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L’incredibile storia dei brevetti sulla materia vivente

                                                                                                       Fabrizia de Ferrariis Pratesi

La legge brevettuale degli Stati Uniti – che ha molto influenzato le leggi internazionali - è stata concepita nel XIX secolo (tempo in cui la tecnologia USA era arretrata rispetto a quella europea), con una interpretazione molto particolare della parola “novità” (questo il requisito più importante per ottenere un brevetto): essa consentiva (e consente anche oggi con il “Patent Act” che risale al 1952) di richiedere un brevetto su qualsiasi innovazione sconosciuta su territorio nazionale e non descritta in alcuna pubblicazione straniera.

A tale stranezza si è aggiunta, sempre in USA, la sentenza del 1980 della Corte Suprema, che ha consentito al microbiologo Chakrabarty di conseguire il brevetto su di un batterio geneticamente modificato: il primo organismo vivente ad essere brevettato nel mondo!

Da quel momento in poi, come preannunciato da Jeremy Rifkin, furono consentiti in USA, e poi nel resto del mondo, brevetti su qualsiasi essere vivente, o sua parte, con la sola esclusione del corpo umano intero, ma non delle sue parti, né del suo embrione.

Questa legge fu subito ripresa dal Giappone. Poi nel 1998 dall’Europa, con la direttiva europea ­98/44, nonostante l’azione molto forte di una coalizione di 28 Ong che tentarono di far sentire la loro voce... Impresa disperata, impossibile, davanti a quella che lo stesso relatore della direttiva, de Clercq, chiamò “la più forte azione di lobby nella storia del Parlamento Europeo”. Non vi era da stupirsi: le industrie chimico-farmaceutiche, alla ricerca di nuovi mercati e di nuovo potere, avevano investito cifre colossali nelle biotecnologie, chiamate “ l’oro del XXI secolo”.

Con la direttiva 98/44 il brevetto sul vivente viene consentito sfruttando il pretesto di una modifica genetica introdotta nell’organismo (ma talvolta anche senza: i geni umani, ad esempio, vengono brevettati quali sono, nel momento della scoperta). I brevetti sul vivente, coprendo tutta la discendenza, producono diritti (o royalties) ad ogni ciclo riproduttivo della pianta o dell’animale: rappresentano dunque, per chi ha conseguito il brevetto … un business colossale.

Ma l’opposizione a tali brevetti prosegue in Europa anche dopo l’approvazione della direttiva 98/44. Due associazioni antivivisezioniste: l’italiana “Equivita”, (all’epoca “Comitato Scientifico Antivivisezionista”) e la olandese “Dierenbescherming”, inducono i loro rispettivi governi a presentare ricorso contro di essa alla Corte Europea del Lussemburgo. La Norvegia sottoscrive il ricorso anch’essa, grazie agli accordi commerciali con la UE. Ma il ricorso dopo due anni viene respinto…

Incongruenze e illegalità che hanno caratterizzato la strategia, a molti ignota, della privatizzazione della materia vivente. Eccone un elenco molto parziale:

 1) Non sono stati rispettati diversi trattati internazionali come: la Convenzione sulla Biodiversità di Rio de Janeiro (1992), la Convenzione sulla Bioetica del Consiglio d’Europa (1996), la Dichiarazione dell’Unesco in difesa del Genoma Umano (1997), fatta propria dall’Assemblea Generale dell’ONU e inserita nella Dichiarazione dei Diritti Umani.

 2) Non è stato salvato il “bene comune” più importante: il patrimonio genetico del pianeta. Neppure è stato rispettato il concetto stesso del brevetto, che premia sempre un’invenzione, mai una scoperta

 3) L’EPO (Ufficio Europeo dei Brevetti) nato nel ’73 per uniformare la legislazione brevettuale europea di 19 nazioni per mezzo della EPC, la Convenzione Europea sui Brevetti (che, di fatto vieta i brevetti sul vivente) ha sempre agito in maniera ambigua.

Esso ha innanzitutto modifico, senza consultare gli Stati firmatari, la EPC nel suo regolamento applicativo, in modo da poter brevettare piante e animali prima ancora dell’approvazione della direttiva europea 98/44, (che comunque non lo autorizzava a farlo, dal momento che alla convenzione aderivano Stati non appartenenti alla UE).

  4) L’uso della “biopirateria” (prelievo nascosto di piante o animali nei paesi in via di sviluppo, dove la biodiversità è stata maggiormente conservata) non conosce più limiti, in quanto gli accordi internazionali sono fortemente influenzati dal “Patent Act” degli USA (vedi sopra).

  5) La direttiva 98/44, che riprende (anche in questo) la legge statunitense, autorizza i brevetti sulle parti del corpo umano: ciò reca un grave freno alla ricerca scientifica, aumentandone in modo smisurato i costi (in particolare dove il brevetto copre un gene responsabile di qualche malattia). Un esempio: Il giorno in cui Craig Venter, annunciando il desequenziamento del Genoma Umano (giugno 2000) dichiara di voler donare tale patrimonio di conoscenza all’Umanità, egli ha in realtà già brevettato molte migliaia di geni (circa 6.500).

 6) I brevetti sulle parti del corpo umano possono inoltre essere rilasciati senza il consenso dei loro proprietari: vedi il caso di John Moore, che si è visto brevettare delle cellule della milza senza essere neppure interpellato.

