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ATTENTI AL CAVALLO DI TROIA
Giustissimo ricordare i danni degli Ogm all'ecosistema e la biodiversità (lettera a Repubblica 19/07), ma parliamo anche degli ancor più gravi danni sociali recati dagli Ogm e legati ad una loro caratteristica unica, mai abbastanza contestata: essi sono coperti da brevetto (sono proprietà di una multinazionale). Chi ne acquista le sementi si impegna a pagare i diritti di brevetto ad ogni risemina. Le corporation chimico-biotech hanno infatti ottenuto (direttiva 98/44) che in Europa, come negli USA, fosse privatizzabile il bene comune più importante del pianeta: la materia vivente (piante, animali e parti del corpo umano come i geni). Gli Ogm (che secondo numerosi studi scientifici indipendenti, tra cui lo IAASTD, commissionato a 400 scienziati dalle Nazioni Unite, non hanno mai recato beneficio alcuno, ma al contrario hanno un poco ridotto la produttività e quadruplicato l'inquinamento chimico) rendono i popoli dipendenti da potenti multinazionali, che mirano al controllo del mercato più vasto del mondo: quello del cibo. Lungi dal consentire una più equa distribuzione, esse minano la Sovranità alimentare dei popoli e sono importante concausa della crisi di fame nel mondo.
Ma attenti al cavallo di Troia in agguato: non basta monitorare gli Ogm! Mentre le multinazionali produttrici di Ogm annunciano un ritiro dal mercato europeo, esse riescono da qualche tempo, presso l'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) a Monaco di Baviera, a farsi rilasciare brevetti su piante e animali non-Ogm (riprodotti con metodi convenzionali) nell’inosservanza perfino della 98/44 … facendo un gigantesco passo avanti nella loro posizione sul mercato, e approfittando della libertà che ha sempre avuto l'EPO di agire a suo piacimento, senza dover rendere conto a nessuno (non è organismo della UE !) .
Per tentare di bloccare la svendita del nostro futuro firmate su www.no-patents-on-seeds.org.
Fabrizia de Ferrariis Pratesi
Crolla il valore scientifico del topo come modello delle malattie letali nell’uomo
(Mice Fall Short as Test Subjects for Human’Deadly Ills)
Per decenni, i topi sono stati la specie più utilizzata nello studio delle malattie umane. Ma adesso i ricercatori hanno ottenuto la prova che il modello murino sia stato totalmente fuorviante per almeno 3 diversi tipi di patologie mortali (sepsi, traumi e ustioni). Di conseguenza, essi affermano, che anni di lavoro e miliardi di dollari sono stati sprecati seguendo false piste.
Ciò non significa che il topo sia un modello inutile per tutte le malattie umane. Tuttavia, essi sollevano interrogativi su patologie come quelle che riguardano il sistema immunitario, inclusi cancro e disturbi cardiaci.
“Il nostro articolo apre la possibilità ad una situazione parallela di essere presente”, dice il Dr. H. Shaw Warren, un ricercatore sulla sepsi all’Ospedale Generale del Massachusetts e uno degli autori principali del nuovo studio.
L’articolo, pubblicato lunedì in “Proceedings of the National Academy of Sciences”, aiuta a spiegare perché sono falliti tutti i circa 150 farmaci, testati con enorme dispendio su pazienti affetti da sepsi. Tutti i test farmacologici si basavano sullo studio dei topi. E adesso viene dimostrato che i topi possono avere qualcosa che assomiglia alla sepsi negli uomini, ma in realtà è una condizione molto diversa da quella umana.
Esperti medici non legati a questo studio hanno detto che i risultati dovrebbero cambiare il corso della ricerca a livello mondiale per tale fatale e frustrante patologia. La sepsi, una reazione potenzialmente mortale che avviene quando il corpo prova a lottare contro un’infezione, colpisce 750 000 pazienti all’anno negli USA, uccide da un quarto alla metà di essi e costa alla nazione 17 miliardi di dollari all’anno. E’ la principale causa di morte nelle unità di terapia intensiva.
