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La nostra posizione sulle biotecnologie avanzate in campo medico
di Gianni Tamino
Premessa: intendendo per biotecnologie avanzate soprattutto le tecniche derivate dall'ingegneria genetica, come la transgenesi e la terapia genica, ma anche la cionazione e gli xenotrapianti, possiamo schematicamente considerare le seguenti applicazioni biotecnologiche di interesse sanitario:
1) Produzione di farmaci o altre sostanze di interesse terapeutico ottenuti grazie all'utilizzo di microrganismi in ambiente confinato (come nel caso della produzione di insulina umana):
In questo caso i rischi sono limitati, controllabili e in generale accettabili, anche applicando il principio di precauzione.
2) Produzione di farmaci, vaccini e altre sostanze utilizzando piante o animali:
In questo caso vi sono rischi ambientali, rischi sanitari e problemi etici nel caso di utilizzo di animali (condizione analoga alla vivisezione): la nostra posizione non pub essere che contraria, sia applicando il principio di precauzione, sia considerando che si possono impiegare metodi alternativi come microrganismi e cellule in vitro.
3) Applicazioni del Progetto Genoma Umano:
Vanno fatte anzitutto alcune considerazioni in merito al Progetto: nessuna opposizione al fatto che si conoscano la struttura, la sequenza e le funzioni dei geni umani (o, analogamente, di altri organismi) e nessuna obiezione quindi all'incentivare la ricerca pubblica. Non possiamo accettare però che sia possibile la brevettazione dei geni e quindi la privatizzazione del genoma da parte di ditte private (per lo più multinazionali legate al settore farmaceutico), e riteniamo inammissibile la biopirateria conseguente.
Le possibili applicazioni del Progetto Genoma Umano attualmente sono:
a) Test diagnostici: essi possono risultare utili di fronte a malattie curabili o quantomeno prevedibili. Tuttavia nella maggior parte dei casi pur essendo le malattie ereditarie diagnosticabili, non è possibile alcun intervento utile per curarle. In tal caso è moralmente inaccettabile dire a qualcuno (paziente o genitore o parente) che si verificherà o che potrebbe verificarsi nel giro di qualche tempo una malattia rispetto alla quale siamo impotenti. Tale azione è solo una speculazione delle case farmaceutiche che vendono i test. Inoltre i test genetici potrebbero essere usati in violazione della privacy, nel caso di accertamento di predisposizione a malattie che potrebbero comportare discriminazioni sociali, ad esempio sul lavoro o nella stipula di assicurazioni.
b) Terapie geniche: sono generalmente accettabili, purché limitate alle cellule somatiche, escludendo le cellule riproduttive (ciò che comporterebbe problemi di eugenetica positiva, ovvero di modifica della specie umana). Tuttavia va detto che le tecniche sono ancora insufficienti, come del resto le conoscenze sul corretto funzionamento dei geni inseriti: pertanto i risultati sono finora modestissimi. In ogni caso sono preferibili le tecniche di manipolazione di cellule somatiche asportate dal corpo del malato e reimpiantate nel paziente dopo la correzione genica, piuttosto che tecniche di trasporto dei nuovi geni con virus iniettati nel malato, data la pericolosità che l'impiego di virus può avere, non solo per il paziente, ma per tutta la collettività.
4) Tecniche che comportano l'uso di "pezzi di ricambio". Fermo restando il dibattito aperto sull'uso degli organi da trapiantare (logica meccanicistica che privilegia la cura anziché la prevenzione) oltre che sulla speculazione e mercificazione del corpo, fermo restando sopratutto il dibattito aperto sul concetto di morte cerebrale quale fine dell'esistenza, possiamo comunque affemmare che in certi casi l'unica terapia possibile resta la sostituzione della parte malata con una sana. Sono comunque inaccettabili tecniche quali:
a) lo xenotrapianto, sia perché eticamente non possiamo ritenere lecito modificare con tecniche di transgenesi e poi cionare animali ottenuti al solo scopo di trasformarli in pezzi di ricambio, sia perché tale tecnica comporta la diffusione di virus dell'animale verso la specie umana (situazione analoga a HIV ed Ebola), nonché una chimerizzazione del corpo umano (qualche tempo dopo lo xenotrapianto il 7-9 % delle cellule del paziente sono di origine animale!);
b) I'utilizzo di cellule embrionali ottenute da embrioni frutto di cionazione, per evidenti motivi etici e perché questa potrebbe diventare l'anticamera della cionazione riproduttiva di esseri umani. In ogni caso, anche in una visione laica, non è eticamente accettabile produrre embrioni (anche per via diversa dalla cionazione) al solo scopo di smembrarli per farne pezzi di ricambio. Infatti, se è pur vero che un embrione non è ancora un uomo, esso è pur sempre vivente ed è un uomo "in fieri, ben di più di un semplice progetto, ciò che corrisponde al suo genoma. E'comunque discutibile l'utilizzo di cellule staminali ottenute da embrioni in soprannumero, non solo perché è una tecnica rifiutata dalla morale cattolica, ma perché analizzando la questione da un punto di vista laico il problema è: come mai esistono embrioni soprannumerari? Ciò rinvia ad una normativa sulle tecniche di riproduzione assistita, che deve essere approvata, ma che dovrebbe escludere di avere in futuro tali embrioni. Va chiesto inoltre a chi appartengono tali embrioni, dal momento che non appartengono di certo al medico-ricercatore né alle case farmaceutiche. Rimane in tal modo la possibilità di usare cellule staminali ottenute in altro modo: da aborti spontanei, con il consenso della madre (evitando la possibilità di impiegare cellule di aborti volontari, che potrebbero essere frutto di mercificazione della gravidanza, magari imposta a prostitute-schiave da protettori senza scrupoli); dal cordone ombelicale e dalla placenta (sarebbe auspicabile prevedere una banca-deposito di questi tessuti embrionali) e, infine, tessuti adulti, come il midollo osseo.
Dovremmo impegnarci per favorire la ricerca sulle tecniche da noi ritenute lecite e demistificare le affermazioni di chi utilizza la voce dei malati per imporre ricerche inaccettabili come xenotrapianti e cionazione, dato che, comunque, tali ricerche non potrebbero portare a terapie praticabili prima di 10-20 anni, più o meno il tempo necessario per verificare le altre tecniche possibili.