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Newsletter maggio 2010
28/05/10
Dichiarazione diffusa dalle organizzazioni della società civile alla vigilia della Quinta conferenza internazionale della “Tavola Rotonda sulla soia responsabile” (San Paolo 9-10 giugno 2010): “No al bluff della soia “responsabile!”
Fonte: Corporate Europe Observatory
Le organizzazioni firmatarie elencate di seguito respingono l’etichetta di “responsabile” sviluppata per la soia dalla “Tavola Rotonda sulla soia responsabile” (“Round Table on Responsible Soy” – RTRS). Il tentativo di far apparire sostenibile la produzione su vasta scala della soia geneticamente modificata etichettandola come “responsabile” aggraverà i problemi causati da tale sistema di produzione piuttosto che risolverli.
La RTRS lancerà la sua etichetta per la soia “responsabile” dopo la conferenza che avrà luogo a giugno 2010 in Brasile. In Sud America la produzione industriale della soia ha causato danni sociali e ambientali dilaganti, tra cui distruzione degli habitat, deforestazione, distruzione dei sistemi di produzione alimentare locali, degrado della fertilità del suolo ed esposizione delle popolazioni locali a pesticidi tossici.
Nel Nord lo stesso sistema di produzione ha favorito un’industrializzazione senza precedenti della filiera alimentare, incrementando l’uso di mangimi animali importati e promuovendo una produzione animale non sostenibile con conseguenze negative per l’agricoltura, l’ambiente e la salute umana, incoraggiando allo stesso tempo modelli di consumo insostenibili. La produzione intensiva, di carne, lattiero-casearia e di uova contribuisce in modo determinante alle emissioni globali di gas serra, mentre gli agrocarburanti ricavati dalla soia potrebbero produrre più emissioni dannose degli stessi carburanti fossili.
Le multinazionali raccolgono enormi profitti a entrambi i capi di questo insostenibile sistema di produzione.
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Elenco dei firmatari:
28/05/10
Brasile: produttori di soia del Mato Grosso contestano restrizioni nell'accesso alle sementi convenzionali
Fonte: Agencia Brasil
Le due maggiori associazioni di produttori di soia brasiliane, APROSOJA e ABRANGE, potrebbero presto chiedere al Consiglio della difesa economica del paese di intervenire contro la Monsanto. Secondo le due organizzazioni, la multinazionale impedisce agli agricoltori di riprendere a coltivare soia convenzionale mettendo in vendita una quantità di sementi non gm nettamente inferiore alla richiesta. Spiega il nuovo presidente di APROSOJA Glabuer Silveira: “Di tutte le sementi vendute dalla Monsanto l’85% è gm, mentre solo il 15% è convenzionale. La produzione delle sementi deve servire il mercato, non monopolizzarlo o plasmarlo secondo propri fini”. Un numero sempre maggiore di agricoltori brasiliani sceglie di tornare a coltivare soia non gm attratto dalla prospettiva del sovrapprezzo che i mercati europei e asiatici versano per il prodotto non transgenico, ma anche spinto dal timore di una dipendenza sempre più esclusiva dalla Monsanto e dal peso delle royalty che la questa impone in modo tutt’altro che trasparente.
Commento di TraceConsult:
I costi economici e sociali degli Ogm, oggi denunciati dagli agricoltori del Mato Grosso, sono stati previsti con esattezza da José Hermeto Hoffman, ministro dell’Agricoltura dello stato del Rio Grande do Sul, già sul finire degli anni ’90. In diverse interviste rilasciate nel corso del suo mandato, il ministro ha dichiarato che l’adozione delle colture gm avrebbe causato grave dipendenza dalla volontà delle multinazionali nell’approvvigionamento di sementi convenzionali, royalty estorsive per chi avesse scelto di coltivare Ogm e una generale limitazione di libertà nello svolgimento della professione agricola.
Gli analisti e le autorità che oggi operano nel campo della produzione e della distribuzione alimentare europea devono tenere conto di questi fattori e capire quanto sia importante il ruolo che essi giocano nella vicenda. Essi devono sostenere gli sforzi dei produttori di soia che scelgono di continuare a produrre soia convenzionale. […] Un numero sempre maggiore di agricoltori sceglie di ricominciare a coltivare soia non gm. Lo prova il fatto che quest’anno, per la terza stagione consecutiva,il raccolto di soia gm è rimasto fermo al 55%. Un dato incontrovertibile che smentisce seccamente la previsione di “una seconda ondata di crescita del biotech” contenuta nell’ultimo auto-celebrativo rapporto dell’ISAAA (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications)”.
16/05/10
Africa e biotech: alimentando false speranze con i semi brevettati
Fonte: Des Moines
C’è da stupirsi se le multinazionali che vendono sementi gm dichiarano di poter salvare l’Africa con le loro sementi brevettate? (si veda “Biotech in Africa: high hopes and high stakes”, 9/05/10). Negli Stati Uniti una sola multinazionale, la Monsanto, possiede più del 90% di tutte le sementi di soia e l’80% di tutte quelle di mais. Tale potere di monopolio nell’ambito del mercato dei semi sta già provocando la scomparsa delle sementi convenzionali. Alcuni agricoltori dell’Iowa già denunciano difficoltà nel reperire sementi non gm.
