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Ogm e brevetti
di Fabrizia Pratesi con la collaborazione di Carmen Dell'Aversano
Per: NO GLOBAL, da Seattle a Porto Alegre. Le ragioni di un movimento che può cambiare il mondo
Scheiwiller editore 2002
1 – Le radici di un viaggio, le ragioni di un impegno
Malgrado le tante battaglie combattute insieme, qualcosa di fondamentale ha sempre diviso me e mio marito Fulco Pratesi nel nostro rapporto con gli animali: lui, pur conoscendoli e capendoli più di chiunque altro, ha sempre dato maggiore peso alla salvaguardia della biodiversità e si è sempre battuto per la sopravvivenza di una specie piuttosto che per la tutela dei loro diritti. Per me invece le considerazioni più importanti, in relazione agli animali come agli uomini, riguardano il benessere e la loro qualità o dignità di vita: il mio amore per gli animali, come quello per gli esseri umani, si concretizza nella lotta contro l'oppressione e lo sfruttamento e per l'affermazione di alcuni fondamentali diritti, in primo luogo il diritto di non soffrire.
L’incontro con Hans Ruesch, il celebre autore di “Imperatrice nuda” - libro che ha dato, a livello mondiale, il massimo impulso all'antivivisezionismo scientifico - è stato determinante nella mia decisione di dedicare ogni energia alla causa antivivisezionista. Ugualmente importanti sono stati, più tardi, gli incontri con Pietro Croce e Gianni Tamino, scienziati di grande valore professionale e di straordinario rigore etico, compagni di lunghi anni di battaglie.
Fu l’avere scoperto inoltre che la sofferenza indescrivibile di 500 milioni di animali sacrificati ogni anno nei laboratori di tutto il mondo rappresentava non un aiuto ma piuttosto un ostacolo a qualsiasi reale progresso nelle discipline biomediche che mi fece scegliere, tra le innumerevoli cause in difesa delle quali la nostra esistenza può acquisire un significato, quella della lotta alla vivizione. Nel dare il mio piccolissimo contributo a promuovere il benessere degli animali avrei dato così anche il mio piccolissimo contributo a promuovere il benessere dell’umanità.
Questa decisione ha cambiato la mia vita e non l’ ho mai rimpianta.
A misura che gli eventi mondiali, in grande parte tragici, si susseguono e che la mia vita scorre, sono sempre più profondamente convinta che non occorra essere altruisti per scegliere la strada dell'amore e del rispetto per il prossimo, di qualsiasi specie esso sia. Ogni torto che si fa agli altri, che si tratti di individui o di collettività, di singoli animali, di intere specie o di sistemi naturali, questo torto finirà sempre per ritorcersi contro di noi.
2 - Nascita del FIN e del CSA
L'urgenza di far conoscere la mancanza di fondamento del metodo vivisezionista indusse me ed un gruppo di amici, tutti determinati ad impegnarsi in questa lotta, a costituire il FIN o "Fondo Imperatrice Nuda contro la sperimentazione animale", che iniziò la sua attività con un convegno internazionale di medici antivivisezionsti, nel 1989.
Nacque poco dopo il CSA, Comitato Scientifico Antivivisezionista, promosso da “Imperatrice Nuda” e LAV, Lega Anti Vivisezione (ma gestito dalla prima delle due associazioni), con il compito di testimoniare, in ogni occasione, la totale inesistenza di basi scientifiche su cui si basa il metodo di sperimentazione animale. Il CSA costituisce “un punto di riferimento per tutti i medici e scienziati i quali - liberi dai condizionamenti di una cultura che antepone profitti commerciali e gratificazioni professionali al progresso ed alla salute del cittadino - vogliono far sentire la loro voce per un totale rinnovamento delle metodologie di ricerca e della cultura scientifica.”
Il CSA, che al momento conta 350 iscritti (medici e scienziati che negano la validità scientifica delle prove su animali), si oppone all’odierna visione riduzionista (o “meccanicista”) dell'essere vivente che si accompagna alla sperimentazione animale e che considera gli esseri animati una somma di pezzi, ciascuno dei quali - come quelli di una macchina - può essere isolato, riparato o sostituito. Tale visione trascura l’enorme complessità delle relazioni esistenti tra le diverse parti di ogni organismo vivente, ed anche tra l’organismo stesso e l’ambiente circostante. Non desta dunque stupore che il Comitato Scientifico Antivivisezionista sia stato, sin dall’inizio degli anni ‘90, la prima organizzazione in assoluto ad intraprendere in Italia la lotta contro l'uso illegittimo delle manipolazioni genetiche, che rappresentano la manifestazione più estrema di questa visione riduzionista della scienza e della vita.
3 – I Consiglieri Bioetici della UE
Per quanto mi concerne, però, la strada da percorre è stata tracciata anche da un singolo episodio avvenuto svariati anni fa, impresso nella mia memoria e che ebbe un'influenza determinante nella decisione da me presa di lottare contro gli OGM ed i brevetti sul vivente.
Nel maggio del 1996 fui invitata in Parlamento ad una conferenza del GCEB, il Gruppo dei Consiglieri per l'Etica delle Biotecnologie della Commissione Europea, in pratica il Comitato Bioetico dell’Unione Europea, in cui figura un rappresentante per ogni stato dell’UE (l’Italia era rappresentata da Stefano Rodotà). Il gruppo emette, sui diversi temi di attualità che riguardano la bioetica, dei “pareri” che per legge non sono vincolanti, ma che certo sono di grande peso in ogni decisione successiva della UE in tale ambito. In quella occasione esso doveva rendere noto un parere riguardante la creazione di animali transgenici.
Recandomi alla conferenza, ero sicura che i consiglieri, a causa della loro funzione istituzionale, avrebbero richiamato la nostra attenzione sulle gravissime incertezze etiche riguardanti, ad esempio, la produzione di chimere uomo-animale o di esseri senzienti, come l'oncotopo, manipolati e “creati” al solo scopo di essere destinati ad una vita di sofferenze atroci. La mia sorpresa fu ben grande nel constatare che tale dibattito non ebbe luogo e che i consiglieri emisero, all’unanimità, senza che si levasse una sola voce contraria, un parere favorevole alla creazione di animali transgenici, senza alcuna restrizione. Il mio dissenso, che espressi con fermezza nell’unico intervento “esterno” di quella conferenza, non ebbe alcuna replica.
Ancora oggi ripensando a quel giorno provo un fortissimo senso di impotenza e di rabbia per il fatto che decisioni così rilevanti, non solo per l'umanità, ma per il futuro dell'intero pianeta, siano affidate a persone che non hanno alcun rispetto per il ruolo che svolgono, né per l'etica che dovrebbero tutelare.
4 – Dall’antivivisezionismo scientifico ai no-global ed a Porto Alegre
Battersi contro l'uso improprio delle manipolazioni genetiche e contro la diffusione degli Ogm (Organismi geneticamente manipolati) significava battersi in primo luogo contro i brevetti sulla materia vivente, i quali, concedendo diritti di sfruttamento economico esclusivo sui più vari organismi con il pretesto delle modifiche “migliorative” apportate al loro genoma, rappresentano l'incentivo più potente alla loro indiscriminata diffusione. E questa fu la battaglia principale che il CSA intraprese: una battaglia di estrema importanza in Europa, poiché, sin dal 1988, la Commissione Europea aveva presentato una proposta di legge, o direttiva, “per la tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche”, che proponeva la brevettabilità di tutto quanto è vivente su questo pianeta.
Senza volerlo, il piccolo ma assai determinato CSA si era mosso per primo nella direzione del tema politico, sociale, scientifico, filosofico, ambientale ed etico che nessuna delle più grandi ONG, o organizzazioni non governative italiane, aveva ancora mai affrontato, ma che sarebbe stato, al sorgere del XXI° secolo, il tema degli scontri più accesi sia a livello nazionale che mondiale, sia negli ambienti politici che in quelli scientifici, sia tra i consumatori che tra i difensori dei diritti civili.
Da allora, ed in particolare dal 1995 (anno in cui uscì la nostra prima campagna intitolata “le manipolazioni genetiche sono uno scherzo orrendo che facciamo ai nostri figli”), il lavoro del CSA è andato crescendo a dismisura. Le sue iniziative miravano da un lato ad informare l’opinione pubblica sui temi in cui maggiormente veniva tenuta all’oscuro (anzi, veniva disinformata) e dall’altro a cercare di influenzare (come più di una volta è riuscito a fare) gli umori e le decisioni politiche a livello nazionale ed anche a livello europeo.
L’ azione sotterranea svolta dal CSA potrebbe essere paragonata a quella di un piccolo corso d’acqua che col passare del tempo si unisce ad altri corsi d’acqua sotterranei, che insieme ad altri ancora, alcuni sconosciuti, altri solo localmente noti, confluiscono tutti insieme per creare una sorgente, finalmente a tutti visibile, e poi un fiume imponente, ovvero un movimento: il grande movimento “no-global” .