“Questo è un cambiamento rivoluzionario”, dice il Dr. Mitchell Fink, un esperto della sepsi dell’Università della California di Los Angeles, riguardo al nuovo studio.
“E’ strabiliante”, dice il Dr. Richard Wenzel, ex direttore del dipartimento di medicina interna alla Virginia Commonwealth University e già redattore del ‘New England Journal of Medicine’. “Hanno assolutamente ragione”.
Risposte immunitarie potenzialmente fatali avvengono quando il sistema immunitario di una persona iperreagisce a ciò che percepisce come un segnale di pericolo, incluse molecole tossiche da batteri, virus, funghi o proteine rilasciate da cellule danneggiate da traumi o ustioni, dice il Dr. Clifford S. Deautschman, che dirige le ricerche sulla sepsi all’Università della Pennsylvania e non ha fatto parte dello studio.
Il sistema immunitario accelerato rilascia le sue proteine in quantità talmente elevate che i capillari iniziano a perdere sangue. La perdita diventa eccessiva, e il siero fuoriesce dai piccoli vasi sanguigni. La pressione sanguigna cala, e gli organi vitali non ricevono più sangue sufficiente. Nonostante gli sforzi, i medici e gli infermieri in un reparto di terapia intensiva o pronto soccorso possono non essere in grado di fronteggiare queste perdite, fermare l'infezione e il danno tissutale Successivamente vi è il collasso degli organi vitali.
Il nuovo studio, che è durato 10 anni e ha coinvolto 39 ricercatori in tutto il Paese, è iniziato studiando i globuli bianchi di centinaia di pazienti con gravi ustioni, traumi o sepsi, per vedere quali geni venivano usati dai globuli bianchi nel rispondere a questi segnali di pericolo.
I ricercatori hanno trovato alcune informazioni interessanti e accumulato un grande numero di dati, rigorosamente raccolti, che dovrebbero contribuire a far progredire il settore, ha detto Ronald W. Davis, esperto di genomica presso la Stanford University e autore principale del nuovo studio. Alcuni dati sembravano consentire la previsione di chi sarebbe sopravvissuto e chi sarebbe finito in terapia intensiva, aggrappandosi alla vita e, spesso, morendo.
Il gruppo aveva cercato di pubblicare le sue scoperte in diversi giornali. Un’obiezione, afferma il dottor Davis, era stata che i ricercatori non avevano dimostrato come i topi fornissero la stessa risposta genica.
"Erano così abituati a fare studi sui topi che per loro era quello il solo modo di convalidare le cose", ha detto. "Hanno la cura dei topi talmente radicata che dimenticano che noi stiamo, invece, cercando di curare gli esseri umani."
"Questo ci ha fatto pensare", ha continuato. «Lo stesso avviene nei topi, oppure no?"
Il gruppo decise di indagare, aspettandosi di trovare alcune somiglianze. Ma quando i dati furono analizzati, non ve ne era alcuna.
"Eravamo proprio spiazzati" ha detto il dr.Davis.
I fallimenti dei farmaci divennero chiari. Ad esempio, un gene poteva essere attivato spesso nei topi, mentre il gene equivalente veniva soppresso negli esseri umani. Una sostanza che agiva nei topi disattivando un gene poteva avere una risposta letale nell'uomo.
Ancora più sorprendente, ha affermato il dr Warren, è che condizioni diverse nei topi - ustioni, traumi, sepsi - non creavano la stessa risposta. In ognuna di queste condizioni entravano in azione gruppi di geni diversi, mentre negli esseri umani geni equivalenti vengono utilizzati in tutte e tre le condizioni. Questo significa, ha detto il dr Warren, che se i ricercatori possono trovare un farmaco che funziona per una di quelle condizioni nell’uomo, potrebbe funzionare per tutte e tre.
I ricercatori hanno provato per più di un anno a pubblicare il loro studio, che ha dimostrato non esserci alcuna relazione tra le risposte genetiche dei topi e quelle degli esseri umani. L'hanno presentato a Science e Nature, nella speranza di raggiungere un vasto pubblico, ma entrambi i giornali lo hanno rifiutato.
