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01/08/07

Una valida alternativa

Articolo sul rapporto del National Research Council “Valutazione della tossicità nel XXI: visione e strategia"

Fonte: Chemistry World - Richard Van Noorden

I test eseguiti su topi, ratti e cavie per preservare l’uomo da sostanze chimiche dannose erano un tempo un male necessario, ma secondo un rapporto emesso a giugno dallo US National Research Council (NRC) appaiono ora di imbarazzante arretratezza.

Il rapporto delinea una visione della tossicologia del XXI secolo incentrata su test alternativi non soltanto più umani, ma anche più rapidi, economici e accurati dei corrispondenti test su animali. Alcuni di questi sono già disponibili. Sotto la spinta dei costi dell’implementazione di REACh (Registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche), nuovo regolamento europeo sulle sostanze chimiche entrato in vigore a giugno, gli scienziati hanno rivelato numerose alternative non animali negli ultimi pochi mesi.

Se da un lato questo mutamento di paradigma segna un miglioramento radicale per la tossicologia, dall’altro mette in evidenza le enormi carenze dei modelli animali esistenti e quanto tardivamente ci si stia adoperando per la loro sostituzione.

Tossicologia “tick box”

Dei 10.7 milioni di animali utilizzati in Europa ogni anno a fini sperimentali, solo il 10% è impiegato nei test di sicurezza delle sostanze chimiche. I restanti, sono per la maggior parte utilizzati nella ricerca di base o per la ricerca e lo sviluppo dei farmaci.

Sperimentare la sicurezza di un farmaco o di una sostanza chimica è un’impresa laboriosa, spesso definita “tossicologia tick-box’” Gli sperimentatori seguono un percorso irto di complicazioni e verificano se, ad esempio, i farmaci irritano la pelle o gli occhi, determinano mutazioni del DNA, causano malformazioni natali o danneggiano le cellule. “Al momento la tossicologia si presenta come un’attività priva di qualsiasi organicità. Appena emerge un problema, lo si copre con un rattoppo”, dichiara Thomas Hartung, direttore dell’ECVAM, Centro Europeo per la Validazione dei Metodi Alternativi, istituito nel 1991 per valutare i metodi alternativi alla sperimentazione animale.

Le misure adottate per ovviare ai problemi sono sempre più costose, comportano un notevole dispendio di tempo e sono dotate di scarsa capacità predittiva. Per eseguire un biosaggio per gli agenti cancerogeni, ad esempio, ci vogliono 400 ratti, cinque anni, e 800.000 euro, ma circa la metà delle sostanze chimiche incriminate non ha alcuna provata capacità cancerogena negli esseri umani. Ciò è in gran parte dovuto al fatto che gli esseri umani non sono ratti o topi. Secondo Hartung, il 30% dei farmaci sperimentati su animali dà esito negativo nei test sull’uomo a causa di effetti collaterali tossicologici non emersi nei precedenti test di sicurezza.

Secondo il rapporto del NRC “Toxicity testing in the 21st century: a vision and a strategy” (“Valutazione della tossicità nel XXI secolo: visione e strategia”) commissionato dall’EPA (Environmental Protection Agency – Agenzia per la protezione dell’ambiente), i tossicologi dovrebbero concentrarsi sulla biologia umana, non su quella animale. La visione per il futuro delineata nel rapporto, spiega il membro della commissione NRC Melvin Andersen, è che i tossicologi arriveranno a poter comprendere i percorsi biochimici che causano la tossicità nel nostro corpo. In questa visione ideale sarà facile mettere a punto test in vitro o in silico che consentano di verificare l’interferenza delle sostanze chimiche con i percorsi causando effetti tossici.

Scopo dei 10.7 milioni di esperimenti animali eseguiti nell’Unione europea ogni anno

Ricerca di base: 3.7 milioni (35%)

Ricerca e sviluppo di prodotti farmaceutici: 3 milioni (28%)

Produzione e controllo di qualità dei prodotti farmaceutici: 1.7 milioni (16%)

Test per tossicità e sicurezza: 1.1 milioni (10%)

Altro: 0.6 milioni (6%)

Studio e formazione: 0.34 milioni (3%)

Diagnosi delle malattie: 0.23 milioni (2%)

Il passaggio alla comprensione dei meccanismi che sottendono al fenomeno tossicologico dovrebbe avvenire nell’arco dei prossimi venti anni, benché gli esperimenti su animali saranno ancora utilizzati come complemento dei test in vitro. Inoltre, ammette l’NRC, il cambiamento incontrerà sicuramente la resistenza dei regolatori ormai abituati al sistema basato sul modello animale. Il ricorso combinato a test su linee cellulari umane, modelli informatici e studi epidemiologici potrebbe tuttavia conquistare gli scettici.