Il minimo comune denominatore di tutte le innumerevoli componenti del movimento no-global che si è ritrovato a Porto Alegre, in Brasile, all’inizio del 2002, di tante, tantissime componenti che hanno le più variegate estrazioni (comprendono difensori dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, dell’agricoltura, della salute, dei popoli del terzo mondo, della salute umana, degli animali, dei principi di giustizia e democrazia, ecc. ecc.) è la volontà, molto ferma in ognuna di esse, di creare, in modo pacifico, “con molta umanità, con molta solidarietà e con molto coraggio” – sono le parole della canzone del Forum Social Mundial – quel mondo migliore che è possibile … Sì, di certo è possibile, perchè altrimenti non oseremmo incrociare lo sguardo dei nostri bambini, dei nostri nipoti.
Insieme ai Verdi italiani ed europei, insieme alle innumerevoli ONG di tanti altri paesi con le quali ha condiviso le battaglie e con le quali ha costituito numerose alleanze, il CSA ha partecipato a tutte le manifestazioni che in questi ultimi mesi hanno visto crescere il movimento chiamato “no-global”, il cui nome – va subito precisato – non è del tutto indovinato: il movimento riconosce la realtà ed anche la necessità di una globalizzazione, ma vuole che essa riguardi in primo luogo i diritti dell’uomo e dell’ambiente, oggi più che massacrati da una globalizzazione soltanto mercantile. Nell’anno 2000 il CSA ha preso parte alle manifestazioni di: Davos (gennaio), Genova (maggio), Millau, (con José Bové, giugno), Praga (settembre), Monaco (contro l’Ufficio Europeo dei Brevetti, novembre), Nizza (dicembre). Nell’anno 2001 era presente: nelle tragiche giornate di Genova (luglio), nella marcia di Assisi (settembre). Infine, nel 2002: a Porto Alegre, per il Forum Social Mundial (gennaio-febbraio), a Roma, per il vertice della FAO (giugno) ed a Johannesburg per il Vertice Rio+10 (agosto-settembre).
5 - Il riduzionismo porta a due errori fondamentali
Abbiamo detto che la sperimentazione animale e la manipolazione genetica - ovvero la creazione di organismi geneticamente modificati per un maggiore sfruttamento da parte dell’uomo – sono accomunate dalla stessa visione riduzionista della scienza e della materia vivente: vorrei illustrare meglio come ciò abbia costituito, in ambedue i casi, un presupposto scientifico errato.
Nell’utilizzo della sperimentazione animale: è il presupposto che l’animale, usato come modello di laboratorio, possa dare, negli esperimenti delle risposte orientative per l’uomo. sappiamo bene oggi che purtroppo non è così: come denunciano scienziati semprepiù numerosi (recentemente dalla rivista “Science” che si chiede “ma allora perché?”), le reazioni alle diverse cure o sostanze chimiche variano immensamente da una specie all’altra, come del resto variano anche le malattie (quasi nessuna di quelle umane contagia l’animale). Tra una specie e l’altra differiscono, oltre all’anatomia, la fisiologia, anche l’immunologia (basti pensare che i cani bevono acqua dalle pozzanghere ed i gatti si pulisocno leccandosi), la genetica, l’istologia e la tossicologia. L’aspirina uccide i gatti e la penicillina le cavie, che possono però mangiare la stricnina, e così via… A causa del numero infinito di differenze, ovvero di variabili, che intercorrono tra una specie e l’altra, se talvolta una specie animale ha fornito la stessa risposta dell’uomo, ciò avviene per una circostanza casuale, e lo si saprà solo dopo avere effettuato la sperimentazione clinica su quest’ultimo. L’avere insistito nelle prove su animali è stato causa di colpevolissimi ritardi nell’individuare le cause di alcune malattie, come ad esempio nel caso del fumo e dell’amianto per quanto riguarda il cancro. L’insistere oggi ancora nelle prove su animali è una delle ragioni prime per cui le prove di tossicità sono inattendibili, per cui in tutto il mondo si susseguono gli scandali farmacologici (ne cito uno per tutti: quello, nel 2001, dei farmaci anticolesterolo, dei quali il più noto in Italia era il Lipobay). E’ una delle ragioni prime per la grave incidenza sulla salute dei “danni da farmaci” e delle malattie iatrogene (malattie provocate dalle cure mediche) che sono diventate, ad esempio negli US ed in Germania, la 4a causa di morte.
La verità è che nessuna specie vivente può essere modello sperimentale di un’altra. La sperimentazione animale ha quasi sempre usurpato all’osservazione clinica il merito delle conquiste scientifiche (si vuole verificare nell’animale qualsiasi osservazione clinica fatta sull’uomo, e ciò ha spesso ritardato il progresso della medicina) ed è frequentemente causa di uno scarso controllo e rigore nella successiva sperimentazione fatta sull’uomo, unica vera cavia, spesso inconsapevole, di ogni nuova terapia. E’ un’illusione credere di poter estrapolare dall’una all’altra specie i risultati forniti in laboratorio. Del resto, se una sostanza uccide le cavie ma sconfigge le infezioni batteriche nei ratti senza provocare loro alcun danno, che effetto avrà sull’uomo? Lo sapremo solo sperimentandola su di esso. Oggi sappiamo che questa sostanza, la penicillina, è uno dei farmaci più efficaci nella medicina umana, ma sappiamo anche che, se a suo tempo fosse stata provata sulle cavie, sarebbe stata certamente scartata.
E non potremo mai sapere quante migliaia di farmaci che potrebbero salvare vite umane vengono abbandonati ogni anno perchè non superano il vaglio arbitrario ed irrazionale della sperimentazione sugli animali.
Nell’utilizzo delle manipolazioni genetiche: esattamente lo stesso errore è alla base della manipolazione genetica. Anche in questo caso, chi trasferisce un gene da un organismo all'altro parte parte da una visone semplicistica e standardizzata dei fenomeni biologici e degli esseri viventi, che crede di poter scomporre e ricreare, a suo piacimento, come si trattasse di un gioco di Lego. (Nota 1)
La grande complessità degli ecosistemi e l’equilibrio tra le specie naturali è il risultato di un processo lungo che dura da centinaia di milioni di anni. Nonostante quanto afferma la propaganda delle industrie biotech - la manipolazione genetica è qualitativamente assai diversa dalla selezione naturale o dalla selezione che si è sempre fatta attraverso gli incroci, in quanto il trasferimento di geni avviene tra specie – talvolta anche appartenenti a regni diversi - che non avrebbero mai potuto incrociarsi spontaneamente in natura.
Quanto sia infondata la presunzione di poter governare a piacimento i processi biologici è evidente nel grossolano fallimento della tecnica della clonazione: sono recenti le dichiarazioni dello scienziato scozzese Jan Wilmut, diventato famoso quale “padre” della pecora Dolly, che ha messo in guardia chi annunciava di voler clonare l’essere umano, denunciando che dei rischi incomprensibili e incontrollabili determinano negli animali clonati la comparsa di malformazioni. E dire che alla nascita di Dolly, la clonazione animale era, da lui come dal mondo intero, considerata un grandissimo successo…
Del resto già alla nascita di Dolly il CSA aveva denunciato come la clonazione animale potesse avere solo due finalità, ambedue inaccettabili: la prima di condurci a piccoli passi verso la clonazione umana - e questo si sta verificando, basti dire che sia l’Ufficio Brevetti Europeo che quello statunitense hanno rilasciato un brevetto per la clonazione dell’embrione umano - per giungere ad una nuova eugenetica o selezione della nostra razza (con verosimili giganteschi introiti dai “designer babies”, o bambini su ordinazione). La seconda di produrre industrialmente, senza i tempi lunghi e la non-standardizzazione della riproduzione naturale, gli animali “da reddito” modificati geneticamente per meglio soddisfare le nostre esigenze di sfruttamento (va ricordato che le modifiche genetiche introdotte in un animale hanno tendenza a disperdersi nelle generazioni successive: la clonazione, se funzionasse, non solo eviterebbe questo inconveniente, ma consentirebbe di avere “prodotti” tutti identici).
6 – Chi opera questo doppio errore e con quale fine:
Manipolazione genetica e sperimentazione animale sono del resto sorelle anche per nascita: ambedue sono state promosse, sostenute ed imposte, talvolta subdolamente e talvolta molto palesemente, dagli stessi gruppi industriali (in inglese definiti “corporations”) che costituiscono il potere economico più grande del pianeta. Si tratta delle antiche industrie chimico-farmaceutiche, oggi autoribattezzatesi “life science industries” o “industrie delle scienze della vita”, Con la sperimentazione animale esse ottengono, grazie alle leggi oggi esistenti, una facile tutela giuridica ed anche la possibilità, variando la specie animale utilizzata o le condizioni dell’esperimento, di programmare la risposta, di mettere in commercio ciò che esse desiderano. Con le manipolazioni genetiche esse ottengono, sempre grazie alle leggi in vigore in US, UE e Giappone che concedono i brevetti sul vivente (e vedremo in seguito quanto sia stata grande la loro capacità di influenzare l’avvento di queste nuove leggi), di avere un controllo sempre più esteso e globale su tutto ciò che è attinente alla nostra vita, in particolare l’alimentazione, noncuranti dei gravi effetti collaterali che l’imposizione del binomio OGM-brevetti avrà sul nostro pianeta (Nota 2)
7 - La strada tracciata da Jeremy Rifkin
La nostra attività contro Ogm e brevetti ci consentì, negli anni ‘90, di conoscere ed ascoltare un altro grande protagonista dei nostri tempi, l’economista americano Jeremy Rifkin, pioniere del movimento sin dagli anni’70, e che nel ’98 venne in Italia a presentare l’edizione italiana del suo libro “Il secolo biotech”.
