. Sanno soltanto dirottare il malato che, non dimentichiamo, è una persona, verso i laboratori di varie tecnologie, i quali provvederanno ad esaminarlo per settori in un modo parcellizzato assimilabile a quello che guida, nella loro attività, i vivisettori.
Sarebbe un errore ridurre tutto al semplice dilemma "sperimentare o non sperimentare negli animali". Si tratta di qualcosa di enormemente maggiore; dello scontro, che storicamente si stava preparando da decenni, tra una cultura vecchia, ammuffita e spesso incanaglita, con una cultura nuova che sta diffondendosi soprattutto tra i giovani con la rapidità e la spontaneità caratteristiche di tutte le svolte culturali che segnano un nuovo gradino nel progredire della civiltà.
Si parla tanto di "sperimentazione": sperimentazione nell'animale, sperimentazione nei volontari sani, sperimentazione nei malati. Ma qui sorge una domanda: pensate veramente che la medicina sia, essenzialmente, una scienza sperimentale? E se non è così, che cos'è, allora, la medicina?
La medicina è, essenzialmente, scienza dell'osservazione, dove la sperimentazione occupa solo una parte minore dell'investigazione medica. Ma quella "parte minore" è stata contaminata da un errore grossolano: quello di aver adottato gli animali come modelli sperimentali dell'uomo.
PERCHE' MEDICI ANTIVIVISEZIONISTI
Pietro Croce
Che cosa preoccupa i vivisezionisti? Alcuni avvenimenti che annunciano, per loro, un futuro in discesa e, per noi, l'ascesa verso una nuova cultura che rivoluzionerà la medicina, sia sul piano scientifico, sia sul piano pragmatico. Non stiamo alludendo ad azioni violente, come quelle dell'A.L.F. (Animal Liberation Front) che ha scelto di liberare le vittime e di devastare i laboratori di ricerca. Non solo queste azioni sono deprecabili, ma non servono, perché la violenza non è il miglior avvocato della verità.
Ci sono avvenimenti che dovrebbero preoccupare i fautori della sperimentazione animale molto più delle azioni dell'A.L.F.
In primo luogo, il sostegno che ci viene dato dalla gente comune. Gli "scienziati" si illudono ancora di appartenere ad una casta di intoccabili, ma per noi antivivisezionisti l'opinione pubblica conta molto più di qualsiasi "élite intellettuale": riconosciamo nella gente comune le stesse intuizioni degli artisti, lo stesso fiuto nell'anticipare gli eventi. Ebbene, le indagini demoscopiche danno i seguenti risultati: per la medicina solo il 21,2% e per la cosmetologia solo il 4,7% degli Italiani considera necessaria senza riserve la sperimentazione negli animali. E si consideri che non possediamo nemmeno la millesima parte del potere economico e politico e dei mezzi propagandistici dei nostri avversari.
Il secondo motivo di preoccupazione è la crescente adesione alle nostre associazioni da parte di medici, veterinari, biologi ricercatori, tecnici: di professionisti, cioè, che rappresentano l'"Antivivisezionismo scientifico".
Ancora più allarmante per i nostri avversari è la fondazione di "Leghe di medici antivivisezionisti". Ne stanno sorgendo in tutto il mondo: la tedesca " Arzte gegen Tierversuche", la anglo- sassone "DBAE" (Doctors in Britain against Animal Experiments), due associazioni negli USA, una nel Giappone. Poi ci sono associazioni di studenti, in maggioranza studenti di medicina, di veterinaria, di biologia. Una di queste è la "SATIS" (Studentische AG gegen Tierverbrauch im Studium).
Un consiglio ai vivisezionisti: non sottovalutate gli studenti; fra qualche anno vi faranno ingoiare bocconi molto amari. Ma il boccone più amaro è quello di guardarsi indietro e constatare che il proprio operato danneggia la ricerca medica e la medicina pratica.