I ricercatori stanno già creando ampie mappature del DNA, del RNA messaggero, delle proteine e finanche dei piccoli metaboliti delle molecole delle nostre cellule e ne stanno esplorando le interconnessioni. Dan Scott, del Safety and environmental assurance centre dell’Unilever, racconta che la sua equipe sta collaborando con i ricercatori dell’Università della California di San Diego per sviluppare una comprensione meccanicistica dell’infiammazione cutanea. L’Unilever ha dato vita a un “interactome” (uno tra i più grandi del mondo) che mostra oltre 55.000 interazioni tra migliaia di proteine. Esso consente di esaminare, ad esempio, il legame tra le molecole coinvolte nelle eruzioni cutanee causate da agenti irritanti. Tale sofisticata comprensione sta consentendo ai ricercatori di identificare i marcatori chiave di questo importante effetto tossico. Essi hanno scoperto, ad esempio, che un solo fattore di trascrizione gioca un ruolo fondamentale nell’accendere o silenziare una moltitudine di geni apparentemente slegati. Il difficile sta nel trasformare questa scoperta in un test di tossicità, ammette Scott. 

Anche senza una conoscenza meccanicistica così dettagliata, i test di screening in vitro per la mutagenesi e la tossicità acuta esistono da oltre 20 anni. Essi sono stati messi a punto dall’industria farmaceutica che ha bisogno di test efficienti per individuare i farmaci potenzialmente tossici in modo rapido e attendibile. Come è stato dimostrato, tali test funzionano almeno quanto i test tossicologici basati su animali. Ciò, tuttavia, non soddisfa le richieste dei recalcitranti enti regolatori della tossicologia, che per i test in vitro hanno fissato standard assai più elevati di quelli stabiliti per i tradizionali esperimenti su animali.

Esplosione di interesse 

In Europa, è compito dell’ECVAM provare che i saggi in vitro siano conformi a questi standard. I progressi dell’istituzione nel guidare i saggi attraverso il filtro dei regolamenti sono stati ammirevoli ma lenti fino ad alcuni anni fa in quanto le aziende farmaceutiche tendevano a tenere per loro stesse i test di screening, senza sforzarsi di perfezionarli e farne mezzi per la valutazione tossicologica. Ora, afferma Hartung, sono stati validati 30 test in vitro, 14 dei quali negli ultimi 18 mesi, e altri 40 sono attesi entro il 2009. Inoltre il nuovo Partenariato europeo per la promozione di metodi alternativi alla sperimentazione animale (EPAA), lanciato a novembre del 2005, ha unito 32 aziende dell’industria chimica e farmaceutica, desiderose di condividere le loro conoscenze con la Commissione europea e di promuovere i metodi alternativi.

Questa improvvisa esplosione di interesse è stata causata da due provvedimenti che, ironicamente, condurranno a un incremento della sperimentazione animale nei prossimi dieci anni. Il 7° emendamento della Direttiva europea sui cosmetici, mette al bando la sperimentazione dei cosmetici sugli animali entro il 2013, ma questa è già stata proibita in molti paesi. Il regolamento Reach, entrato in vigore a giugno, obbliga l’industria a spendere 3 miliardi di euro per verificare la sicurezza  di oltre 30.000 sostanze chimiche in uso in Europa. Ciò vuol dire che almeno 8 milioni di animali in più del consueto sarà sottoposto a test di tossicità per le sostanze chimiche.

Poteva andare molto peggio. Il Centro Comune di Ricerca europeo stima che per REACh sarebbero stati necessari 38 milioni di animali se gli scienziati e l’industria, preoccupati per i costi, non avessero fatto pressioni perché gli enti regolatori abbandonassero l’antiquato approccio “tick-box” e non avessero abbracciato i metodi alternativi e la “sperimentazione intelligente”, in cui i dati sono condivisi, i test possono essere tralasciati nel caso non sussista la ossibilità di una significativa esposizione alla sostanza per l’uomo e la tossicità prevista mediante la comparazione tra sostanze chimiche simili.

La fortunata sostituzione dei vecchi metodi operata dall’ECVAM ha finora riguardato metodi in vitro per mutagenesi ed ecotossicità acuta, mentre i test per l’irritazione cutanea e la fototossicità sono stati portati più vicini alla validazione in tutto il mondo dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). E’ stata inoltre validata una batteria di altri test, riguardanti vari aspetti della sicurezza di sostanze chimiche e farmaci.