Rifkin già allora aveva profetizzato ciò che solo oggi ad alcuni di noi appare evidente: la battaglia sul fronte delle biotecnologie è la battaglia più impegnativa del XXI secolo, nella quale si fronteggiano due modi diversi e incompatibili di intendere la vita e la società: quello che vuole ridurre tutti i valori al profitto economico e quello che vuole salvaguardare e promuovere l'esistenza di valori irriducibili al profitto.
Nel momento attuale, in cui il mondo si trova a passare dall'era della fisica e della chimica all'era della biologia – spiega Rifkin - vi è la concomitanza di alcuni eventi molto nuovi ed importanti per la storia dell'umanità:
Il primo è la scoperta della doppia elica del Dna (1953), che ha trasformato il patrimonio genetico nella più importante materia prima disponibile: negli anni ’70, per la prima volta, balena nella mente dell'uomo la possibilità di creare nuovi organismi viventi, o di modificare quelli esistenti, prescindendo completamente dai vincoli strutturali e temporali dell'evoluzione.
Il secondo è uno degli eventi più sconcertanti degli ultimi decenni: la concessione, da parte di svariate istituzioni giuridiche, dei brevetti sulla materia vivente, ovvero sulle piante, gli animali e le parti del corpo umano. Tali brevetti conferiscono alla materia vivente un inedito ed elevatissimo valore commerciale. Generalmente è coperto da brevetto ciò che è modificato geneticamente.
Il terzo evento è l’improvviso avvento della tecnologia informatica, che consente l’archiviazione di tutte le nuove conoscenze genetiche;
Il quarto evento, anch’esso di notevole impatto, è la globalizzazione degli scambi commerciali: essa permette quella che viene chiamata biopirateria (esproprio delle risorse genetiche, da parte di ricercatori o industrie a coloro che le hanno conservate e valorizzate) ed accelera la diffusione degli OGM, organismi geneticamente modificati.
Se noi non ci opporremo all'azione congiunta di queste forze, dice Rifkin, il pianeta sarà entro breve tempo ridisegnato da alcuni potentissimi gruppi industriali, che agiranno a loro uso e consumo poiché potranno rivendicare la proprietà privata e l’uso esclusivo delle piante, degli animali e delle varie componenti del corpo umano.
Possiamo dunque a nostra volta concludere che la battaglia sulle biotecnologie è forse la più importante di quante (e sono davvero tante) il movimento “no-global” che si è ritrovato a Porto Alegre ha messo sul tappeto.
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8 - La legge del più forte: breve storia dei brevetti sulla vita
Abbiamo già ripetutamente parlato di brevetti e sarà a questo punto opportuno, per meglio capire il tema delle biotecnologie, approfondire un poco il concetto e la storia del brevetto.
Il brevetto (ovvero l’“accertamento amministrativo della paternità dell’opera dell’ingegno” , secondo Zanichelli) è un'istituzione giuridica che tutela, per un periodo di tempo determinato (in genere quindici o vent'anni), l'inventore di un macchinario, di un prodotto chimico o di un procedimento industriale, e gli assicura l'esclusiva sullo sfruttamento commerciale della sua invenzione. Lo scopo del brevetto è quello di tutelare la creatività umana. Come si è arrivati ad estendere alle scoperte scientifiche un istituto giuridico nato per essere applicato nell'industria? Come si è arrivati ad equiparare ad invenzioni le scoperte ed a macchine le forme di vita? La risposta a queste domande è indispensabile per comprendere alcune delle più gravi aberrazioni del meccanismo giuridico che attualmente governa le sorti di tutti i paesi del mondo.
Il brevetto negli US: Una comprensione dello stato mondiale della legislazione sui brevetti non può prescindere da un esame della legge brevettuale americana. Le normative americane sui brevetti furono istituite nel diciannovesimo secolo, ed avevano come principale finalità quella di creare un terreno favorevole all'importazione di innovazioni tecnologiche nel nuovo continente. Di conseguenza il criterio di novità da soddisfare per la concessione dell'esclusiva brevettuale venne definito in maniera decisamente peculiare; per poter essere oggetto di un brevetto un'innovazione doveva soddisfare due condizioni: 1) non essere già in uso negli USA, e 2) non essere stata descritta in pubblicazioni negli USA o in paesi stranieri.
Questo significa che tecnologie e macchinari che al di fuori degli USA erano di uso così comune da non dover essere oggetto di pubblicazioni, come la produzione del sale e i battelli a vapore, poterono essere brevettati negli USA. E’ evidente che questa legislazione brevettuale fu promulgata in un'epoca in cui gli Stati Uniti erano tecnologicamente arretrati rispetto a molti altri paesi, soprattutto europei, e aveva la funzione di incoraggiare l'importazione negli USA di tecnologie e macchinari già in uso comune all'estero. Ma l’aberrante definizione di "novità" fu mantenuta nel US Patent Act del 1952, dove la sezione 102 elenca esplicitamente, come unici criteri validi per determinare il diritto all'esclusiva brevettuale, i due che abbiamo appena descritto. I veri problemi cominciarono, tuttavia, quando, con la ratifica definitiva dell'accordo TRIPS, Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale legati al commercio), avvenuta nel 1994, la legislazione brevettuale americana fu estesa a tutto il mondo attraverso il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio). Quella che secondo ogni logica sarebbe dovuta essere un'aberrazione passeggera, una distorsione strumentale e temporanea di un concetto giuridico che in tutto il resto del mondo, almeno dal diciannovesimo secolo, era completamente contrastante con quello americano, diventò così la base indiscutibile della legalità in tutti i paesi, e cominciò immediatamente a dare origine a una sequela di abusi riguardanti i settori più diversi, dall'informatica ai prodotti farmaceutici. (Nota 3)
Il primo organismo vivente brevettato: Per la questione dei brevetti sulla vita fu ugualmente decisivo, tuttavia, un altro episodio della storia del sistema giuridico americano: la sentenza della Corte Suprema che nel 1980 concesse al microbiologo Ananda Chakrabarty, che lavorava per la General Electric, l'autorizzazione a brevettare un batterio geneticamente modificato che riusciva a scindere le molecole di petrolio grezzo, e che avrebbe dunque potuto dimostrarsi utile nel ripulire le zone colpite da disastri petroliferi. L'ufficio brevetti degli USA aveva inizialmente respinto la richiesta di Chakrabarty, con la motivazione che i batteri, come tutte le specie viventi, non erano brevettabili; ma il ricorso dello scienziato contro l'Ufficio brevetti alla Corte Suprema fu approvato con una maggioranza di cinque voti contro quattro. La sentenza Chakrabarty divenne il fondamento giuridico dei brevetti sugli OGM e la sua applicazione fu presto estesa al di là di ogni immaginazione. l'Ufficio brevetti americano cominciò infatti, senza che alcuna legge lo autorizzasse e senza che vi fosse alcun dibattito parlamentare, a concedere brevetti su sequenze geniche, interi organismi vegetali e animali o parti di essi, e su geni e parti del corpo umano “purchè riproducibili industrialmente” (brevettare un intero organismo umano continua ad essere proibito in quanto implicherebbe qualcosa di simile alla schiavitù, che la Costituzione americana esplicitamente condanna nell'art. 13). La brevettabilità, che la sentenza della Corte suprema aveva già esteso dalle macchine e dai procedimenti industriali agli organismi geneticamente manipolati, veniva ad essere estesa dalla prassi dell'Ufficio Brevetti Americano alle scoperte scientifiche, che pure erano esplicitamente escluse da brevettabilità secondo la legislazione vigente.
Va precisato che dal punto di vista concettuale la scoperta della sequenza di un gene è del tutto equivalente a quella di un elemento della tavola periodica o, ai giorni nostri, di una particella subatomica (dal punto di vista tecnico è addirittura più semplice: il sequenziamento dei geni è un procedimento di routine). Ma il fatto che, appunto, le scoperte scientifiche fossero esplicitamente escluse dalla brevettabilità nella legislazione di tutti i paesi del mondo non ha frenato la corsa ai brevetti sul vivente: i brevetti già concessi sono stati usati come precedente per uniformare la legislazione brevettuale a una prassi giuridica ormai considerata normale.
Il brevetto in Europa: Ma le aberrazioni giuridiche non riguardano soltanto la legislazione degli Stati Uniti. La stessa legislazione degli USA è stata prontamente ripresa dal Giappone e, il 12 maggio 1998, il Parlamento Europeo ha approvato la cosiddetta "Direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche" (98/44/EC), che autorizza la brevettazione di interi organismi di piante ed animali, nonchè di parti, organi e geni di qualsiasi essere vivente, compreso l'uomo, senza alcuna necessità di informare il "donatore" o di procurarsi il suo consenso. E’ interessante osservare che nel marzo 1995 aveva avuto luogo al Parlamento Europeo la votazione definitiva su una direttiva sui brevetti praticamente identica alla 98/44/EC, che questa era stata respinta a larga maggioranza e che tra il 1995 e il 1998 non hanno avuto luogo elezioni europee: i parlamentari che il 12 maggio 1998 hanno approvato a larga maggioranza la direttiva sono dunque le stesse persone che a larga maggioranza l'avevano respinta senza appello il primo marzo del 1995. Questo sorprendente voltafaccia è stato il risultato di due fattori.
