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I rischi delle biotecnologie applicate alla medicina

Gli xenotrapianti

Fonte: Ladri di Geni di Gianni Tamino e Fabrizia Pratesi

Editori Riuniti

pag. 69, cap. III, par. 4.

I grandi investimenti che le multinazionali hanno fatto in animali da trapianto (vedi Cap.I.6), sono la ragione per cui lo xenotrapianto ci viene continuamente riproposto dai media come uno degli ambiti più promettenti di applicazione pratica delle "nuove biotecnologie", o manipolazioni genetiche. Ma esistono davvero queste possibilità e, soprattutto, siamo d'accordo sull'indirizzo che danno al nostro futuro le comunità economiche e scientifiche, così strettamente unite tra di loro?
E' importante sottolineare nuovamente che non un solo xenotrapianto ha mai avuto successo fino ad oggi. Le molte decine, forse centinaia, di trapianti d’organo da animale a uomo che nel secolo scorso sono stati tentati ufficialmente si sono tutti conclusi con una breve o lunga sofferenza, seguita dalla morte del paziente. Né si sono rivelati di alcuna utilità, nel fornire informazioni per l'uomo, le migliaia di esperimenti fatti tra animali di specie diverse (capre, ratti e polli, cani e gatti, maiali e primati).
Inoltre, i molti articoli che leggiamo sui giornali e che presentano gli xenotrapianti come soluzione futura per molti nostri mali, non fanno alcun cenno alle gravi questioni irrisolte, e a nostro avviso, irrisolvibili, legate agli xenotrapianti, che qui vi illustriamo:
1) Il peggiore rischio è per la collettività umana: nel momento del trasferimento dell'organo dall'animale all'uomo può avvenire il passaggio di agenti patogeni. Questi agenti, ad esempio virus o retrovirus, trovano, grazie all’immunosoppressione praticata per evitare il rigetto, le condizioni ideali per passare all’uomo e tramutarsi, col tempo, in agenti patogeni umani; tanto più che le barriere naturali di difesa contro le infezioni, la pelle ed il tratto gastrointestinale, vengono in questo modo aggirate (Nature 407,93 del 7/9/200).
Molti autori ritengono che il virus HIV dell’AIDS si sia sviluppato dal virus SIV delle scimmie (probabilmente attraverso i vaccini per i quali venivano utilizzati questi animali). Molti altri pericolosi virus e infezioni che hanno attaccato gli esseri umani negli ultimi anni provenivano da animali, come il virus Ebola in più regioni dell’Africa, in diversi anni, o il virus Marburg e la malattia di Creutzfeldt-Jacob trasmessa da un prione delle mucche (BSE). E’ stato anche identificato un legame tra il cancro al polmone, al cervello ed alle ossa con il virus SV40 ritrovato nel vaccino antipolio Salk, coltivato su rene di scimmia. Potrebbe essere sufficiente un solo contagio (un solo xenotrapianto) per scatenare un'epidemia incontrollabile come quella dell'AIDS. Chi affronterebbe l'emergenza e chi pagherebbe i danni di un simile disastro sanitario?
Il governo inglese, nell'accingersi ad autorizzare la prima prova clinica di xenotrapianto, ha emanato delle "linee guida" per il paziente che aspira a ricevere un organo d'animale: egli deve impegnarsi per iscritto a non avere figli, a dichiarare tutti i suoi partners sessuali e conviventi, a rendersi disponibile ad un confinamento nel caso dell'insorgere di qualche problema.
Altro che grande fratello: Orwell non ha più niente da insegnarci...
2) Vi è inoltre un grave rischio per il paziente stesso. Le differenze genetiche-fisiologiche ed anatomiche tra uomini ed animali, che riguardano, ad esempio, la durata di vita, il ritmo cardiaco, il metabolismo, il sistema immunitario e quello ormonale, ed infiniti altri elementi, si riflettono nella reazione di "rigetto iperacuto" (normalmente l'organo si necrotizza ed il paziente muore in brevissimo tempo). Si ricorre dunque, oltre che all’inserimento di geni umani nell’animale, all'impiego di dosi massicce di immunosoppressori, i quali però, oltre ad essere estremamente tossici, aumentano il rischio per il paziente di contrarre un tumore o altre malattie. Il chirurgo Thomas Starzl, nella rivista The Lancet, (1993, 341,65-71) descrive un esperimento di trapianto di fegato di babbuino fatto nel '92; il paziente è deceduto dopo 70 giorni di atroci sofferenze in cui è stato affetto da: intossicazione settica, viremia, emorragia nella cavità pleurica, collasso cardiocircolatorio, arresto del funzionamento dei reni e dello stesso fegato con ostruzione biliare, ecc. ecc.
3) La chimera umana: sempre il chirurgo Thomas Starzl, di Pittsburg (USA) promotore degli xenotrapianti da molti anni, definisce "chimera post-operatoria" il paziente trapiantato, in quanto studi scientifici hanno dimostrato che le cellule dell'animale si diffondono in tutto il suo corpo. Secondo il suo collega dott. White, per migliorare la possibilità di successo di uno xenotrapianto (ed avere un paziente più "chimerico") occorre trapiantare in precedenza un poco del midollo osseo dell'animale "donatore" nel paziente destinato a trapianto, in maniera da rendere il suo organismo più compatibile con l'organo animale.
Di conseguenza, l'uomo "xenotrapiantato", se anche sopravvivesse, non sarebbe uomo che al 90%, o al 95%. Il pensiero va spontaneo alla Dichiarazione dell'Unesco sul Genoma Umano, da noi prima citata, che vieta la creazione di chimere umane.
Si è anche indotti a pensare: se un maiale in cui è stato introdotto un gene umano è donatore più compatibile, un maiale in cui saranno stati introdotti due geni, poi tre, poi quattro, dieci, o chissà mille geni, lo sarà ancora più (secondo il ricercatore francese Louis-Marie Houdebine sarebbe necessario modificare almeno 10 geni, ma non sappiamo quali. La Recherche 320,67 1999). Quale è il punto in cui, per la ricerca, sorgerà l'obbligo di fermarsi? Quando il maiale sarà stato "umanizzato" al 2, al 10, al 50 o al 90%? Allo stesso modo: un malato bisognoso di trapianto multiplo, ad esempio cuore-fegato-reni-polmone, potrà ricorrere all'animale senza perdere i suoi diritti civili di essere umano?
Chi sostiene che gli xenotrapianti si debbano portare avanti "per salvare vite umane" ignora volutamente tutto ciò; ignora anche il fatto che la spesa di ogni trapianto è tanto elevata da costringere gli organismi sanitari a ridurre l'assistenza ad altre categorie di malati. Gli Stati dell'UE stanno cercando i criteri in base ai quali verrà scelta la fetta della popolazione che sarà lasciata senza assistenza, a causa degli eccessivi costi della attuale "medicalizzazione" della popolazione.
Ciò spiega la ragione per cui, pur accettando il trapianto (da uomo a uomo) come soluzione estrema nei casi di necessità, consideriamo negativa la "cultura del trapianto". Pensiamo che gli investimenti della sanità pubblica debbano essere fatti nel senso della prevenzione, evitando quanto più possibile il passaggio doloroso attraverso la malattia e quello ancora più difficile attraverso il trapianto.Questo è anche il punto di vista del primo chirurgo che abbia effettuato un trapianto di cuore, Christian Barnard, che attualmente si sta impegnando per diffondere un suo libro a favore della prevenzione, in grado, a parità di costi, di salvare un numero molto maggiore di vite umane.



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