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Newsletter Marzo 2011
31/03/11
Gran Bretagna: i supermercati dicono no alla vendita dei cibi clonati
Fonte: Daily Mail
Le maggiori catene di supermercati britanniche si sono pubblicamente impegnate a tenere lontano dai loro scaffali carne e latte derivati da animali clonati e loro discendenti.
La grande distribuzione si è così risolta dopo aver appreso che in occasione della fallita conciliazione dello scorso 29 marzo, il ministro dell’Ambiente britannico Caroline Spelman ha avversato l’adozione di norme comunitarie volte a regolamentare l’immissione in commercio dei prodotti derivati da cloni e la loro etichettatura.
Dichiara Andrew Opie del “British Retail Consortium”, portavoce dei maggiori rivenditori alimentari del paese: “Anche se non è stato dimostrato che il cibo derivante da cloni animali non è sicuro, prendiamo atto della netta opposizione dell’opinione pubblica. Non abbiamo alcun interesse a mettere in vendita prodotti che i clienti non sono intenzionati a comprare. I rivenditori collaborano strettamente con i produttori e faranno di tutto per impedire che gli alimenti in questione siano messi in commercio”.
29/03/11
Stati Uniti: gli agricoltori biologici si mobilitano contro la Monsanto
Fonte: PUBPAT
http://www.pubpat.org/
Un gruppo di agricoltori biologici e convenzionali, di organizzazioni di agricoltori e di aziende sementiere ha avviato un’azione legale a carattere preventivo contro la Monsanto. Rappresentati dalla “Fondazione Pubblica sui Brevetti” (PUTPAT), i 60 ricorrenti hanno chiesto ai giudici di riconoscere che qualora fossero contaminati dalle sementi brevettate della Monsanto non potranno anche essere ritenuti responsabili di aver violato i diritti di brevetto della multinazionale. Ciò in quanto, secondo il PUBPAT, tali brevetti non sono da considerarsi validi perché privi del requisito di utilità previsto dalla legge statunitense. Le colture geneticamente modificate della Monsanto, infatti, causano danni ambientali e sanitari senza produrre di più o richiedere minori quantità di erbicidi, come pure è stato promesso dalla multinazionale.
All’origine dell’importante iniziativa, vi è la constatazione del fatto che una volta immessi nell’ambiente, i semi transgenici contaminano e distruggono in modo irreversibile i semi biologici della stessa coltura. La colza gm della Monsanto, ad esempio, coltivata negli Stati Uniti a partire dal 1995, ha interamente soppiantato quella biologica. Oggi anche il mais, la soia, il cotone, la barbabietola da zucchero e persino l’erba medica possono subire la stessa sorte, perché la Monsanto ha introdotto sementi modificate per ciascuna di queste colture.
Dichiara Daniel Ravicher, direttore esecutivo del PUBPAT e docente alla “Benjamin N. Cardozo School of Law” di New York: “Alcuni ritengono praticabile la coesistenza tra colture transgeniche e biologiche, ma la storia insegna il contrario ed è nell’interesse finanziario della Monsanto eliminare le sementi biologiche in modo da conseguire il monopolio totale sulla produzione alimentare del paese”.
21/03/11
Argentina: nasce una nuova regione libera dagli agro-tossici
Fonte: Página/12, DaríoAranda
In Argentina è nata la seconda regione libera da agro-tossici. Si tratta un quartiere della città La Leonessa, provincia del Chaco, situato al confine con due grandi risaie a coltivazione industriale. Questa volta i limiti imposti dalla giustizia sono più estesi: è vietato irrorare agro-tossici a 1000 metri dalle abitazioni per via terrestre, a 2000 metri per via area e in corrispondenza dei corsi d’acqua. Sotto accusa, oltre al glifosate, è una lunga serie di sostanze tossiche impiegate nella coltivazione industriale della soia, oltre che del riso: endosulfan, matamidofos, picloram, clopirifos ecc …
Per la regione del Chaco si tratta della prima sentenza di questo tipo. Un rapporto redatto dalla “Commissione d’inchiesta sui contaminanti dell’acqua del Chaco” ad aprile 2010, ha rivelato che negli ultimi 10 anni i casi di cancro in bambini minori di 15 anni sono triplicati e le malformazioni neonatali sono aumentate del 400% nel dipartimento del Bermejo (La Leonesa). Tale impennata ha coinciso con il progressivo avanzamento della “frontiera agricola”. Le statistiche elaborate sulla base dei dati resi noti dagli ospedali pubblici non sono state divulgate dalle autorità, ma sono state successivamente pubblicate dai media. Dichiara Laura Mazzitelli, promotrice dell’azione legale insieme ad altri abitanti de La Leonesa: “I medici e la giustizia ci hanno dato ragione. Basta fare un giro per il quartiere per vedere i bambini colpiti dalle malformazioni o dal cancro: cos’altro aspettano i funzionari per riconoscere questo disastro?”.