Il primo è senza dubbio quello che lo stesso De Clercq, presidente della Commissione Giuridica dell'UE che presentava la direttiva, non ha esitato a definire "la più vasta azione di lobby nella storia dell'Unione Europea", riferendosi naturalmente alle aziende biotech (che oggi vogliono essere chiamate “industrie delle scienze della vita” …).
Il secondo è la struttura stessa del sistema politico dell'Unione Europea: nell'UE, infatti, l'iniziativa legislativa spetta alla Commissione Europea, che è un organismo fortemente elitario e non elettivo, mentre il ruolo del Parlamento è semplicemente quello di esprimere un parere su progetti di legge formulati dalla Commissione. L’impressione che si ha è che nel momento in cui la Commissione decide di far passare una legge, a furia di riproporla ci potrà sempre riuscire. La seconda impressione è che la pressione dei poteri economici sulla Commissione sia molto forte. Ma questa pressione non viene esercitata solo sull’UE, bensì sui governi del mondo intero.
Quello dell'Unione Europea non è che uno degli innumerevoli casi, nell'attuale struttura del sistema politico mondiale, in cui la decisione ultima ed effettiva su questioni politiche di primaria importanza spetta ad un organo che non risponde in alcun modo ai cittadini e che si trova ad operare al riparo dalle verifiche dell'opinione pubblica.
L’azione dell’EPO: Ma le anomalie giuridiche europee, sulla questione dei brevetti, vanno ben oltre quanto già espresso. Nel territorio dell'Unione Europea, e in altri 5 paesi europei tra cui la Svizzera, le questioni relative ai brevetti, tutti i brevetti, sono regolate da una legislazione specifica, la Convenzione Europea sui Brevetti (detta Convenzione di Monaco), approvata nel 1973 e che nacque con il fine di unificare la legge brevettuale in questi 20 paesi. La Convenzione di Monaco viene applicata da un organismo internazionale appositamente costituito nella stessa data ed insediato a Monaco di Baviera, denominato EPO, European Patent Office (Ufficio Brevetti Europeo). La Convenzione Europea sui Brevetti esclude univocamente dalla brevettabilità la materia vivente con l'articolo 53b che stabilisce che: "le singole varietà vegetali o le razze animali" non possono essere brevettate. La Corte di Appello dell'EPO stesso dichiarò successivamente che qualunque pianta geneticamente modificata andava considerata una varietà vegetale, se la modificazione era stabile, e che di conseguenza le richieste di brevetto riguardanti i vegetali transgenici erano illegittime. Gli attacchi a questa normativa da parte delle industrie biotech cominciarono nel 1992, con la richiesta di un brevetto sul cosiddetto oncotopo, un topo da utilizzare nei laboratori di sperimentazione, che era “programmato” per ammalarsi di cancro; l'articolo 53 venne eluso formulando la richiesta in maniera che essa riguardasse non soltanto la specie "topo", ma qualsiasi mammifero non umano che possedesse le stesse caratteristiche. Come affermarono le circa 200 ONG, organizzazioni non governative, che presentarono immediatamente ricorso contro il brevetto, era come eludere una legge che proibisce la bigamia sostenendo che invece la poligamia è permessa (lo stesso trucco viene usato per ottenere brevetti sulle varietà vegetali)
Le richieste di brevetti su geni, parti del corpo vegetale, animale e umano (come le cellule ematiche del cordone ombelicale) e interi organismi continuavano ad affluire all'EPO, che talvolta concedeva brevetti contro cui le ONG presentavano immediato ricorso, ma che era costretto in generale a metterli da parte. All'improvviso, il 16 giugno 1999 il consiglio di amministrazione dell'EPO, con la motivazione che 1.500 richieste di brevetto giacenti non potevano attendere ulteriormente, prese l'iniziativa di modificare il Regolamento Applicativo della Convenzione Europea sui Brevetti inserendovi i principali articoli della direttiva 98/44/EC, all’epoca non ancora recepita da alcuno dei singoli stati della UE. Dal momento però che, come abbiamo visto, la Convenzione del 1973 proibiva esplicitamente la brevettazione del vivente e la Direttiva invece la permette, questo significava stravolgere il contenuto della Convenzione, significava sostituire il divieto con il pieno consenso, significava agire nell’illegalità..
L’impossibilità di reagire ad un’ingiustizia: L’illegalità dell’azione del Consiglio di amministrazione dell’EPO è stata doppiamente grave.
In primo luogo, l’EPO ha preso l'iniziativa di modificare la legislazione che disciplina il suo stesso comportamento, sostituendosi agli organi legislativi legittimi, ovvero ai Governi degli stati aderenti alla Convenzione, che, essi soli, avrebbero potuto, con una conferenza diplomatica, modificare tale accordo.
In secondo luogo esso ha imposto come legge una direttiva dell'UE a paesi, quali la Svizzera, che non fanno parte dell'Unione ed ai quali essa non era destinata.
Il fatto che l'EPO derivi le proprie entrate dai diritti che riscuote sui brevetti concessi, e che quindi abbia un diretto interesse economico nell'ampliare il più possibile il campo del brevettabile, getta su tutta la faccenda una luce ancora più preoccupante.
Per molti mesi – fin tanto che il CSA non l’ha scoperta e resa nota in tutta Europa – l’azione illegale dell’EPO è rimasta sconosciuta a tutti. Ma averla resa pubblica non ha recato alcun vantaggio pratico, l’EPO essendo anch’esso uno di quegli organismi internazionali che agiscono impunemente senza controllo, né da parte dell’opinione pubblica, né da parte di un qualsiasi organo di controllo istituzionale. Dal momento che l’EPO non è organo dell’Unione Europea, esso non dipende dalla Corte Europea del Lussemburgo, né da alcuna altra Corte. Ancora una volta, ci siamo trovati davanti a chi prende le decisioni ultime ed effettive su questioni politiche di primaria importanza senza rispondere in alcun modo ai cittadini.
9 - Perché questa immensa spinta ai brevetti in tutti i continenti?
La brevettazione è lo strumento grazie al quale un bene o un processo vengono trasformati in prodotti vendibili o acquistabili, in prodotti, e per la dottrina del libero scambio, che vede in tutto ciò che costituisce una “barriera al commercio” il crimine supremo, ogni cosa deve divenire un prodotto. Ma, soprattutto, i brevetti fanno parte dei piani di un gruppo di aziende transnazionali genetico-industriali che si sono prefisse il controllo della concezione, produzione, lavorazione e commercializzazione del prodotto più essenziale e più diffuso esistente: il cibo.
Per giungere a questo controllo occorreva avere l’esclusiva delle risorse genetiche ed il controllo della loro riproduzione.. I brevetti, che nel caso della materia vivente coprono tutta la discendenza, rendono possibile questo controllo.
10 - La strategia delle industrie
Tutta la questione diventerà più chiara considerando alcuni esempi di brevetti realmente concessi dall'EPO (Nota 4): risulterà allora evidente che le industrie biotecnologiche brevettano sistematicamente qualsiasi scoperta genetica, anche se non hanno la più pallida idea delle sue potenzialità pratiche o applicazioni commerciali.
Inoltre, i brevetti su prodotti effettivamente sviluppati (come la soia resistente al Roundup) vengono estesi a piacere fino a coprire una varietà e quantità illimitata di organismi, senza che la ditta che richiede il brevetto abbia alcun obbligo di dimostrare la propria effettiva capacità di applicare il procedimento a questi nuovi prodotti.