Science e Nature hanno dichiarato che la loro politica è di non fare commenti su di un documento rifiutato, e nemmeno di far sapere se è stato presentato. Ma, Pinholster Ginger di Science ha dichiarato: la rivista accetta solo circa il 7 per cento dei circa 13.000 studi presentati ogni anno, quindi non è raro che uno studio debba girare a lungo.
Inoltre, il dr Davis ha detto, i revisori non avevano evidenziato errori scientifici. Invece, ha dichiarato, la risposta più comune è stata “Deve essere sbagliato. Non so il motivo per cui è sbagliato, ma deve essere sbagliato.”
I ricercatori si volsero, dunque, verso Proceeding of the National Academy of Sciences. In qualità di membro dell'accademia, il dottor Davis poteva suggerire i recensori per il suo studio e propose i ricercatori che pensava avrebbero dato al lavoro la giusta attenzione. "Se a loro non piace, voglio sapere perché", ha detto. I revisori hanno consigliato la pubblicazione e il comitato di redazione della rivista, che valuta in modo indipendente gli studi, ha concordato.
Alcuni ricercatori, leggendo lo studio oggi, dicono che sono stupefatti, allo stesso modo i cui i ricercatori lo furono quando videro i dati.
"Quando ho letto lo studio, sono rimasto sbalordito da quanto i dati provenienti dai topi siano sbagliati," ha detto il dott. Fink. "E 'davvero incredibile – non vi è alcuna correlazione. Questi dati sono così convincenti e così consistenti che penso che gli enti di finanziamento ne stiano prendendo nota. "Fino ad ora, ha detto," per ottenere i finanziamenti, si doveva proporre esperimenti che utilizzavano il modello animale.”
Eppure c'era sempre stato un indizio importante che i topi non potevano davvero imitare gli esseri umani in questo ambito: è molto difficile uccidere un topo con una infezione batterica. I topi hanno bisogno di un milione di volte più batteri nel sangue rispetto a quelli che uccidono una persona.
"I topi possono mangiare spazzatura e cibo che è in giro ed è marcio," ha detto il Dr. Davis. "Gli esseri umani non possono farlo. Siamo troppo sensibili ".
I ricercatori hanno detto che se riuscissero a capire cosa rende i topi tanto resistenti, potrebbero forse trovare il modo di rendere le persone resistenti.
"Questo è un documento molto importante", ha dichiarato il Dr. Richard Hotchkiss, un studioso di sepsi alla Washington University che non ha partecipato allo studio. “Esso dice con forza - di andare dai pazienti e prendere le loro cellule. Prendere i loro tessuti ogni volta che si può. Prendere le cellule dalle vie respiratorie. "
"Per capire la sepsi, si devono studiare i pazienti", ha detto.
Questo studio è stato revisionato
Correzione: 11 febbraio 2013
Una precedente versione di questo articolo ha errato nell’indicare la posizione del Dr Wenzel. Egli èstato presidente del Dipartimento di Medicina Interna della Virginia Commonwealth University. Attualmente non ne è il presidente.
“Ci sono persone non disposte ad accettare lo ‘status quo’ che ci viene imposto da questa società.
Uno ‘status quo’ che ignobilmente propone la vivisezione spacciandola per utile e necessaria ai fini del benessere dell’umanità.
Oscuri personaggi in camice bianco insistono nell’imporci la loro falsa ‘ricetta’ etica,priva di valore a fronte di quanto accade
nei laboratori di ricerca e nelle stive degli aerei impegnati nella nuova oscura tratta degli schiavi.”
Un ragazzo del movimento ‘Fermare Green Hill’.
LA FORZA DELLA DETERMINAZIONE
I grandi cambiamenti sociali si possono avverare solo quando all’esasperazione di un grande numero di cittadini si aggiunge la determinazione di una parte di essi ad ottenere il cambiamento auspicato.