Dover riconoscere che si sta perseverando in un errore metodologico, a causa del quale il mercato è inondato di farmaci tossici o teratogeni; che costringe le Autorità a ritirare dal commercio, ogni anno, un numero incredibile di farmaci, i quali, dopo esser risultati innocui per gli animali, si sono rivelati tossici e perfino mortali per l'uomo: dal 1984 al 1987, in Italia, sono stati denunciati 14.836 effetti tossici da farmaci con 112 morti; il 6% delle malattie con esito mortale e il 25% di tutte le malattie note sono dovute ai medicamenti (Prof. Hoff Congresso di Medicina Interna di Wiesbaden, 1976); il 10% dei ricoveri ospedalieri è dovuto ad intossicazioni da farmaci e il 30% dei ricoverati deve prolungare la degenza in seguito a "cure sbagliate"; nel Regno Unito, nel 1977, sono stati segnalati 120.366 casi di effetti tossici da farmaci (R. Sharpe, 1988).
Teratogenesi: in Germania, nel 1931 nascevano 3 bambini malformati ogni 100.000 nascite; oggi sono 500; negli USA nascono 200.000 bambini malformati all'anno. E tutto ciò in coincidenza con la scoperta di un numero sempre maggiore di farmaci teratogeni, "creatori di mostri".
Sembrerebbe logico pensare che ogni farmaco ritirato dal mercato (in Italia, dal 1972 al 1983, 22.621 confezioni di specialità medicinali ritirate per ordine del Ministero della Sanità) costituisca, di fronte all'opinione pubblica, uno smacco per la ditta produttrice. Non è così. Per l'industria, contano due sole cose: il profitto e il ricambio ("turn over") della produzione. Il ritiro dal mercato è perfettamente in linea con ambedue le suddette esigenze: con il profitto, perché quando il farmaco viene ritirato (in seguito a ripetute segnalazioni negative) la vendita ha già realizzato il profitto preventivato; a questo punto la ditta è pronta a sostituire il farmaco squalificato con un altro che potrebbe essere anche peggiore, ma esercita sul pubblico e sui medici il fascino propagandistico della novità, e così è soddisfatta anche la seconda esigenza, quella di mantenere efficiente la ruota produttiva e garantire la sicurezza dei posti di lavoro.
I progressi della scienza medica vengono capziosamente attribuiti alla sperimentazione negli animali, dimenticando i fattori sociali e igienici intervenuti nel frattempo. La diminuzione delle malattie infettive (ma non quelle virali!) viene attribuita agli antibiotici e alle vaccinazioni, ma si neglige la cultura dell'igiene personale e collettiva, il sole che entra nelle abitazioni moderne a sconfiggere la tubercolosi, il frigorifero, il rubinetto dell'acqua corrente e il riscaldamento in ogni casa. Si tengono nell'ombra le statistiche sulle malattie degenerative: in Svizzera, dal 1931 al 1978, in una popolazione aumentata del 50%, i casi di cancro sono aumentati del 132%, quelli di diabete del 171%, le leucemie del 257%, le malattie cardiocircolatorie del 260%, le malattie epatiche del 108%. Negli USA in soli 10 anni (1971-1981) i casi di cancro sono passati da 330.000 a 420.000 all'anno (aumento del 27%, di.fronte ad un aumento demografico annuo dell'1%); in Italia la mortalità per cancro, dal 1940 al 1969, è aumentata del 130% (di fronte ad un incremento demografico del 27%).
Questi fatti dovrebbero bastare per suggerire una frase elementare che, però, è l'origine di tutte le revisioni critiche: "qui c'è qualcosa che non quadra". Gli stessi nostri interlocutori ci indicano dove cercare quel "qualcosa che non quadra" quando affermano che la sperimentazione negli animali è la base della medicina umana, che è un metodo irrinunciabile, che principalmente ad essa è dovuto il progresso medico e l'allungamento della vita media (rispetto a quale secolo?), che le maggiori calamità (cancro, AIDS) saranno ben presto sconfitte sperimentando sugli animali.
Se al panorama che ci viene prospettato con tanto ottimismo e fantasia noi contrapponiamo i dati reali dianzi riferiti, allora quel "qualcosa che non quadra" non può che identificarsi nell'errore metodologico: sperimentazione "inter species": sperimentare in una specie animale per trasferire i risultati ad un'altra specie: uno degli errori più grossolani, ma anche più tragici, tra tutti quelli che hanno screditato il pensiero umano dai tempi di Galileo.