Lungi dal promuovere l'economia o dal tutelare la ricerca, questi "brevetti pigliatutto" hanno l'unico effetto (e l'evidente scopo) di istituire un regime di monopolio, in cui il primo a scoprire una sequenza genica o un procedimento biotecnologico può impedire a chiunque altro di farne un qualsiasi uso (anche se il nuovo uso non ha alcuna relazione con quello descritto nel brevetto). Egli potrà anche esigere diritti illimitatamente alti per concederne l'utilizzo. E' evidente che un tale regime giuridico permette alle industrie sufficientemente grandi e potenti di liberarsi di qualunque forma di concorrenza, non già sviluppando prodotti nuovi e strategie di mercato effettivamente competitive, ma semplicemente spaventando a morte i concorrenti con la prospettiva di lunghe e costose azioni legali. Come in moltissimi altri casi, una normativa il cui scopo ufficiale è quello di portare a una maggiore liberalizzazione del mercato, rivela, ad un'analisi appena più approfondita, la sua natura di strumento di monopolio messo a punto attraverso una collusione tra il potere legislativo e l'interesse dei maggiori gruppi industriali. (Nota 5)
11 - Diritti sì, doveri no
Non si spiegherebbe altrimenti l'anomalia più vistosa e preoccupante della legislazione brevettuale in materia di OGM: le stesse industrie che sono riuscite, in spregio a norme giuridiche universalmente riconosciute, a farsi riconoscere diritti di sfruttamento esclusivo su scoperte scientifiche e su organismi esistenti in natura, hanno anche il più possibile ostacolato l'etichettatura dei propri prodotti. Questo atteggiamento è contraddittorio da un punto di vista logico (se gli OGM sono così simili ai prodotti naturali da non dover essere identificati da una specifica etichetta, dov'è la "novità sostanziale" che la legge esige come presupposto indispensabile alla concessione di un brevetto?), ma si spiega molto bene dal punto di vista di un'altra logica, quella di non volersi assumere la responsabilità civile (che solo le etichette consentono di accertare). In tutti gli altri casi, il brevetto (ad esempio di un macchinario o di un medicinale) implica non solo la tutela economica del possessore del brevetto, ma anche la possibilità per i consumatori di rivalersi su di lui per eventuali danni causati dall'uso dell'invenzione brevettata. Nel caso degli OGM invece, le industrie, pur pretendendo di avere diritto alla tutela economica concessa dal brevetto, rifiutano, nel caso di incidenti, di assumere le responsabilità che vanno insieme a questo diritto. Ciò implica che le responsabilità ricadranno per intero sullo Stato, quali che siano gli incidenti: danni economici, aumento di casi si allergie, epidemie causate da nuovi virus (in ossequio al principio della new economy: "il privato guadagna, il pubblico paga").
Su questo tema il dibattito in Europa ha fortunatamente portato il Parlamento Europeo, con un recente voto, a scegliere la strada della tracciabilità degli OGM, ovvero dell’”etichetta di processo”, che segue il percorso degli alimenti dalla semina fino al nostro piatto.
13 – Azione contro la direttiva sui brevetti prima del voto
Per meglio capire l’attività del nostro movimento e la strategia dei nostri avversari, tracciamo una breve sintesi del lavoro fino ad oggi svolto dal CSA. insieme ai molti suoi alleati.
Negli anni in cui iniziammo a lottare contro la direttiva europea "per la tutela delle invenzioni biotecnologiche" le industrie biotech non avevano ancora trovato gravi ostacoli sul loro cammino. Erano riuscite, già nel 1980, ad introdurre la brevettabilità di un organismo vivente negli Stati Uniti, ottenendo senz’altro uno dei cambiamenti più rivoluzionari della storia degli ultimi anni, non soltanto dal punto di vista economico-commerciale ma anche da quello filosofico-etico; infatti fino a quel momento, in nessuna parte del mondo era mai stato concepito un brevetto sulla materia vivente. Entro i pochi anni successivi la brevettabilità fu estesa negli Stati Uniti a tutta la materia vivente con l'esclusione del corpo umano, ma non delle sue parti (e tra "le sue parti" figurano sia l'embrione che i geni). Le industrie erano riuscite a influenzare anche il FDA, Food and Drug Adminsitration, ente di controllo statunitense considerato integerrimo, il quale, contro il parere dei suoi stessi scienziati, affermò il principio della "sostanziale equivalenza" tra OGM e organismi naturali, aprendo così le porte ad una diffusione incontrollata degli OGM nell'ambiente.
Ma le difficoltà iniziarono, per le industrie, nel momento in cui decisero di conquistare il mercato europeo e di far approvare una analoga normativa sui brevetti anche in Europa. La direttiva sui brevetti - che ricalcava la legge USA – proposta dalla Commissione Europea già nell'88 fu respinta nel '95 grazie all’appassionato intervento del parlamentare verde italiano Alexander Langer. Tuttavia, le procedure legislative dell’Unione Europea non impedirono alla Commissione di ripresentare la stessa identica proposta di legge prima della fine dello stesso anno. La reazione immediata del CSA e di tutte le associazioni che, come la nostra, si erano occupate del problema, fu quella di far circolare appelli, subito sottoscritti da molte decine di ONG italiane. Successivamente costituimmo una coalizione europea contro i brevetti sulla materia vivente, chiamata ECOBP, European Coalition On Biotechnology Patents. La sottoscrissero 38 ONG, originarie di ogni Stato membro. Il CSA, rappresentante italiano, fu instancabile nell'organizzare, con il sostegno dei Verdi, convegni, conferenze stampa, manifestazioni, lettere ai membri dei parlamenti europeo ed italiano. Dario Fo, appena insignito del Premio Nobel della letteratura per il '97, accettò di essere il testimone della nostra campagna e venne con noi a Strasburgo per parlare ai deputati europei. I risultati del nostro impegno furono subito evidenti in Italia: il nostro Governo cambiò all'ultim'ora il voto sulla direttiva al Consiglio dei Ministri Europeo (dal sì all'astensione: va ricordato che l'Italia era stata fino a quel momento la nazione trainante a favore della direttiva), ed inoltre ben tre documenti contro la direttiva furono emessi dal nostro Parlamento: alla Camera, il Documento conclusivo di una Indagine Conoscitiva sulle biotecnologie in Commissione Agricoltura ed una Risoluzione nella Commissione Affari Sociali: al Senato, un Ordine del Giorno, votato a maggioranza in aula e sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza. Credevamo di essere ben armati per opporci alle lobby delle "industrie delle scienze per la vita" (che si sarebbe tentati di chiamare "contro la vita"). Ma non era così. Il 12 maggio del '98, a Strasburgo, malgrado le vistose manifestazioni che avevamo inscenato anche lì, il Parlamento Europeo approvò la direttiva, che, seguendo la procedura di codecisione (Consiglio e Parlamento), era già stata approvata dal Consiglio dei Ministri. Fu registrata con la sigla 98/44/CE.
14 – Azione contro la direttiva sui brevetti dopo il voto
Lo sdegno e la rabbia ci indussero a riprendere la battaglia con maggiore accanimento ancora. Già all'indomani del voto partì dal CSA l'appello a tutte le altre ONG della ECOBP per lavorare su di un ricorso, un ricorso che poteva essere presentato solo dai Governi degli Stati membri dell’UE. Il lavoro immenso che iniziò in quel momento per noi e per l'associazione antivivisezionista olandese Dierenbescherming (l'unica che aveva risposto all'appello) aveva come fine di indurre i nostri due governi, italiano ed olandese, a presentare ricorso contro la 98/44. Le perizie legali che ciascuno di noi riusciva ad ottenere venivano prontamente tradotte dall'altro ed utilizzate in ambedue le nazioni per agire sul governo. L’impegno estenuante fu coronato da successo: il governo olandese votò per primo a favore del ricorso e quello italiano lo sostenne poco dopo. Un successo quasi insperato (in Italia vi era stato nel frattempo un cambiamento di governo, da Prodi a D'Alema), dovuto principalmente alla scelta che i nostri esperti legali avevano fatto degli argomenti di illegittimità della legge: occorre spiegare infatti che per presentare un ricorso alla Corte Europea non si deve entrare nella discussione del merito della legge, ma se ne deve fare una valutazione solo dal profilo tecnico-legale. Ed il primo degli argomenti di illegittimità scelti da ambedue i governi fu quello, da noi suggerito, della base giuridica errata sulla quale si era basata la discussione della direttiva, ovvero la scelta dell’articolo 100A del Trattato (mentre avrebbe dovuto essere l’articolo 130). Con la scelta del 100A si era potuto far passare il testo con un voto a maggioranza qualificata e si era attivata la discussione solo nell’ambito del Consiglio dei Ministri dell’industria e del Commercio, mentre con l’articolo 130 sarebbe stato necessario il voto ad unanimità e nella discussione sarebbero stati coinvolti i Consigli dei Ministri dell’Ambiente, della Sanità, dell’Agricoltura, come era indispensabile per un tema di questa portata. All’attenzione della Corte Europea fu anche segnalato il contrasto della direttiva non solo con la Convenzione Europea sui Brevetti, ma anche con la Convenzione di Rio de Janeiro sulla Biodiversità, con la Dichiarazione in Difesa del Genoma umano dell’Unesco - che poi fu inserita nella Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, nel dicembre del ’98 – con la Convenzione sulla Bioetica del Consiglio d’Europa, ed altre ancora…
15 - Come agisce la Commissione Europea:
Intanto la nostra azione proseguiva su tutti i fronti: il CSA promosse, sostenuto da Mobilitebio (una coalizione italiana di associazioni), una campagna di cartoline indirizzate a Prodi, inviate da ogni parte d'Europa, per chiedere che, prima ancora della sentenza della Corte Europea sul ricorso presentato, egli prendesse l’iniziativa di proporre una revisione della direttiva. Furono spedite 130.000 cartoline da ogni angolo d’Europa. Insieme a Grazia Francescato, mi recai da Prodi per un colloquio e gli descrissi molto a lungo i vari aspetti dell'emergenza. Egli replicò che capiva la gravità della situazione e che avrebbe riflettuto…. Ma quando sull’uscio della porta gli chiesi delle nostre cartoline e mi disse che non ne aveva vista neppure una (benchè molte migliaia, da una successiva indagine che feci, fossero state protocollate dal suo ufficio) mi resi conto che non potevo fare affidamento su alcun impegno e che il famoso dialogo con i cittadini europei non ci sarebbe mai stato. Infatti le promesse di approfondire i contenuti della direttiva non ebbero alcun seguito
Mi resi conto che i sacrifici eroici ed il sangue versato per la conquista dei diritti sociali da generazioni di nostri antenati avevano portato a risultati di assai breve durata, poiché oggi la democrazia è una parola vuota ed il regime in cui si vive viene stabilito dagli unici veri poteri mondiali, che non sono i governi, ma i poteri economici .