 A quali limiti estremi vogliono giungere i brevetti sul vivente:

L’EPO è divenuto lo strumento, in Europa, per l’attuazione di questa guerra sotterranea di conquista  condotta con gli Ogm (armati di brevetto). Gli Ogm, non avendo recato alcuno dei benefici promessi (né aumento di produzione, né riduzione dell’inquinamento, ma il contrario di tutto ciò) hanno reso evidente che la loro introduzione sul mercato ha avuto il fine primario di trasformare in proprietà privata il bene comune più prezioso: le risorse genetiche del pianeta,.

Oggi le industrie biotech conseguono, grazie all’EPO, il brevetto anche sull’intera filiera alimentare della pianta o dell’animale brevettato (ad esempio, sta per essere rilasciato all’Australia un brevetto sull’orzo che ricopre anche il pane, la pasta e la birra che ne derivano). Ma ciò che maggiormente preoccupa i cittadini europei - quando consapevoli di quanto sta avvenendo - è che l’EPO ha iniziato il rilascio di brevetti su piante e animali riprodotti con metodi convenzionali, ovvero “essenzialmente biologici”, per i quali né la Convenzione Europea dei Brevetti, né la Direttiva europea 98/44 danno l’autorizzazione. E’ stato scelto come “caso giuridico” o caso emblematico di questi brevetti: il broccolo EP10698199. Per questo brevetto era stato presentato un ricorso 3 anni, sul quale era in programma per il 26 ottobre una sentenza finale, da lungo attesa. Tale sentenza è stata all’ultimo momento annullata e il brevetto è stato convalidato! (vedi i Comunicati Stampa di Equivita, qui di seguito allegati).

Va detto che i brevetti su piante o animali riprodotti con metodi convenzionali erano già stati talvolta ottenuti (ad esempio per il tradizionale riso indiano Basmati e per l’albero di Neem, anch’esso di millenaria tradizione indiana, vedi qui sopra il punto 4) ma l’intervento molto energico delle ONG che sorvegliano l’opera dell’EPO, ne aveva ottenuto la restituzione.

Va inoltre sottolineato che L’EPO non dipende da alcuna Corte europea o internazionale, non essendo organo dell’Unione Europea, Questa extraterritorialità costituisce la sua forza. Contro i brevetti che esso rilascia si possono presentare ricorsi soltanto alla sua Corte interna (High Board of Appeal), che talvolta accoglie le istanze della Società Civile … ma molto spesso, non essendo una corte indipendente, riesce ad imporre la sua, a dir poco discutibile, interpretazione della legge (come nel caso recente del broccolo).

Il 26 ottobre scorso, data della mancata udienza sul broccolo, il Comitato Scientifico EQUIVITA, insieme alla coalizione europea “No patents on seeds”, di cui fa parte, e insieme ad una folta rappresentanza di cittadini e agricoltori, ha manifestato a Monaco davanti alla sede dell’EPO per dire “BASTA”.

La manifestazione ha avuto come scopo quello di indurre i Governi degli Stati Membri della UE e in particolare i Ministri dell’Agricoltura a non riconoscere i nuovi brevetti e a dotarsi di nuove leggi nel caso le leggi attuali non consentissero l’opposizione ad eventi di tale illegalità.

Considerazioni complementari:

Va ricordato che i brevetti sulla materia vivente fanno parte di una politica globale di privatizzazione che è uno dei pilastri dell’ideologia fino ad oggi imperante: il neoliberismo. Questa ideologia, propagandata da economisti e politici di ogni parte del mondo, ha fatto in modo che, senza saperlo, delegassimo ogni potere ad alcuni organismi internazionali (primo fra tutti il WTO, Organizzazione Mondiale per il Commercio). in modo che ogni decisione fosse presa dalle grandi corporations e dai governi più forti. Nelle loro mani erano le redini della politica e dell’economia mondiali, ed essi raramente prendevano in considerazione le difficoltà dei paesi invia di sviluppo, la tutela dell’ambiente, della salute, dei diritti umani.

Secondo il GATS, accordo generale sul commercio dei servizi (che fa parte del WTO) dovranno essere privatizzati, oltre ai beni comuni come l’acqua e le risorse genetiche (di cui abbiamo parlato qui) anche i “servizi”, ovvero: sanità, assistenza, istruzione, trasporti, energia e via dicendo … insomma tutto ciò costituisce lo stato sociale, tutto ciò che rappresenta le conquiste sociali di lunghi secoli di storia e di lotta per raggiungere la democrazia.

Le privatizzazioni ottenute con i brevetti sul vivente stanno accrescendo la differenza tra ricchi e poveri, stanno aumentando le ingiustizie sociali. Per quanto riguarda l’agricoltura esse fanno in modo che i paesi poveri perdano la loro sovranità e sicurezza alimentare (con gli agricoltori trasformati in “mezzadri” delle multinazionali d’occidente), che trascurino l’agricoltura di sostentamento necessaria a sfamare le loro popolazioni per destinare le coltivazioni all’esportazione (soprattutto all’alimentazione del bestiame di cui i paesi ricchi fanno un consumo smodato).

Conclusione:

Per salvare il bene comune più prezioso del pianeta, il suo Patrimonio Genetico, il Comitato Scientifico EQUIVITA si appella a tutti gli Stati Membri della UE affinché:
1)
non vengano oggi consentiti in Europa i brevetti sulle piante convenzionali;
2)
l’Unione Europea  inizi al più presto una revisione della direttiva 98/44, dando l’avvio nel mondo intero ad un divieto globale ai brevetti sulla materia vivente.



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