Il dibattito sulla vivisezione ha raggiunto in Italia una parte molto ampia della popolazione, seguendo un percorso che merita di essere analizzato, nella speranza che “contagi” altri Stati della UE. I protagonisti di questo grande cambiamento nella comunicazione sono i giovani, i giovani che oggi non vogliono più “restare fuori dalla porta” ed esprimono un profondo distacco dalla politica e dai politici, tanto screditati. Lo spiega Michele Ainis su “L’Espresso” (14.6.12): “Nei prossimi anni il programma di governo lo scriveranno i cittadini su di un’agenda elettronica.[…] Vincerà la democrazia digitale, vincerà chi saprà utilizzare al meglio la potenza della rete”. Come ha fatto, spiega Ainis, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che tiene un link sempre aperto sulle istanze dei cittadini, e come negli ultimi tempi è avvenuto in tutto il mondo: la campagna elettorale di Obama, il movimento degli “Indignados”, quello di “Occupy Wall Street” sono solo alcuni dei tanti esempi.
Ma prima di arrivare alle città digitali, al voto elettronico e alle assemblee pubbliche (che oggi sono all’ordine del giorno in Svizzera) i giovani italiani hanno sentito un’urgenza prioritaria: quella di abolire ciò che per Gandhi era “il crimine più nero”: la vivisezione. Con una strategia ben studiata, si sono prefissi di mettere fine ad uno “status quo” che - ignobilmente - spaccia degli insensati test su animali quali utili e necessari per l’avanzamento della scienza, uno “status quo” che ci rende tutti conniventi con una prassi etica copiata al Terzo Reich.
I giovani del movimento che ha deciso di “fermare” Green Hill (allevamento di cani per la sperimentazione) hanno svelato ai cittadini la realtà di un business miliardario che senza alcun valido motivo colpisce animali da tutti amati (come i cani). Hanno preso spunto da una lunga campagna condotta a partire dal 2002 contro il Morini, allora maggiore centro di “produzione cavie”, che portò alla sua chiusura nel 2010.
Green Hill è oggi in Italia il solo allevamento di cani da laboratorio (come pure uno dei maggiori in Europa) ed esso ha scatenato l’azione di varii gruppi che recano il suo nome: “Fermare Green Hill”, “Montichiari contro Green Hill”, “Occupy Green Hill”, ecc. La guerra contro Green Hill è diventata la bandiera di un forte e determinato movimento antivivisezionista, che vuole mantenersi lontano dalla politica dei partiti.
Il movimento contro Green Hill è partito dalla denuncia di gravi inadempienze (2.500 cani in una struttura dove ne erano autorizzati solo 200, animali custoditi senza mai avere accesso alla luce del sole, un raddoppiamento a 5.000 cani in programma). Aiutato da Facebook e con la partecipazione profonda di tanti ragazzi (giovani, ma anche non giovani) ha portato a termine, a partire dall’inizio del 2010, un programma fittissimo di manifestazioni in varie parti e città d’Italia; non meno di una cinquantina fino ad oggi. Enorme il dispiego di fantasia per coinvolgere i mezzi di comunicazione e per colpire i target più svariati (tutti coloro che hanno connivenze con il potentissimo “sistema”: dai fornitori di materie prime, ai trasportatori di animali, alle linee aeree coinvolte nell’importazione di animali prelevati in natura, che spesso infrangono le leggi a tutela della fauna selvatica).
Per il 25 settembre del 2010 il movimento Fermare Green Hill aveva organizzato a Roma una marcia con comizio finale nella centrale e bellissima piazza del Popolo.
Avviene che, a sorpresa, circa due settimane prima, giunge la notizia dell’approvazione finale al Parlamento Europeo della tanto attesa nuova direttiva sulla sperimentazione animale, ironicamente chiamata “sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”. Da molti anni in gestazione, doveva soppiantare la vecchia direttiva dell’86 (recepita dalla nostra legge 116/92).