16 - Noi abbiamo ragione, ma loro vincono.
In quanto agli effetti della direttiva, iniziavano ad essere molto più noti, grazie anche alla polemica nascente negli Stati Uniti e crescente e dismisura in tutto il mondo. Si incominciava a parlare di inquinamento genetico, di rischi per la salute e per l'ambiente, di abbattimento della biodiversità e del grave danno per le economie dei paesi in via di sviluppo. Il rifiuto agli Ogm partiva dai consumatori (quelli più informati), per passare ai distributori di cibo, poi ai produttori, poi agli agricoltori e qualche volta contagiava anche i capi di governo più audaci, che cercavano di opporsi all’importazione dei vegetali modificati, invocando il principio di precauzione (ma frequentemente dovevano poi piegarsi, come nel caso della Bolivia e della Croazia, davanti alle minacce di un ricorso al WTO,). L’UE stessa del resto, pur avendo ceduto in pieno sul fronte dei brevetti, mostrava un atteggiamento abbastanza rigido nel non consentire la commercializzazione degli Ogm, riguardo alla quale numerose direttive erano (e sono tuttora) in discussione. Le notizie sul fronte degli investimenti nel campo delle biotecnologie agricole erano tutt'altro che buone e gli stessi US dovevano ridurre le superfici coltivate a transgenico, a causa della poca domanda dei prodotti. Iniziavano inoltre a venire alla luce gli scandali - anche questi da noi preannunciati - legati alla concessione dei brevetti sui geni umani e gli istituti di ricerca si ribellavano davanti all’ostacolo che essi rappresentavano per la ricerca. Inoltre, l'opinione pubblica iniziava a capire che il brevetto sulla clonazione dell'embrione umano poteva comportare gravi problemi etici ed i Comitati Nazionali di Bioetica Francese ed Italiano, anche se con notevole ritardo, esprimevano la loro condanna a tutti i brevetti sul corpo umano.
Lo stesso Parlamento Europeo che aveva approvato la Direttiva votava due risoluzioni che la contraddicevano vistosamente: una contro i brevetti su tutto il vivente, una contro i brevetti sul corpo umano.
Contemporaneamente altri governi oltre a nostro (che l'aveva chiesta poco prima dello scadere del governo D'Amatoi) iniziavano a chiedere a Bruxelles una revisione della direttiva. Tra questi la Francia, la Germania ed il Lussemburgo.
Ma malgrado una situazione generale per noi abbastanza confortante, La Corte Europea, in totale sprezzo di tante preoccupazioni espresse da ogni parte, respinse, con una sentenza del 9 ottobre 2001, il ricorso presentato da Olanda e Italia contro la 98/44. Al nostro ricorso aveva aderito anche la Norvegia, la quale ne aveva diritto, pur non essendo membro della UE, in quanto aderente all'EEA, European Economical Agreement.
Questa decisione della Corte aveva sancito, sul fronte europeo, la nostra sconfitta e la vittoria delle multinazionali.
17 – Una nuova speranza: il Trattato per la Condivisione del Patrimonio Genetico
Ma una strada più ampia e promettente si era già aperta davanti a noi.
Era il progetto di un “Trattato Internazionale per la Condivisione del Patrimonio Genetico”, ideato da Jeremy Rifkin, presidente della “Foundation on Economic Trends” - del ruolo determinante del quale abbiamo già parlato - e promosso da una coalizione di Organizzazioni Non Governative di tutto il mondo (in cui il CSA è, oltre alla più piccola, l’unica organizzazione europea). Il Trattato, cui hanno già aderito 400 altre ONG da ogni continente (Nota 6) è stato ufficialmente presentato a Porto Alegre in occasione del Forum Social Mundial , il 02/02/02.
Tra i promotori di questa iniziativa vi sono nomi molto noti tra gli ambientalisti, come Vandana Shiva (Research Foundation for Science, Technology and Ecology), Pat Mooney (ex RAFI, oggi dell’Action Group ETC), Mark Ritchie (IATP, Institute for Agriculture and Trade Policies), a Bill Christison (Family Farmers Union), rappresentanti di Via Campesina e molti altri nomi di rilievo.
Il fine ambizioso che tale iniziativa si prefigge è di cambiare la legislazione sui brevetti a livello internazionale, sopratutto introducendo il concetto che il patrimonio genetico del pianeta è un bene collettivo, che non può essere privatizzato da alcuno, sia esso un individuo, un'azienda, o un'istituzione. Il concetto del Trattato (che viene proposto come bozza) è che la sovranità degli stati sul patrimonio genetico - delle specie viventi e degli individui che si trovano nei loro confini - include il diritto a tutelarlo ed a gestirlo per il bene comune, ma non include assolutamente quello a farne un uso commerciale.
In questa iniziativa, che dall’inizio del 2001 ha visto numerosi incontri e seminari organizzati dai suoi promotori, è riposta oggi ogni nostra speranza. La nostra speranza è molto semplice: è quella che non venga consentito ad un gruppetto di 3 o 4 multinazionali il possesso della materia vivente del pianeta per un loro uso privato ed esclusivo, per esercitare un dominio ed un controllo su tutte le nostre più importanti attività (in particolare quelle attinenti alla salute ed all’alimentazione); è dunque la speranza di poter mantenere il controllo della nostra vita.
Nel recarci a Porto Alegre per la Presentazione del Trattato e nel partecipare all’emozionante incontro del popolo “no-global” avevamo anche la convinzione che proprio la tematica degli OGM e dei brevetti sulla vita possa rappresentare, per la sua straordinaria rilevanza, la sua notevole complessità e il suo impatto multiforme sulla vita quotidiana in tutti i paesi, a prescindere dal loro livello di "sviluppo", il punto di partenza per un'aggregazione trasversale e fattiva di tutte le correnti del movimento. Da Seattle ad oggi il movimento è cresciuto: si è espanso numericamente, ha coinvolto realtà sociali, geografiche e ideologiche sempre più variegate. E’ persino riuscito a conquistarsi un posto nella sonnolenta coscienza dei media dei paesi industrializzati. L'opposizione alla globalizzazione è ormai reale quanto la globalizzazione stessa. Ma si tratta di una realtà ancora frammentata: la sua multiforme e imprevedibile ricchezza rappresenta anche un ostacolo all'elaborazione di iniziative comuni a medio termine che adesso sarebbero più che mai necessarie, non soltanto per dare corpo e visibilità al movimento presso l'opinione pubblica dei più vari paesi, ma anche per creare un'abitudine quotidiana di cooperazione tra realtà tanto diverse, per creare una risorsa immediatamente accessibile anche in occasioni future
"Il Trattato per la condivisione del patrimonio genetico" e, più in generale, la lotta agli OGM e ai brevetti sul vivente hanno tutti i numeri per diventare una eccellente occasione per il movimento di mostrare, con i fatti, che "un mondo migliore è possibile" e per convincere forse anche gli schieramenti politici di sinistra dei vari paesi occidentali, oggi in piena crisi di identità, a rendersi conto che solo questi sono i temi che oggi possono dare loro un senso ed una identità comune.
Se noi perdiamo la battaglia contro chi vuole espropriare il nostro comune patrimonio genetico, contro chi ha condotto questa subdola, sotterranea “III Guerra mondiale” per la conquista, solo apparentemente incruenta, di tutto il pianeta, perderemo probabilmente tutte le altre battaglie.
Fabrizia Pratesi de Ferrariis
Ha collaborato: Carmen Dell'Aversano
Nota 1:
Gli OGM
Per comprendere la sostanza del dibattito sui rischi degli OGM occorre ricordare che con entrambe le tecniche usate per l’inserimento di DNA estraneo nel corredo genetico di un organismo vivente (la prima consiste nello sparare microproiettili nel nucleo cellulare, la seconda nell’utilizzare dei virus vettori), l'inserimento del gene estraneo avviene in un punto a caso della catena del DNA, e modifica in maniera imprevedibile la sequenza genica dell'organismo ospite. Ma questa sequenza non è casuale: essa è regolata da leggi precise, pur se ancora quasi del tutto ignote: l'ingegneria genetica, insomma, spara letteralmente nel mucchio, destabilizzando in maniera imprevedibile l'ordine del genoma dei più vari organismi. Ma quello genetico è un codice che serve per trasmettere informazioni, sulla produzione di proteine; un'analogia abbastanza chiara per comprendere le distorsioni prodotte dalla manipolazione genetica è quella con il codice che usiamo per comunicare: l'alfabeto, in cui è evidente che una differenza di una sola lettera può portare enormi cambiamenti nel significato (un esempio: "forte" e "morte"), e dove anche differenze che riguardano unicamente la posizione possono stravolgere il senso (Gianni ferisce Francesco / Francesco ferisce Gianni); inoltre la combinazione di elementi più semplici ha risultati imprevedibili (circo + stanza = circostanza).