Ora la Monsanto ci racconta che intende offrire agli agricoltori africani le sue sementi brevettate esenti da royalty. Ciò ricorda la strategia con cui negli anni ‘70 la Nestlé offrì gratuitamente preparati sostitutivi del latte alle madri del terzo mondo fino a quando queste, perso il proprio latte, si ritrovarono dipendenti dalla multinazionale.
Uno studio recente delle Nazioni Unite (“L’agricoltura biologica può accrescere la sicurezza alimentare in Africa” http://www.unctad.org/templates/Page.asp?intItemID=4723&lang=1 - 10/02/09) è giunto a conclusioni singolarmente diverse da quelle della Monsanto. Dopo aver analizzato 144 progetti realizzati in 24 paesi africani, lo studio ha riscontrato che quando agricoltori dotati di risorse limitate hanno adottato metodi di coltivazione biologici attingendo a tecnologie e risorse disponibili a livello locale sono riusciti a raddoppiare il rendimento delle colture, migliorare la fertilità del suolo e ad accrescere la capacità di resistenza alla siccità senza dover acquistare pesticidi, fertilizzanti e sementi gm costosi e comunque al di sopra delle loro possibilità.
13/05/06
Romania: la grande maggioranza della popolazione è contraria agli Ogm
Fonte: InfOMG (http://www.infomg.ro/web/en)
Secondo un sondaggio d’opinione nazionale realizzato lo scorso aprile in Romania, il 74% dei cittadini romeni non intende consumare Ogm e l’81% desidera che siano vietati nel paese. Il sondaggio è stato realizzato dalla società IMAG su richiesta del “Centro per l’informazione sugli Organismi Geneticamente Modificati“ (InfOMG). InfOMG ha inteso fornire alle autorità del paese una fotografia aggiornata ed esauriente della volontà dei cittadini sul tema degli Ogm per indurle a vietare la coltivazione del mais MON810 così come è accaduto in Francia, Germania, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Grecia e Austria.
Gli Ogm sono coltivati in Romania sin dal 1998. La soia transgenica, coltivata per quasi 10 anni e ufficialmente vietata nel 2007 con l’ingresso del paese nell’Unione europea, è stata prontamente rimpiazzata dal mais MON810, autorizzato per la coltivazione in Europa e tacitamente approvato anche in Romania.
10/05/2010
Stati Uniti: amministrazione Obama esortata a sottoscrivere accordo internazionale per l’etichettatura degli Ogm
Fonte: Consumers Union
(http://www.consumersunion.org)
L’associazione di consumatori statunitense “Consumers Union” ha chiesto all’amministrazione Obama di sottoscrivere un accordo sull’etichettatura degli alimenti geneticamente modificati largamente sostenuto dalla comunità internazionale.
Alla riunione del “Comitato per l’etichettatura degli alimenti” del “Codex Alimentarius” (Quebec City, 3-7 maggio 2010), gli Stati Uniti hanno fatto pressioni affinché le linee guida non “dichiarassero o implicassero che i cibi gm sono in alcun modo diversi da quelli convenzionali”, rifiutandosi di accettare, inoltre, che fosse riconosciuta agli stati la facoltà di adottare norme proprie in merito all’etichettatura dei transgenici.
Tale discutibile posizione ha incontrato l’appoggio di soli 3 stati sui quasi 50 partecipanti e il dibattito è stato aggiornato a una seduta che si terrà a breve a Bruxelles sotto la presidenza del Gana.
Secondo Michael Hansen, scienziato senior della “Consumers Union” e principale portavoce delle 220 associazioni di consumatori presenti alla riunione del Comitato: “Il governo degli Stati Uniti riconosce chiaramente che esistono differenze tra cibi gm e cibi convenzionali. Le norme sul biologico del Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) stabiliscono che le sementi gm non possono essere utilizzate nelle coltivazioni biologiche e la Food and Drug Administration (FDA) si è espressa a favore dell’etichettatura dei transgenici su base volontaria. Non è chiaro, quindi, per quale motivo gli Stati Uniti abbiano assunto una posizione diversa nel corso delle trattative”.
Le linee guida del Codex Alimentarius sono ampiamente adottate dai paesi in via di sviluppo e sono inoltre utilizzate per dirimere le controversie commerciali sorte in seno al WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio). Conclude Hansen: “La posizione degli Stati Uniti alla riunione del Codex è in contraddizione con quella assunta dal governo all’interno del paese. Esortiamo gli Stati Uniti ad adeguare la propria linea alla politica interna affinché i negoziati possano proseguire”.
05/05/10
Unione europea: no della Commissione Ambiente e Salute del Parlamento UE alla commercializzazione del cibo clonato
Fonte: Euractive
La Commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) del Parlamento europeo ha deciso quasi all’unanimità di non autorizzare l’immissione degli alimenti derivati da animali clonati sul mercato europeo. La Commissione ha così confermato la decisione adottata in prima lettura dalla totalità del Parlamento, che a marzo del 2009 ha chiesto che i “cibi clonati” fossero esclusi dalle norme sui nuovi prodotti e ingredienti alimentari. I membri della Commissione Ambiente e Salute hanno chiesto alla Commissione UE di presentare una proposta legislativa separata sugli alimenti derivati da animali clonati. La decisione dell’ENVI sarà trasmessa al Parlamento UE per il voto in seconda lettura.