Molte speranze erano state riposte in questa legge, molte promesse erano state fatte dai parlamentari alle associazioni da loro consultate per gli aggiornamenti. Si era puntato sull’articolo 13 del Trattato Ue, che ha introdotto un nuovo concetto di rispetto per gli animali, infine definiti quantomeno “esseri senzienti”. Si era puntato ancora più sul “cambiamento epocale” annunciato dal NRC, Consiglio Nazionale delle Ricerche degli USA, con il documento “Toxicity testing in the XXI Century, a vision and a strategy” del 2007 (già applicato negli USA con un programma quinquennale di tossicologia cellulare). Con la necessità e l’avvio di un “cambiamento epocale”, assimilato nel documento ai grandi cambiamenti che nella storia della scienza hanno determinato un nuovo corso ed un nuovo pensiero, il NRC indica infatti l’impellente necessità di superare i test su animali per ricorrere agli straordinari nuovi metodi scientifici oggi disponibili, in massima parte studi in vitro di cellule umane, e spiega quanto essi siano più affidabili, di gran lunga più esaurienti nelle risposte fornite, di gran lunga più rapidi e anche economici.
Niente di tutto ciò nella nuova direttiva, ma al contrario un “rilancio” della sperimentazione animale, con i precedenti limiti in molti casi perfino superati, e, cosa più grave, con un voluto silenzio sull’obbligo di usare i metodi sostitutivi, anche quelli (ben pochi) già approvati dalla Commissione.
Un generale sdegno dell’Italia intera fece giungere a Roma per la marcia del 25 settembre ben 15.000 persone e fece sì che “Fermiamo Green Hill”, (che aveva, come sempre, bandito gli striscioni con i nomi delle associazioni e ogni altra forma di “personalizzazione” della lotta) divenisse un movimento di carattere nazionale, senza “capi” e senza alleanze politiche, fortemente condiviso da tutti.
Al voto della direttiva ha fatto seguito il periodo, non ancora concluso, di vivace dibattito nel nostro Parlamento sul recepimento della stessa in Italia. Due principali schieramenti si sono creati tra le associazioni, che si possono riassumere tra chi sostiene l’iter politico in corso (un recepimento che è riuscito ad introdurre migliorie davvero insignificanti sbandierato come migliorativo della legge) e chi invece si oppone alla direttiva ‘tout court’, puntando sulla speranza che possa andare in porto una revisione. Nel primo schieramento molte grandi associazioni, nel secondo quelle contrarie alle 3R: tra queste ultime il Comitato Scientifico EQUIVITA e la LEAL, Lega antivivisezionista, che insieme ad ANTIDOTE- Europe hanno lanciato l’Iniziativa dei Cittadini europei “STOP VIVISECTION”.
In “STOP VIVISECTION” i promotori si servono del recentissimo “Diritto d’iniziativa dei cittadini europei (art, 11 del Trattato UE) per chiedere alla Commissione UE (che ha dato il suo consenso registrando l’iniziativa) “l’abrogazione della direttiva 2010/63 con la presentazione di una nuova proposta di direttiva che sia finalizzata al definitivo superamento della sperimentazione animale e che renda obbligatorio per la ricerca biomedica e tossicologica l’utilizzo di dati specifici per la specie umana in luogo dei dati ottenuti su animali”.
Il movimento Fermiamo Green Hill è solidale con questa nostra iniziativa. Esso infatti non ha mai fatto segreto di considerare la chiusura di Green Hill un fine da raggiungere ma anche una bandiera simbolica nella sua lotta per l’abolizione della vivisezione. La chiusura ormai è imminente perché da qualche giorno l’allevamento è stato messo sotto sequestro, con tutti i 2.500 cani che comprende, in seguito al riscontro di numerose illegalità al suo interno, quali centinaia di cadaveri di cani nascosti e non documentati e altri orrori similari.
Vogliamo chiudere ricordando l’ultima manifestazione, organizzata da Occupy Green Hill e dal Coordinamento antispecista Lazio, che si è svolta a Roma il 16 giugno scorso: un’altra affollatissima, pacifica ma determinata sfilata di 10.000 persone da P. della Repubblica fino al comizio in P. San Giovanni. Malgrado il caldo, le crisi economiche, i problemi infiniti che l’Italia sta attraversando e che attanagliano la vita quotidiana di tutti noi, il popolo italiano ha di nuovo preteso il rispetto del suo insopprimibile diritto alla fine della sperimentazione animale.