Analogamente, l'inserimento di geni estranei ha effetti imprevedibili sull'azione dei geni vicini a causa della complessità delle relazioni che legano le diverse parti del genoma ed anche a causa della fluttuazione degli elementi di quest’ultimo. Dal momento che il compito dei geni è produrre proteine, il nuovo gene inserito causerà la produzione di proteine estranee all'organismo che lo ospita, e potrà inibire o alterare la produzione di proteine essenziali, o modificarne la quantità. Questo vuol dire che la manipolazione genetica può, ad esempio, innescare nelle piante alimentari la produzione di sostanze tossiche o allergeniche, anche se gli organismi modificati si presenteranno come totalmente identici agli organismi naturali.
Il genoma di ogni singolo organismo è come un contratto che la vita stipula con se stessa, specificando come l'organismo reagirà a una serie di condizioni ambientali e modificherà queste stesse condizioni; le attuali tecniche di manipolazione genetica sono l'equivalente di un programma di videoscrittura che inserisse parole e frasi a caso nella formulazione dei contratti: E’ evidente che un notaio che ne facesse uso sarebbe considerato un irresponsabile. Lasciamo a voi il giudizio sulle industrie che impongono al mercato questi prodotti e sugli organi di governo che ne permettono la diffusione.
L'uso di virus come vettori per permettere ai geni estranei di penetrare nelle cellule rappresenta un ulteriore motivo di allarme: si tratta di meccanismi messi a punto con il preciso fine di permettere la trasmissione di geni tra specie diverse, ed una volta che saranno stati immessi nell'ambiente, la loro attività non potrà in alcun modo essere controllata o limitata.
Inoltre, per verificare che l'inserzione dei geni estranei nell'organismo ospite abbia avuto successo, viene spesso usata come contrassegno la resistenza agli antibiotici; questo tratto non viene eliminato alla fine della fase sperimentale, ma resta a far parte del patrimonio genetico della gran parte degli OGM, anche quando essi vengono diffusi nell'ambiente. E’ stato dimostrato in laboratorio e molto recentemente anche in vivo che la resistenza agli antibiotici si trasmette ai batteri dell’intestino umano. Ciò può vanificare l’uso di medicinali talvolta indispensabili e creare un gravissimo problema sanitario.
Nota 2
Effetti degli OGM sulla salute e sull’ambiente
Dal momento che le attuali conoscenze scientifiche - come denunciano numerosi scienziati - non consentono di prevedere gli effetti del trasferimento di un gene, i brevetti sul vivente, nel dare luogo ad una vasta diffusione di OGM, comportano gravi rischi per la salute e l’ambiente, i cui equilibri naturali possono in mille modi risentire dell'introduzione di organismi che non hanno subito il vaglio della lunga selezione naturale nei millenni.
Riassumendoli nei punti principali:
Salute: oltre ai rischi derivanti dal maggiore uso di sostanze chimiche - in particolare per quanto concerne il glifosato - vi sono rischi, documentati, nell'assunzione di cibi transgenici: aumento di allergie, trasmissione della resistenza agli antibiotici ai batteri dell'intestino umano (dimostrato anche da un recente studio in vivo), intossicazione da sostanze tossiche impreviste prodotte dalla nuova molecola, danni possibili causati dai virus usati per il trasferimento dei geni, danni possibili derivanti dal consumo di prodotti di animali nutriti con vegetali transgenici, ecc. ecc.
Ambiente: le caratteristiche immesse nel nuovo organismo si possono trasferire agli organismi circostanti (come già avvenuto con la resistenza ai diserbanti), creando piante infestanti; le tossine introdotte nella pianta modificata per distruggere gli insetti predatori possono distruggere specie non nocive (vedi la farfalla monarca), o creare il fenomeno di resistenza nell'insetto nocivo (come sta avvenendo ovunque negli US con il mais Bt e la piralide); il DNA modificato può essere trasmesso attraverso i pollini ed insetti, che raggiungono distanze molto elevate e vanificano qualsiasi tentativo di segregazione tra colture transgeniche e colture tradizionali
Inoltre, dal momento che vengono favorite alcune, poche, specie vegetali di maggiore interesse per le grandi aziende detentrici dei brevetti, che hanno come interesse di uniformare le colture, sarà fortemente ridotta la preziosa biodiversità.
In aggiunta a tutto ciò, va precisato che l’introduzione delle biotecnologie in agricoltura non comporta alcuno dei vantaggi ripetutamente annunciati dalle aziende: si è dimostrato che le colture transgeniche - che dovrebbero “sfamare il mondo” – producono in realtà, secondo numerosi studi fatti nei vari continenti, leggermente di meno (dal 7 al 10%) delle colture tradizionali. Questo senza menzionare il fatto che, per risolvere il problema della fame nel mondo, non occorre una maggiore produzione di cibo (il cibo è in esubero), ma una politica internazionale che non costringa le popolazioni povere a trasformare la loro agricoltura di sussistenza in agricoltura da esportazione, e che, anzichè trasformarle in coloni delle multinazionali detentrici di sementi e brevetti, restituisca loro la sovranità alimentare.
Nota 3:
Un caso esemplare: le sementi "Roundup Ready" della Monsanto
Il brevetto, concesso alla Monsanto dall'Ufficio Brevetti Europeo (EP 546090), riguarda "una pianta resistente al glifosato [...] scelta nel gruppo composto da mais, grano, riso, soia, cotone, barbabietola da zucchero, colza, canola, lino, girasole, patata, tabacco, alfalfa, pioppo, pino, melo e pompelmo", nonchè "un metodo per il controllo selettivo delle erbacce in un campo [...] piantando i summenzionati semi o piante resistenti al glifosato [...] e applicando alle suddette piante e alle erbacce una quantità sufficiente di glifosato."
Nella propaganda agli OGM si sostiene spesso che le piante manipolate per renderle resistenti agli erbicidi (che costituiscono circa il 70% delle piante transgeniche oggi seminate) riducono l’uso di sostanze chimiche; ciò è privo di senso: una pianta viene resa resistente agli erbicidi per poter sopportare una quantità maggiore di questi ultimi, e quindi rappresenterà per gli agricoltori che la seminano un potente incentivo ad usare più erbicidi . Oltre a generare un circolo vizioso incontrollabile, questa politica non considera il fatto che gli erbicidi, non sono tossici solo per le piante, ma anche per l’uomo. Un esempio è proprio il Roundup, prodotto dalla Monsanto e tra gli erbicidi più venduti nel mondo, ed il cui principio attivo è il glifosato, che ha effetti gravemente tossici sull'uomo.
Ma è altrettanto importante considerare che il brevetto EP 546090 concede alla Monsanto il monopolio su una varietà impressionante di organismi vegetali che esso controlla per tutta la discendenza delle piante per i successivi quindici anni. Come per ogni acquisto di sementi modificate, gli agricoltori vengono informati che "conservare o vendere i semi perchè vengano ripiantati rappresenta una violazione dei diritti brevettuali della Monsanto che sarà perseguita a norma di legge." Come se non bastasse, il brevetto copre anche il processo di semina e la somministrazione dell'erbicida; questo dà alla Monsanto il diritto di stabilire quando e a che condizioni gli agricoltori potranno piantare i semi acquistati e servirsi dell'erbicida. La Monsanto attraverso il brevetto acquisisce dunque il controllo sull'intero processo produttivo: gli agricoltori che piantano semi di piante resistenti al glifosato diventano praticamente dei dipendenti della Monsanto.
Nota 4:
Alcuni esempi di brevetti realmente concessi dall'EPO
1) Il brevetto riguardante "un seme di soia che, coltivato, darà origine ad una pianta di soia il cui genoma comprende un gene estraneo, che ha la capacità di causare l'espressione di un prodotto genico estraneo nelle cellule della pianta di soia" (EP 301 749). Questo brevetto, ottenuto dalla ditta biotecnologica Agracetus, copre tutti i semi di soia transgenici, senza peraltro specificare in alcun modo le caratteristiche e i procedimenti specifici della loro produzione (quali geni vengono usati e dove vengono inseriti, a quali caratteristiche danno origine eccetera). Non sorprendentemente, parecchie altre ditte che stavano effettuando ricerche sulla soia transgenica hanno contestato quella che a tutti gli effetti è l'imposizione di un monopolio; tra coloro che hanno presentato opposizione al brevetto vi è stata la Monsanto, che però ha successivamente optato per un'altra strategia: ha comprato la Agracetus ottenendo così anche i diritti sul brevetto.
2) Il brevetto concesso alla Biocyte, riguardante le cellule ematiche provenienti dal cordone ombelicale di feti e neonati; il brevetto concede alla Biocyte il controllo completo su ogni operazione di estrazione e uso delle cellule, nonchè su qualsiasi applicazione terapeutica delle stesse; naturalmente, le cellule possono essere usate senza il consenso dei "donatori".