Il vivisezionismo è figlio carnale dello scientismo, la nuova religione che ha sostituito al dubbio sistematico e al principio di confutabilità ("Non è scientifico quello che appare vero, ma solo ciò che appare confutabile" - Karl Popper) la dogmaticità, l'intolleranza, l'arroganza, con notati tipici delle sette religiose. "Una pillola per ogni malattia" ci promette, sconsideratamente, lo scientismo medico.
Una conseguenza prevedibile è la medicalizzazione della società, con effetti facilmente quantificabili sul piano economico: il ricorso ai medicinali ed ai medici ha raggiunto aspetti neurotici, minacciando di collasso l'intero sistema economico.
Una seconda conseguenza è l'industrializzazione della medicina. ll desiderio di salute è diventato richiesta di salute, ma "richiesta" nel significato consumistico, di suscitare richieste molto al di là delle necessità collettive e individuali, onde incrementare indefinitamente i due pilastri economici dell'industria: domanda e produzione.
Questo meccanismo di autopromozione non è accettabile in medicina, dove incrementare la domanda significa promuovere le malattie o crearne di nuove per poterle curare, e poi curare le malattie provocate dalle cure usate per curare le malattie originarie, ecc. ecc.
La "fede incrollabile" nella sperimentazione animale sta subendo da qualche tempo, negli stessi vivisezionisti, una lenta, ma costante flessione. Si è passati da quella fede che indusse gli scopritori della penicillina (A. Fleming, H. Florey e E.B. Chain) a dichiararla "non tossica" per il solo fatto di averla provata senza danni nei topi (ma se l'avessero provata nelle cavie sarebbe risultata "mortalmente tossica"!) alla ammissione alquanto conciliante: "dalla sperimentazione negli animali noi non pretendiamo risultati certi, ma solo delle indicazioni". Però una indicazione può essere utile se punta nella direzione giusta, mentre è pericolosamente fuorviante se punta in una delle innumerevoli possibili direzioni sbagliate. Altrettanto pericolosa può essere una "indicazione" incompleta. Ad esempio, mangiando senza danni la cicuta, le allodole ci danno l'informazione "giusta" che la cicuta è commestibile, ma non completano l'informazione dicendoci che è commestibile solo per loro.
I politici, molti dei quali sono il braccio secolare dei vivisezionisti, minacciano di regolamentare la sperimentazione animale con leggi che, per quanto restrittive, avranno solo l'effetto di proteggere i vivisettori, ribadendo il loro diritto ad usare una pratica che minaccia non solo gli animali ma, ciò che più importa, la salute umana.
Una frode ideologica comune è quella di attribuire al metodo vivisettorio scoperte avvenute per altre vie. Un esempio tra tanti: la scoperta dell'insulina. Furono gli anatomo- patologi a scoprire, nel cadavere, la correlazione tra diabete e atrofia delle "isole di Langerhans" del pancreas. Queste osservazioni erano già note da tempo, quando gli sperimentatori decisero di estirpare a dei cani il pancreas ed ottennero...il diabete dei cani. Ma ciò consentì loro di attribuire la scoperta dell'insulina alla sperimentazione nei cani! Inoltre, non è a dir poco stravagante cercare nel cane, che è un falso modello sperimentale dell'uomo, la conferma di ciò che è stato osservato nell'uomo stesso, il vero modello sperimentale della specie umana?
Lo schema concettuale che è alla base della sperimentazione negli animali fornisce sempre e soltanto risultati falsi?
Sarebbe un errore manicheo il pensarlo. Esiste in natura un fenomeno alquanto comune, la coincidenza, e sarebbe un pessimo giocatore d'azzardo chi non ammettesse che, dai milioni e milioni di esperimenti che si fanno ogni anno su numerose specie animali, non possa sortire qualche risultato coincidente con la realtà della specie umana.