19/03/11
Stati Uniti: Bayer condannata a pagare pesante indennizzo ai produttori di riso dell’Arkansas
Fonte: Arkansas Business News
La Bayer Crop Science dovrà versare a un consorzio di produttori di riso dell’Arkansas un risarcimento di 136 milioni di dollari per la contaminazione provocata dal suo riso gm LL601. Secondo il consorzio, la negligenza della Bayer è costata ai produttori dell’Arkansas perdite per 380 milioni di dollari a partire dall’agosto del 2006. In quella data, il Dipartimento dell’Agricoltura USA (USDA) ha annunciato che erano state rinvenute tracce del riso gm sperimentale della Bayer nel riso a grani lunghi statunitense. La contaminazione della derrata ha comportato per i produttori dell’Arkansas la perdita definitiva del mercato europeo. L’Unione europea, infatti, ha recentemente eliminato l’obbligo dei test imposto all’indomani dello scandalo per il riso proveniente dagli Stati Uniti, ma nuovi fornitori hanno ormai preso il posto di quelli statunitensi.
09/03/11
Argentina: ingerenze USA nel caso glifosate
Fonte: Página/12, Santiago O’ Donnell
Nuove intercettazioni di WikiLeaks rivelano che l’ambasciata degli Stati Uniti è intervenuta presso il ministero dell’Agricoltura argentino (SENASA) per difendere il glifosate. Un cablo del luglio 2009 dimostra che, allarmata dalla pubblicazione dei risultati di uno studio indipendente sul quotidiano argentino Página/12, l’ambasciata ha provveduto a fornire “informazioni riguardanti altri studi condotti sul glifosate” all’ente che ne ha autorizzato l’uso. La ragione di tale operazione di lobby è espressa chiaramente nello stesso cablo: “Il glifosate è l’ingrediente attivo del popolare erbicida Roundup. La Monsanto detiene la quota maggiore del mercato argentino (stimata al 40%) ed è pertanto la vittima circostanziale più prominente e vulnerabile degli attacchi”.
A gennaio 2009, davanti alle ripetute denunce della società civile e ai primi divieti emessi dalle autorità provinciali, il Presidente Cristina Kirchner ha disposto l’apertura di un’inchiesta ufficiale sui possibili effetti nocivi dell’erbicida. Lo studio è tuttora in corso e servirà a stabilire se il suo uso debba essere limitato o persino proibito. L’ambasciata statunitense confida che ciò non accadrà: “L’Argentina è un alleato di lungo corso degli Stati Uniti nella promozione delle biotecnologie in sede di negoziazione internazionale e la soia Roundup Ready (RR) è la principale coltura di esportazione del paese. Successivi contatti con il ministero dell’Agricoltura hanno assicurato che l’Argentina continuerà a sostenere le biotecnologie nei negoziati internazionali e nessuno dei nostri contatti ritiene che il governo possa arrivare a proibire l’uso del glifosate o la coltivazione della soia RR”.
08/03/11
Nuovo rapporto delle Nazioni Unite: largo all’agro-ecologia per combattere la fame nel mondo e i cambiamenti climatici
Fonte: I-SIS; Biofach
Un nuovo rapporto del relatore speciale per il diritto al cibo delle Nazioni Unite, Olivier De Shutter, dimostra che i metodi di coltivazione agro-ecologici possono accrescere la produttività dei campi più di qualsiasi “soluzione tecnologica” e combattere i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas nocivi.
Il rapporto “Agro-ecology and the right to food” (“Agro-ecologia e diritto al cibo”) è stato compilato a partire da un’analisi approfondita della letteratura scientifica presente in materia e presentato l’8 marzo 2011 al “Consiglio per Diritti Umani delle Nazioni Unite” di Ginevra.
Dichiara De Shutter in un’intervista rilasciata a Stephen Leavy di IPS: “L’agro-ecologia imita la natura, non i processi industriali. Al posto di input esterni come i fertilizzanti chimici, usa la conoscenza del modo in cui le piante, gli alberi e gli animali possono accrescere la produttività della terra combinandosi insieme”.
Secondo De Shutter, la produzione è aumentata del 214% in 44 progetti dell’Africa sub-sahariana gestiti con metodi di coltivazione agro-ecologici per un periodo di tempo compreso tra 3 10 anni.
La visione dominante vuole che l’agricoltura industriale sia in grado di massimizzare rese agricole ed efficienza. Un simile approccio, tuttavia, è sostenibile solo fino a quando vi è disponibilità di
combustibili fossili a basso costo e non si è chiamati a rispondere dei danni provocati all’ambiente.
“Il 40-50% delle emissioni di gas nocivi provocate dall’uomo si deve al modo in cui produciamo cibo”, conclude De Shutter. “L’agricoltura deve smettere di essere una delle maggiori fonti di emissioni dannose. L’agro-ecologia è in grado di stimolare la produzione nelle regioni più povere e riducendo allo stesso tempo le emissioni di sostanze nocive”.