3) La richiesta di brevetto (WO/9604928) presentata dalla HGS/ Smith-Kline Beecham: recettore di peptidi collegato al gene della calcitonina. La richiesta fa riferimento ad un solo gene che ha una funzione in parecchi processi metabolici. La HGS/ Smith-Kline Beecham afferma (senza presentare prove) nella richiesta di brevetto che il gene ha a che fare con malattie assai disparate "cancro, artrite, dolori, diabete, emicrania, [...] obesità [...] malattie della crescita ossea"; la precisa funzione del gene in relazione a tutte queste patologie non viene nè descritta nè spiegata. La HGS/ Smith-Kline Beecham non menziona alcun uso pratico del gene e non presenta piani per lo sviluppo di prodotti curativi. Questo non impedisce alla ditta di reclamare diritti sul gene, su tutte le proteine che esso serve a produrre nonchè su tutte le varianti di tali proteine, e ovviamente su tutte le loro potenzialità terapeutiche o diagnostiche. La stessa ditta ha già presentato, oltre a questa, più di cento richieste di brevetto formulate nello stesso modo.
Nota 5:
Come funziona il mondo oggi
1) Con gli accordi internazionali (in particolare il WTO), i governi dei vari paesi si sono impegnati, per consentire maggiori investimenti sul loro territorio, a favorire le regole commerciali anche a discapito di quelle che tutelano i cittadini e l’ambiente. E’ per questa ragione che oggi i governi proteggono sempre meno i cittadini e sempre più le multinazionali.
2) Con la liberalizzazione degli scambi e degli investimenti, le imprese possono spostare senza impedimento la loro produzione da un paese all’altro, preferendo quindi i paesi che hanno meno obblighi sociali (minore protezione del lavoratore e costo del lavoro, minore protezione dell’ambiente, minori tasse per le imprese…)
3) Con la privatizzazione dei servizi sociali (Sanità, Trasporti, Energia, Acqua, Scuola, ecc.) e tramite gli accordi del WTO si consente a qualunque impresa di qualunque paese di controllare questi settori: tutti i servizi pubblici saranno privatizzati e regolati dal maggior profitto (aumento dei ricavi, riduzione dei costi) e non da obiettivi sociali.
4) Con la possibilità di trasferire liberamente i capitali si consentono fusioni tra imprese con la conseguente concentrazione dei capitali in monopoli sempre più grandi, i quali portano, prima o poi, a: riduzione dei salari, peggioramento della qualità, aumento dei prezzi.
5) Gli investimenti in un paese vengono o direttamente dalle imprese o dal Fondo Monetario Internazionale, che eroga prestiti tramite la Banca Mondiale.
6) Le condizioni che la Banca Mondiale pone per concedere prestiti ai governi sono chiamate “Aggiustamenti strutturali”, sulla base di certi parametri che sono le condizioni ritenute necessarie dal FMI perché i suoi investimenti siano remunerativi: sono le condizioni che pone per concedere i prestiti e sono condizioni esclusivamente economiche: anche qui, riduzioni di tasse per le imprese, costruzione di infrastrutture pagate dai cittadini, riduzione dei salari, riduzione dell’assistenza sociale e degli standard ambientali, in modo che le imprese possano essere più produttive e più interessate ad investire.
7) Sulle decisioni del Fondo Monetario hanno più influenza i paesi più potenti, in particolare gli Stati Uniti, ed esso concede prestiti soprattutto in funzione dei vantaggi che ne derivano a questi.
8) La produttività delle imprese determina il reddito degli azionisti che non sono necessariamente nazionali, ma di qualunque paese. L’interesse di questi azionisti però non è di lasciare la ricchezza nel paese, bensì di portarla via (vedi il caso Argentina)
9) Un elemento che contribuisce alla ricchezza delle imprese è il possesso dei brevetti, che concede loro una posizione di monopolio rispetto al prodotto di cui detengono il brevetto.
La maggior parte dei brevetti (95%) appartengono ad imprese dei paesi occidentali.
10) Le regole brevettuali consentono oggi di brevettare le scoperte oltre che le invenzioni, per cui:
- Chi scopre che una certa pianta può servire per un certo uso può brevettarla, anche se già usata dalle popolazioni che la possedevano.
- Chi scopre che un elemento del nostro corpo (ad esempio un gene) con una funzione che prima non si conosceva, può brevettarlo.
- Chi modifica una pianta o un animale, o una sua parte, può brevettare l’organismo intero: da cui la corsa di tutte le ditte a modificare le piante o gli animali.
11) In tal modo, un po’ alla volta, tutto quello che noi usiamo e con cui viviamo sarà brevettato dalle multinazionali.
12) Questi meccanismi potranno portare ad una maggiore ricchezza monetaria nel mondo, ma con queste conseguenze:
- L’aumento di ricchezza va verso chi possiede i capitali produttivi, la tecnologia, i brevetti, mentre gli strati sociali più deboli diventano sempre più poveri, in qualunque paese del mondo (USA ed UE inclusi). Dunque le disuguaglianze aumentano.
- A chi non possiede le ricchezze rimane solo il lavoro (e non sempre): quindi diventa sempre più povero e vessato, sempre più disponibile alla ribellione e ad eventuali azioni terroristiche.
Nota 6:
Iniziativa per il trattato per la condivisione del patrimonio genetico del pianeta (8a Bozza)
Dichiariamo le seguenti verità, universali e indivisibili:
- Il valore intrinseco del patrimonio genetico della Terra, in tutte le sue forme e manifestazioni biologiche, precede la sua utilità e il suo valore commerciale e deve dunque essere rispettato e salvaguardato da tutte le istituzioni politiche, commerciali e sociali;
- Il patrimonio genetico della Terra, in tutte le sue forme e manifestazioni biologiche, esiste in natura e non deve dunque essere dichiarato proprietà intellettuale, anche se isolato e sintetizzato in laboratorio;
- Il patrimonio genetico globale, in tutte le sue forme e manifestazioni biologiche, Ë un'eredità condivisa e pertanto una responsabilità collettiva.
Inoltre:
Poichè la nostra crescente conoscenza della biologia ci conferisce l'obbligo specifico di essere gli amministratori della conservazione e del benessere della nostra specie, come anche delle altre creature terrestri;
- Le nazioni del mondo dichiarano che l'eredità genetica della Terra, in tutte le sue forme e manifestazioni biologiche, costituisce un patrimonio globale da proteggere e custodire da parte di tutti i popoli e dichiarano altresÌ che i geni ed i prodotti da essi codificati, nella loro forma naturale, isolata o sintetizzata, come anche i cromosomi, le cellule, i tessuti, gli organi e gli organismi, inclusi gli organismi clonati, transgenici e chimerici, non potranno essere dichiarati informazioni genetiche commercialmente negoziabili o proprietà intellettuale da parte di governi, imprese commerciali, altre istituzioni o privati.
- I promotori del presente trattato - che includeranno gli stati firmatari e le Popolazioni Indigene - concordano altresì di amministrare il patrimonio genetico come un trust. I firmatari riconoscono ad ogni nazione e patria il diritto sovrano e la responsabilità di custodire le risorse biologiche all'interno dei propri confini e di stabilire come queste debbano essere gestite e condivise. Tuttavia, poichè l'eredità genetica, in tutte le sue forme e manifestazioni biologiche, costituisce un patrimonio globale, essa non può essere messa in vendita da qualsivoglia istituzione o privato quale informazione genetica. Nè potrà, a sua volta, un'istituzione o un privato, rivendicare un qualsiasi diritto di proprietà intellettuale sull'informazione genetica.
- La ricchezza monetaria viene prodotta usando i beni naturali del pianeta, che non sono protetti dalle regole del commercio mondiale (WTO) e di conseguenza l’ambiente si degrada sempre di più.
- Lo sviluppo della tecnologia non comporta solo un trasferimento di ricchezza da chi non possiede la tecnologia a chi ce l’ha, ma sostituisce il lavoro umano automatizzandolo in tutti i setori (industria, agricoltura, servizi, ecc.) riducendo in continuazione i posti di lavoro. Quindi le promesse di maggiore occupazione in queste condizioni del commercio mondiale sono un assurdo.
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(13) Premesso tutto ciò è necessario:
- Spingere i governi a ridiscutere gli accordi internazionali ed in particolare il WTO;
- Costringere i governi a non tenere segreti questi accordi;
- Costringere i governi a tener conto del benessere della popolazione e non solo delle imprese, a costo di ristabilire delle barriere protezionistiche e bloccare le privatizzazioni;
- Costringere i governi a misurare il benessere della popolazione usando degli indicatori di benessere. L’indicazione del Prodotto Nazionale Lordo non significa nulla. Non spiega come è distribuito il reddito; non spiega se si sono protette le fasce più deboli della popolazione; non spiega se la salute dei cittadini è migliorata; non spiega quanto è stato distrutto l’ambiente. Perché se non si tiene conto nei bilanci dello stato e delle imprese della distruzione dell’ambiente, tutti ne dovremo sopportare le conseguenze.
Dunque: tutti i cittadini devono chiedere conto al governo di questi risultati, perché questi risultati, e non solo i risultati economici complessivi, sono la premessa necessaria per il benessere di tutti, anche per chi oggi sta nella fascia superiore di reddito.
- Partecipare alla finanza etica, sia con gli investimenti che con gli acquisti: le multinazionali esistono perché vi è chi compra le loro azioni e chi compra i loro prodotti.
(Da un volantino di del CSA)