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La natura non si brevetta
2 novembre 2006
Fonte: L'Espresso - articolo di Nicola Nosengo
Una sentenza della Corte Suprema Usa getta nel panico l'industria biotech. I giudici hanno bocciato l'esclusiva di un kit per accertare le carenze di vitamina B12. Ecco perchè:
La bomba l'hanno lanciata tre giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti. Che hanno mandato in frantumi qualunque architettura immaginata fino ad oggi sulla brevettabilità del vivente, rischiando di far finire in un ginepraio legale molta della medicina di nuova generazione. A essere messa in dubbio è infatti la possibilità di brevettare qualunque tecnologia medica che si basi su un fenomeno naturale.
I fatti. nel giugno scorso i nove giudici dell'alta corte statunitense hanno dovuto analizzare il caso che vedeva contrapposte una società biotech statunitense, Metabolite Laboratories, e Lab Corp, una rete di laboratori specializzati in analisi cliniche d'avanguardia. La vicenda iniziata nel 1990, quando Metabolite brevetta un metodo per rilevare la carenza di vitamina B12 o acido folico nel sangue, usando come indizio gli elevati livelli di un altro composto, l'omocisteina. Il brevetto viene concesso in licenza a Lab Corp, che offre ai suoi pazienti un test basato su quel metodo, pagando le relative royalties a Metabolite. Nel 1998, però, lab Corp inizia a usare un test basato su quello stesso legame fra omocisteina e acido folico, ma prodotto da un'altra azienda. Metabolite risponde con una causa di violazione del brevetto e la vince. Poi, di ricorso in ricorso, sempre più in alto nei gradi di giudizio, le due contendenti arrivano fino alla Corte Suprema. E Lab Corp introduce un argomento scottante: quel brevetto non avrebbe mai dovuto esistere, perchè la relazione tra livelli di omocisteina e livelli di vitamina B12 o acido folico è un fenomeno naturale, come tale non brevettabile.
La Corte non accetta l'argomento perchè il suo giudizio (come quello della nostra Corte di Cassazione) è solo formale e non di merito. Tuttavia, tre giudici dissenzienti Stephen Breyer, John Stevens e David Souter, scrivono nelle motivazioni che senza dubbio l'oggetto di quel brevetto è un fenomeno naturale, e quindi in linea di principio non brevettabile.
Ma se nulla che abbia a che fare con un fenomeno naturale può essere brevettato, allora restano fuori anche test diagnostici e farmaci mirati (si pensi agli antitumorali che colpiscono solo le cellule malate, sfruttando le loro diverse caratteristiche metaboliche) basati proprio sulla manipolazione di meccanismi biologici di base. L'industria biotech può chiudere bottega.
La posizione dei giudici supremi, infatti, scardina un dogma su cui si è costruita tutta la brevettabilità di geni, ogm, farmaci e ritrovati biotech in genere: la sentenza della stessa Corte Suprema sul caso Chakrabarty, uno dei primi brevetti su batteri Gm, che all'inizio degli anni Ottanta stabilì che "ogni cosa sotto il Sole purchè fatta dall'uomo è brevettabile". Ma molte cose sono cambiate nella percezione che l'opinione pubblica ha dell'avventura biotech. E il parere dei giudici americani mostra un'inversione di tendenza. Spiega Olga Capasso, consulente in brevetti biotecnologici dello studio De Simone & Partners di Roma: "Questo del fenomeno naturale è per lo più un falso argomento. I criteri per la concessione di un brevetto sono quattro: novità, presenza di un'attività inventiva, descrizione sufficientemente dettagliata e applicabilità industriale. Se ci sono davvero tutti e quattro questi criteri è ben difficile che si possa parlare di un fenomeno naturale puro e semplice". Fino ad oggi, perlomeno. ma il problema di una linea di confine tra ciò che si può e non si può brevettare turberà sempre più spesso i sonni di industriali e giuristi, man mano che la medicina e la farmacologia avanzano verso l'applicazione in chiave terapeutica dei più fini meccanismi biologici. Con conseguente espandersi del business e delle guerre commerciali.
In nome dell'omocisteina
Il test conteso tra metabolite e lab Corp usa la misura dell'aminoacido omocisteina come indicatore intermedio per rilevare le carenze di vitamina B12 o di acido folico. Entrambe le carenze, molto difficili da diagnosticare, ostacolano lo sviluppo delle cellule del sangue, provocando una forma di anemia. Il 10 per cento degli anziani ha una carenza di vitamina B12, per lo più dovuta alla mancanza di un fattore di assimilazione, che si manifesta in particolare con diminuzione dei riflessi e della percezione sensoriale, difficoltà nel camminare e nel parlare, spasmi muscolare, perdita della memoria, debolezza e stanchezza, disorientamento, perdita del tatto. La carenza di acido folico, dovuta di solito ad una dieta troppo povera di verdure, è particolarmente pericolosa nelle donne in gravidanza, perchè può causare nel nascituro la spina bifida, una malformazione della colonna vertebrale.