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"Troppe volte la scienza, a partire soprattutto dall'Ottocento, si è presentata come una sorta di divinità incontestabile e ha pensato di essere poprietaria dei segreti della vita e della morte e nel suo nome sono stati compiuti molti crimini. Nel nome della scienza sono stati inventati i manicomi, quei luoghi di tortura e di sequestro delle vite doloranti dei matti.
Nel nome della scienza, per esempio, la vivisezione viene considerata come una necessità; come qualcosa che viene contestato soltanto dalle anime belle. Io penso che oggi anche nel mondo scientifico sia aperta, grazie a dio, una contestazione nel nome di questa forma di onnipotenza che si esprime nel nome della vivisezione. L'idea di poter uccidere, vivisezionare un cagnolino, un animale nel nome dei progressi della scienza. Tutto questo oggi apre più dubbi di quante certezze non abbia dato in passato, se certezze c'erano. E credo che bisogna ricongiungere le esigenze della scienza a quel senso del limite, che è un fatto scientifico; a quel tentativo di fermare la deriva verso l'onnipotenza che spinge gli uomini a cercare di detronizzare gli dei dall'Olimpo per sostituirsi ad essi. Tutto questo non può più continuare. Penso che contestare la vivisezione con ragioni scientifiche ma anche con ragioni etiche sia una necessità per restituire alla scienza e agli uomini il profilo del governo umano di una società che vuole restare umana. E l'umanità comincia non soltano nell'esercizio dei sentimenti umani nei confronti della specie umana, ma consiste anche nella capacità di custodire il vivente; e custodire per esempio la vita di quegli animali che abbiamo considerato alla stregua di oggetti, da usare o manipolare e spezzare a piacimento. Viva i cagnolini, viva gli animali e abbasso la vivisezione!"