Abbiamo un esempio storico clamoroso di come uno schema concettuale radicalmente errato possa fornire, per un insieme di coincidenze, qualche risultato esatto: il sistema tolemaico. Per circa duemila anni, grazie al sistema tolemaico le eclissi solari e lunari venivano predette con una stupefacente accuratezza, e ogni giorno le mappe tolemaiche indicavano ai naviganti la rotta di casa.
In realtà, in duemila anni, i maggiori matematici, astronomi, filosofi, avevano fatto del sistema tolemaico una sfera perfetta di pensiero umano, all'interno della quale ogni singola tessera del mosaico si adattava perfettamente al disegno generale. Tuttavia, l'intero sistema era errato, e l'intero sistema fu gettato nella pattumiera, senza risparmiare quei dettagli che erano risultati giusti o utili. Allo stesso modo, l'intero metodo vivisezionista dovrà essere rifiutato, senza risparmiare quei dettagli che, per coincidenza, possono essere risultati giusti o utili.
La sperimentazione animale minaccia l'uomo in due modi:
1. in modo indiretto conducendo fuori strada la ricerca medica di base;
2. in modo diretto, inducendo a sperimentare nell'uomo con la stessa mentalità che guida la sperimentazione negli animali.
Ma c'è un terzo danno, meno percepibile ma universalizzato: la mentalità vivisezionista, che è scientista e sperimentalista, ha contaminato la cultura e i comportamenti del medico. I medici non sanno più osservare, visitare, parlare con il malato, ascoltare il malato. Sanno soltanto dirottare il malato che, non dimentichiamo, è una persona, verso i laboratori di varie tecnologie, i quali provvederanno ad esaminarlo per settori in un modo parcellizzato assimilabile a quello che guida, nella loro attività, i vivisettori.
Sarebbe un errore ridurre tutto al semplice dilemma "sperimentare o non sperimentare negli animali". Si tratta di qualcosa di enormemente maggiore; dello scontro, che storicamente si stava preparando da decenni, tra una cultura vecchia, ammuffita e spesso incanaglita, con una cultura nuova che sta diffondendosi soprattutto tra i giovani con la rapidità e la spontaneità caratteristiche di tutte le svolte culturali che segnano un nuovo gradino nel progredire della civiltà.
Si parla tanto di "sperimentazione": sperimentazione nell'animale, sperimentazione nei volontari sani, sperimentazione nei malati. Ma qui sorge una domanda: pensate veramente che la medicina sia, essenzialmente, una scienza sperimentale? E se non è così, che cos'è, allora, la medicina?
La medicina è, essenzialmente, scienza dell'osservazione, dove la sperimentazione occupa solo una parte minore dell'investigazione medica. Ma quella "parte minore" è stata contaminata da un errore grossolano: quello di aver adottato gli animali come modelli sperimentali dell'uomo.
PERCHE' MEDICI ANTIVIVISEZIONISTI
Pietro Croce
Che cosa preoccupa i vivisezionisti? Alcuni avvenimenti che annunciano, per loro, un futuro in discesa e, per noi, l'ascesa verso una nuova cultura che rivoluzionerà la medicina, sia sul piano scientifico, sia sul piano pragmatico. Non stiamo alludendo ad azioni violente, come quelle dell'A.L.F. (Animal Liberation Front) che ha scelto di liberare le vittime e di devastare i laboratori di ricerca. Non solo queste azioni sono deprecabili, ma non servono, perché la violenza non è il miglior avvocato della verità.
Ci sono avvenimenti che dovrebbero preoccupare i fautori della sperimentazione animale molto più delle azioni dell'A.L.F.
In primo luogo, il sostegno che ci viene dato dalla gente comune. Gli "scienziati" si illudono ancora di appartenere ad una casta di intoccabili, ma per noi antivivisezionisti l'opinione pubblica conta molto più di qualsiasi "élite intellettuale": riconosciamo nella gente comune le stesse intuizioni degli artisti, lo stesso fiuto nell'anticipare gli eventi. Ebbene, le indagini demoscopiche danno i seguenti risultati: per la medicina solo il 21,2% e per la cosmetologia solo il 4,7% degli Italiani considera necessaria senza riserve la sperimentazione negli animali. E si consideri che non possediamo nemmeno la millesima parte del potere economico e politico e dei mezzi propagandistici dei nostri avversari.