Fabrizia Pratesi de Ferrariis
([email protected])
Revisioni Sistematiche dei Modelli Animali: Metodologia vs Epistemologia
Recentemente è stato pubblicato il nuovo articolo del dr. Ray Greek e del dr. Andrè Menache sull’”International Journal of Medical Science”:
Greek R, Menache A. Systematic Reviews of Animal Models: Methodology versus Epistemology. Int J Med Sci 2013; 10(3):206-221. doi:10.7150/ijms.5529. Available from http://www.medsci.org/v10p0206.htm
La prima parte spiega cosa sono le Revisioni Sistematiche (SR) e le Meta-analisi (MA).
Le prime riuniscono i risultati di tutti gli studi condotti su di un determinato argomento, ottenendo una stima molto affidabile e statisticamente molto stabile. Una SR serve a fornire un dato conclusivo su di un trattamento controverso, poiché genera un’indicazione unica e complessiva a partire dalle informazioni, anche contrastanti, contenute nei singoli studi analizzati.
Le seconde, invece, possono essere considerate delle SR “quantitative”, sono tecniche statistiche che provvedono ad analizzare (fornendo sintesi quantitative) i dati presentati nei singoli studi, con lo scopo di minimizzare gli errori e di poter generalizzare le conclusioni relative.
Successivamente, gli autori contestano le affermazioni di scienziati pro-sperimentazione animale che ritengono di poter ottimizzare la qualità metodologica della ricerca su animali proprio attraverso l’uso delle SR, facendo invece notare che ciò dà per scontato qualcosa che non lo è, ovvero che l’animale sia predittivo per l’uomo.
Citando Pound et al., Greek & Menache mostrano come la variazione delle dosi dei farmaci tra le specie animali determini risultati di incerta rilevanza, che i surrogati o i precursori delle malattie umane ricreati in laboratorio diano risultati di dubbia rilevanza per gli esseri umani e che il periodo di latenza delle malattie nell’uomo non corrisponda necessariamente a quello degli altri animali.
Si passa dunque al tema della predittività, infatti viene subito chiarito come la questione della predittività dei modelli animali sia la giustificazione centrale per far accettare alla società l’uso di queste creature nella ricerca, pertanto una critica veramente esaustiva all’utilizzo di animali in questi ambiti deve necessariamente passare per la critica alla predittività del modello animale.
Il termine predittivo va dunque spiegato, e così gli autori lo associano ai valori predittivi di una pratica o di una modalità.
Anche se la scienza medica non richiede valori predittivi del 100%, ne reclama di molto alti, pertanto anche test che correlano nel 70% dei casi non sono molto d’aiuto.
Un singolo esempio di correlazione, inoltre, non qualifica un modello come predittivo, nè indica un alto valore predittivo positivo (VPP) o negativo (VPN). Un modello o una pratica devono dunque essere valutati basandoci sulla loro storia di correlazione con la realtà, senza escludere i fallimenti. Se si vuole valutare il modello animale, toccherà quindi includere sia le risposte sbagliate che quelle corrette.
Si passa dunque agli esempi di mancata predittività del modello animale, come quello di circa 100 vaccini contro l’HIV che si sono rivelati efficaci su animali ma non sull’uomo e il fallimento di un centinaio di farmaci efficaci per la neuroprotezione nei modelli animali, ma non nelle prove cliniche su esseri umani. Si afferma dunque che in questi casi, anche se con questi metodi si riuscisse un domani ad ottenere un risultato efficace, il modello non sarebbe comunque predittivo per l’uomo a causa dell’enorme numero di fallimenti e del bassissimo VPP.
Altri casi in cui l’animale ha fallito sono i seguenti: su 22 farmaci testati su animali e mostratisi terapeutici nei danni al midollo spinale, nessuno s’è rivelato efficace sull’uomo; appena lo 0,004% dei risultati ottenuti nell’animale per la ricerca di base è trasponibile all’uomo; studiando le risposte di ratti, cani e umani a 6 farmaci, il VPP del ratto fu del 49% e quello del cane del 55%. Un VPP attorno al 50% non è sufficiente a qualificare una modalità come predittiva nella scienza medica, dato che sarebbe equiparabile a quanto ci si potrebbe aspettare dal lancio di una moneta.
La scienza medica richiede invece valori dall’80% in su se ciò riguarda la salute del paziente, come nel caso della reazione ad un farmaco.