Il secondo motivo di preoccupazione è la crescente adesione alle nostre associazioni da parte di medici, veterinari, biologi ricercatori, tecnici: di professionisti, cioè, che rappresentano l'"Antivivisezionismo scientifico".
Ancora più allarmante per i nostri avversari è la fondazione di "Leghe di medici antivivisezionisti". Ne stanno sorgendo in tutto il mondo: la tedesca " Arzte gegen Tierversuche", la anglo- sassone "DBAE" (Doctors in Britain against Animal Experiments), due associazioni negli USA, una nel Giappone. Poi ci sono associazioni di studenti, in maggioranza studenti di medicina, di veterinaria, di biologia. Una di queste è la "SATIS" (Studentische AG gegen Tierverbrauch im Studium).
Un consiglio ai vivisezionisti: non sottovalutate gli studenti; fra qualche anno vi faranno ingoiare bocconi molto amari. Ma il boccone più amaro è quello di guardarsi indietro e constatare che il proprio operato danneggia la ricerca medica e la medicina pratica.
Dover riconoscere che si sta perseverando in un errore metodologico, a causa del quale il mercato è inondato di farmaci tossici o teratogeni; che costringe le Autorità a ritirare dal commercio, ogni anno, un numero incredibile di farmaci, i quali, dopo esser risultati innocui per gli animali, si sono rivelati tossici e perfino mortali per l'uomo: dal 1984 al 1987, in Italia, sono stati denunciati 14.836 effetti tossici da farmaci con 112 morti; il 6% delle malattie con esito mortale e il 25% di tutte le malattie note sono dovute ai medicamenti (Prof. Hoff Congresso di Medicina Interna di Wiesbaden, 1976); il 10% dei ricoveri ospedalieri è dovuto ad intossicazioni da farmaci e il 30% dei ricoverati deve prolungare la degenza in seguito a "cure sbagliate"; nel Regno Unito, nel 1977, sono stati segnalati 120.366 casi di effetti tossici da farmaci (R. Sharpe, 1988).
Teratogenesi: in Germania, nel 1931 nascevano 3 bambini malformati ogni 100.000 nascite; oggi sono 500; negli USA nascono 200.000 bambini malformati all'anno. E tutto ciò in coincidenza con la scoperta di un numero sempre maggiore di farmaci teratogeni, "creatori di mostri".
Sembrerebbe logico pensare che ogni farmaco ritirato dal mercato (in Italia, dal 1972 al 1983, 22.621 confezioni di specialità medicinali ritirate per ordine del Ministero della Sanità) costituisca, di fronte all'opinione pubblica, uno smacco per la ditta produttrice. Non è così. Per l'industria, contano due sole cose: il profitto e il ricambio ("turn over") della produzione. Il ritiro dal mercato è perfettamente in linea con ambedue le suddette esigenze: con il profitto, perché quando il farmaco viene ritirato (in seguito a ripetute segnalazioni negative) la vendita ha già realizzato il profitto preventivato; a questo punto la ditta è pronta a sostituire il farmaco squalificato con un altro che potrebbe essere anche peggiore, ma esercita sul pubblico e sui medici il fascino propagandistico della novità, e così è soddisfatta anche la seconda esigenza, quella di mantenere efficiente la ruota produttiva e garantire la sicurezza dei posti di lavoro.
I progressi della scienza medica vengono capziosamente attribuiti alla sperimentazione negli animali, dimenticando i fattori sociali e igienici intervenuti nel frattempo. La diminuzione delle malattie infettive (ma non quelle virali!) viene attribuita agli antibiotici e alle vaccinazioni, ma si neglige la cultura dell'igiene personale e collettiva, il sole che entra nelle abitazioni moderne a sconfiggere la tubercolosi, il frigorifero, il rubinetto dell'acqua corrente e il riscaldamento in ogni casa. Si tengono nell'ombra le statistiche sulle malattie degenerative: in Svizzera, dal 1931 al 1978, in una popolazione aumentata del 50%, i casi di cancro sono aumentati del 132%, quelli di diabete del 171%, le leucemie del 257%, le malattie cardiocircolatorie del 260%, le malattie epatiche del 108%. Negli USA in soli 10 anni (1971-1981) i casi di cancro sono passati da 330.000 a 420.000 all'anno (aumento del 27%, di.fronte ad un aumento demografico annuo dell'1%); in Italia la mortalità per cancro, dal 1940 al 1969, è aumentata del 130% (di fronte ad un incremento demografico del 27%).
Questi fatti dovrebbero bastare per suggerire una frase elementare che, però, è l'origine di tutte le revisioni critiche: "qui c'è qualcosa che non quadra". Gli stessi nostri interlocutori ci indicano dove cercare quel "qualcosa che non quadra" quando affermano che la sperimentazione negli animali è la base della medicina umana, che è un metodo irrinunciabile, che principalmente ad essa è dovuto il progresso medico e l'allungamento della vita media (rispetto a quale secolo?), che le maggiori calamità (cancro, AIDS) saranno ben presto sconfitte sperimentando sugli animali.
Se al panorama che ci viene prospettato con tanto ottimismo e fantasia noi contrapponiamo i dati reali dianzi riferiti, allora quel "qualcosa che non quadra" non può che identificarsi nell'errore metodologico: sperimentazione "inter species": sperimentare in una specie animale per trasferire i risultati ad un'altra specie: uno degli errori più grossolani, ma anche più tragici, tra tutti quelli che hanno screditato il pensiero umano dai tempi di Galileo.
Il vivisezionismo è figlio carnale dello scientismo, la nuova religione che ha sostituito al dubbio sistematico e al principio di confutabilità ("Non è scientifico quello che appare vero, ma solo ciò che appare confutabile" - Karl Popper) la dogmaticità, l'intolleranza, l'arroganza, con notati tipici delle sette religiose. "Una pillola per ogni malattia" ci promette, sconsideratamente, lo scientismo medico.
Una conseguenza prevedibile è la medicalizzazione della società, con effetti facilmente quantificabili sul piano economico: il ricorso ai medicinali ed ai medici ha raggiunto aspetti neurotici, minacciando di collasso l'intero sistema economico.
Una seconda conseguenza è l'industrializzazione della medicina. ll desiderio di salute è diventato richiesta di salute, ma "richiesta" nel significato consumistico, di suscitare richieste molto al di là delle necessità collettive e individuali, onde incrementare indefinitamente i due pilastri economici dell'industria: domanda e produzione.
Questo meccanismo di autopromozione non è accettabile in medicina, dove incrementare la domanda significa promuovere le malattie o crearne di nuove per poterle curare, e poi curare le malattie provocate dalle cure usate per curare le malattie originarie, ecc. ecc.
La "fede incrollabile" nella sperimentazione animale sta subendo da qualche tempo, negli stessi vivisezionisti, una lenta, ma costante flessione. Si è passati da quella fede che indusse gli scopritori della penicillina (A. Fleming, H. Florey e E.B. Chain) a dichiararla "non tossica" per il solo fatto di averla provata senza danni nei topi (ma se l'avessero provata nelle cavie sarebbe risultata "mortalmente tossica"!) alla ammissione alquanto conciliante: "dalla sperimentazione negli animali noi non pretendiamo risultati certi, ma solo delle indicazioni". Però una indicazione può essere utile se punta nella direzione giusta, mentre è pericolosamente fuorviante se punta in una delle innumerevoli possibili direzioni sbagliate. Altrettanto pericolosa può essere una "indicazione" incompleta. Ad esempio, mangiando senza danni la cicuta, le allodole ci danno l'informazione "giusta" che la cicuta è commestibile, ma non completano l'informazione dicendoci che è commestibile solo per loro.
I politici, molti dei quali sono il braccio secolare dei vivisezionisti, minacciano di regolamentare la sperimentazione animale con leggi che, per quanto restrittive, avranno solo l'effetto di proteggere i vivisettori, ribadendo il loro diritto ad usare una pratica che minaccia non solo gli animali ma, ciò che più importa, la salute umana.