Uno studio simile, riportano Greek e Menache, esaminò 6 farmaci su modelli animali, anche se gli effetti collaterali erano già conosciuti su umani. Gli animali identificarono 48 effetti collaterali che non si registravano sugli umani e non identificarono 20 effetti collaterali che invece si registravano sugli umani. Il VPP calcolato fu del 31%.
Uno studio del 1990, poi, riportò come in 16 casi su 24, dei prodotti tossici nell’uomo si rivelarono sicuri sugli animali, mentre una ricerca del 1994 rivelò come solo 6 di 114 farmaci tossici per la specie umana abbiano avuto una correlazione negli altri animali.
Gli autori, a questo punto, introducono una spiegazione al motivo per cui gli animali non possano essere predittivi per l’uomo: sono sistemi complessi.
A differenza di ciò che afferma una visione riduzionista (la stessa che è alla base della S.A.), i sistemi complessi sono più della somma delle loro parti, sono costituiti da molti componenti che possono essere raggruppati in moduli che interagiscono tra loro, hanno proprietà emergenti che derivano dalle interazioni tra le parti, sono resistenti ai cambiamenti, esibiscono ridondanza nei loro componenti, sono auto-organizzati, danno risposte non lineari, hanno livelli gerarchici di organizzazione, interagiscono con l’ambiente, hanno cicli di retroazione, sono dinamici, ecc.
A questo punto l’articolo procede descrivendo come la presenza di diversi alleli, polimorfismi dei singoli nucleotidi, variazione del numero di copie, espressione e regolazione genica differenti, ecc. neghino la possibilità di una predittività tra sistemi complessi in base a somiglianze.
Si procede dunque descrivendo ricerche come quella di Somel et al., che, studiando l’espressione genica nei cervelli di umani, scimpanzè e macachi, ha scoperto un’accelerata evoluzione dell’espressione genica nella corteccia prefrontale umana (il che metterebbe in dubbio i tentativi di estrapolare risultati inter-specie per quest’area). Puente et al., poi, hanno scoperto 20 geni implicati nel cancro umano e che differiscono significativamente dagli scimpanzè. In aggiunta, gli scimpanzè sono praticamente immuni da HIV, epatite B, comune malaria e rispondono diversamente ad altre malattie umane.
Vengono quindi citati alcuni scienziati che affermano come non ci sia alcuna base evolutiva dietro all’abilità di metabolizzazione di alcune specie, che roditori e primati – zoologicamente vicini – hanno metabolismi diversi e che vi è una variazione sostanzialmente genetica nella risposta dei ratti agli xenobiotici.
Gli animali e gli umani – continuano gli autori – sono sistemi complessi evoluti che sono DIVERSAMENTE complessi, e quindi, per questo motivo, non possono essere predittivi.
L’articolo prosegue descrivendo differenze intraspecifiche nell’uomo, che dovrebbero farci capire che, se già nella stessa specie vi sono reazioni diverse a seconda del sesso, dell’etnia, ecc., differenze genetiche ancora maggiori (quelle inter-specifiche) condurranno a modelli completamente fallimentari. Altro punto su cui verte il testo è l’orientamento che la scienza deve compiere nello sviluppare la branca della medicina personalizzata.
A questo punto vengono citati ulteriori esperti sulla mancanza di predittività dell’animale in vari settori, tra cui cancro, tossicologia e modello predittivo in generale.
Di fronte al dato che molti scienziati non riconoscono il modello animale quale non-predittivo, gli autori rispondono facendo notare come la discussione sugli animali quali sistemi complessi evoluti sia relativamente nuova.
Viene dunque fatto notare come anche in condizioni ottimali, il massimo del risultato del modello animale si aggiri attorno al 50% come VPP e si afferma che gli attuali studi siano conformi alla teoria qui proposta.
Infine, viene ribadito che anche se i modelli animali fossero standardizzati e soggetti a SR, continuerebbero a fallire come modelli predittivi per l’uomo, in quanto sia gli animali che gli umani sono sistemi complessi con diverse traiettorie evolutive.
POESIA della dott.ssa Susanna Penco
Peccato, non ci sarà, non per ora, almeno, la terza puntata, che potrebbe essere “la vendetta”, come nei film di Rambo.
Rubo il magnifico paragone al mio prezioso amico Massimo, del Movimento Antispecista.
Ecco la vendetta:
arrivano gli alieni.
Arrivano, e solo il fatto che arrivino ci dice che sono più forti, potenti, intelligenti, avanzati e tecnologici, poiché vincono tempo e spazio. Noi no.
Ma vogliamo comunque tanto bene lo stesso a noi stessi, ai nostri cari, proviamo sentimenti, anche nobili, ma soprattutto sentiamo i dolori, fisici e psicologici, e non continuo per ovvi motivi.
Arrivano gli alieni, e oltre che belli e forti sono pure prepotenti.
Se ne fregano degli altri, dei non alieni.
E ci schiavizzano, ne hanno i mezzi.
E ci mangiano (fettina di natica umana, una libidine per l’alieno palato).
Si siedono davvero sulle mitiche fantozziane poltrone di pelle umana, e, pur essendo diversi da noi (ma se anche se fossero ugualissimi precisi identici sarebbe comunque eticamente e moralmente terribile), ci usano per sperimentare cose che servono a loro.
Anzi, provocatoriamente, siamo simili, noi e gli alieni.
Già, perché così sostengono i sostenitori della vivisezione: animali e uomini sono “simili”.
E vi sembra scientifico?
Pensate che ci sono differenze scientificamente abissali (anche comportamentali, affettive, ecc) anche tra topi e ratti (la gente li confonde, credetemi..).
Ah, tra l’altro, i ratti non vomitano, Ve lo dico perché mica tutti lo sanno. Eppure i ricercatori ci dicono che siamo simili!
Il modo più rapido che abbiamo noi umani per allontanare qualcosa che ci fa male è vomitare.
Eppure i ratti sono gli animali più usati nei laboratori. Mah. Qualcosa non torna.
Torniamo ai nostri amici alieni, la razza forte, gli eletti.
Ve lo immaginate?
Tutti noi poveri cristi chiusi in gabbiette (attenzione, rigorosamente a norma, certificate, eh eh).
E poi ci mettono l’aria condizionata, la pappa buona e l’acquina fresca, oligominerale e batteriologicamente pura.
E ci fanno pure l’eutanasia!
Ma che volete di più?
Ingrati!
Un tempo, un po’, me ne vergognavo.
Della mia sensibilità, intendo.
Di non capire perché uno faccia male ad un altro che non si può difendere.
Mica sono buonista ad oltranza.
Ho capito perché ci sono sempre state le guerre. Me lo spiegava mio nonno.
Ma rifiuto le violenze su chi non sa, non capisce, non ha modo di reagire.
Nemmeno di ribattere, in questo caso.
Pensate al delitto d’onore.
O allo schiavismo: il ne(g)ri erano al servizio dei bianchi. Addirittura li si proteggeva, in questo modo.
Comodo, eh?
Le cose sono cambiate. C’è voluto tempo, sì. Ma sono cambiate.
Dunque, ora mi vergogno di essermi vergognata.
Ho voluto scrivere queste riflessioni poiché in Susy sussistono casualità insieme:
sono malata di sclerosi multipla;
sono ricercatrice, mastico la materia;
sono un’ex “bambina vinciana”: mi fanno tanta pena (è una bellissima parola) gli animali.
Mentre scrivo, è in corso l’aggiornamento su Green Hill.
Beh, credo proprio che sarà un simbolo.
Da qualche parte bisogna pur cominciare!
Dunque, saluto la liberazione dei cani italiani, dei cani in Italia.
Ma ci saranno altri cani, stranieri (e a noi mica importa la nazionalità, vero?) che saranno importati da nazioni senza controllo alcuno, senza animalisti autoctoni, i quali si sobbarcheranno un viaggio tremendo, oltre al resto che sappiamo.
Spero solo (ma non ne sono certa) che il loro costo di più: le esangui tasche delle ricerca forse ne consumeranno meno.
Vedremo.Ma certo non staremo a guardare.