Una frode ideologica comune è quella di attribuire al metodo vivisettorio scoperte avvenute per altre vie. Un esempio tra tanti: la scoperta dell'insulina. Furono gli anatomo- patologi a scoprire, nel cadavere, la correlazione tra diabete e atrofia delle "isole di Langerhans" del pancreas. Queste osservazioni erano già note da tempo, quando gli sperimentatori decisero di estirpare a dei cani il pancreas ed ottennero...il diabete dei cani. Ma ciò consentì loro di attribuire la scoperta dell'insulina alla sperimentazione nei cani! Inoltre, non è a dir poco stravagante cercare nel cane, che è un falso modello sperimentale dell'uomo, la conferma di ciò che è stato osservato nell'uomo stesso, il vero modello sperimentale della specie umana?
Lo schema concettuale che è alla base della sperimentazione negli animali fornisce sempre e soltanto risultati falsi?
Sarebbe un errore manicheo il pensarlo. Esiste in natura un fenomeno alquanto comune, la coincidenza, e sarebbe un pessimo giocatore d'azzardo chi non ammettesse che, dai milioni e milioni di esperimenti che si fanno ogni anno su numerose specie animali, non possa sortire qualche risultato coincidente con la realtà della specie umana.
Abbiamo un esempio storico clamoroso di come uno schema concettuale radicalmente errato possa fornire, per un insieme di coincidenze, qualche risultato esatto: il sistema tolemaico. Per circa duemila anni, grazie al sistema tolemaico le eclissi solari e lunari venivano predette con una stupefacente accuratezza, e ogni giorno le mappe tolemaiche indicavano ai naviganti la rotta di casa.
In realtà, in duemila anni, i maggiori matematici, astronomi, filosofi, avevano fatto del sistema tolemaico una sfera perfetta di pensiero umano, all'interno della quale ogni singola tessera del mosaico si adattava perfettamente al disegno generale. Tuttavia, l'intero sistema era errato, e l'intero sistema fu gettato nella pattumiera, senza risparmiare quei dettagli che erano risultati giusti o utili. Allo stesso modo, l'intero metodo vivisezionista dovrà essere rifiutato, senza risparmiare quei dettagli che, per coincidenza, possono essere risultati giusti o utili.
La sperimentazione animale minaccia l'uomo in due modi:
1. in modo indiretto conducendo fuori strada la ricerca medica di base;
2. in modo diretto, inducendo a sperimentare nell'uomo con la stessa mentalità che guida la sperimentazione negli animali.
Ma c'è un terzo danno, meno percepibile ma universalizzato: la mentalità vivisezionista, che è scientista e sperimentalista, ha contaminato la cultura e i comportamenti del medico. I medici non sanno più osservare, visitare, parlare con il malato, ascoltare il malato. Sanno soltanto dirottare il malato che, non dimentichiamo, è una persona, verso i laboratori di varie tecnologie, i quali provvederanno ad esaminarlo per settori in un modo parcellizzato assimilabile a quello che guida, nella loro attività, i vivisettori.
Sarebbe un errore ridurre tutto al semplice dilemma "sperimentare o non sperimentare negli animali". Si tratta di qualcosa di enormemente maggiore; dello scontro, che storicamente si stava preparando da decenni, tra una cultura vecchia, ammuffita e spesso incanaglita, con una cultura nuova che sta diffondendosi soprattutto tra i giovani con la rapidità e la spontaneità caratteristiche di tutte le svolte culturali che segnano un nuovo gradino nel progredire della civiltà.
Si parla tanto di "sperimentazione": sperimentazione nell'animale, sperimentazione nei volontari sani, sperimentazione nei malati. Ma qui sorge una domanda: pensate veramente che la medicina sia, essenzialmente, una scienza sperimentale? E se non è così, che cos'è, allora, la medicina?
La medicina è, essenzialmente, scienza dell'osservazione, dove la sperimentazione occupa solo una parte minore dell'investigazione medica. Ma quella "parte minore" è stata contaminata da un errore grossolano: quello di aver adottato gli animali come modelli sperimentali dell'uomo.