Ancora più recentemente, nell’aprile di quest’anno, l’ECVAM ha validato due modelli artificiali di pelle umana, che ostituiscono completamente qualsiasi test in vivo per l’irritazione cutanea. Episkin, sviluppato dall’azienda francese Imedex insieme al gigante della cosmesi L'Oreal, ed Epiderm, messo a punto dall’azienda del Massachusetts MatTek, sono sofisticate ricostruzioni tridimensionali di pelle umana, ottenuta da cellule umane. Episkin è stato originariamente sviluppato per il trattamento dei pazienti ustionati.

I modelli informatici sono più lontani dalla validazione, spiega Hartung. Benché ampiamente utilizzati dalle industrie come strumenti di screening per la tossicità dei farmaci, un solo strumento informatico, Lazar, è al momento in corso di validazione presso l’ Ecvam e potrà essere utilizzato a fini regolatori. Alcuni modelli di screening propongono l’uso combinato di test in silico e saggi in vitro. Il prossimo anno la Simugen, azienda britannica di Cambridge, lancerà un programma informatico per la predizione della tossicità epatica destinato alle industrie. L’utente dovrà prima aggiungere diverse concentrazioni di una determinata sostanza chimica alle colture cellulari. In un secondo momento gli esiti molecolari ottenuti saranno immessi nel programma sviluppato dalla Simugen che produrrà la relazione dose-reazione della tossicità della sostanza negli esseri umani.

Problemi più complessi

Una volta che le sostanze chimiche entrano nel flusso sanguigno, è molto più difficile predirne la tossicità con un semplice test in vitro. “Come fare per sintettizzare in provetta la miriade di interazioni bio-cellulari che caratterizza le reazioni in vivo?”, si interroga Ian Kimber del laboratorio centrale di tossicità della Syngenta. Quel che è peggio è che, anche nel caso la sostanza chimica non sia tossica, i suoi metaboliti possono esserlo e l’unico modo per accertarsene con tecniche in vitro è quello di utilizzare un sistema dotato di un dispositivo di metabolizzazione che consenta di praticare la scissione delle sostanze chimiche.  

Futuri organi artificiali, forse realizzati con cellule staminali embrionali umane, potrebbero offrire una prima soluzione, ma non saranno eccessivamente utili nel caso i metaboliti prodotti da un organo vadano a coinvolgerne un altro. Un primo sviluppo lungo queste direttrici è costituito dal GreenScreen HC, lanciato quest’anno dalla Gentronix, azienda britannica di Manchester. La versione base del sistema utilizza cellule umane create per esprimere una proteina fluorescente. Questa è legata a un gene riparatore del DNA. Le cellule emettono una fluorescenza di color verde acceso quando sono esposte a sostanze chimiche genotossiche. Come spiega Richard Walmsley, direttore scientifico della Gentronix, il saggio è particolarmente accurato in quanto non porta all’individuazione falsata di sostanze non cancerogne. L’azienda, tuttavia, sta già estendendo il modello base per individuare sostanze chimiche che diventano velenose solo quando vengono metabolizzate, utilizzando porzioni di fegato (attualmente di ratti) per mimare il metabolismo.  

Ai fini dell’utilizzo in tossicologia, questi modelli per la sostituzione dei metodi animali sono ancora lontani. L’80% degli animali necessari per il regolamento REACh sarà utilizzato per testare la tossicità riproduttiva, cronica o acuta che può riguardare l’intero corpo umano. In questo caso ridurre il numero degli animali utilizzati è un’opzione a breve termine migliore della sostituzione. Portare i test di tossicità riproduttiva da due generazioni di animali a una soltanto salverà 13 milioni di animali per l’implementazione del REACh, fa notare Hartung.

La Commissione europea sta affrontando questi problemi più complessi finanziando progetti quinquennali come ReProTect che mira a analizzare gli effetti delle sostanze chimiche sul sistema riproduttivo mediante lo sviluppo di una batteria di test specifici per aree chiave quali la fertilità, l’impianto e lo sviluppo prenatale. Allo stesso modo il progetto ACuteTox si propone di mettere insieme una batteria di test in vitro già utilizzati per la tossicità acuta affinché nel 2009 possano iniziare ad essere validati.

Tuttavia Hartung non prevede che i test di tossicità acuta possano essere sostituiti celermente ed è innegabile che, nonostante l’impegno degli scienziati, REACh causerà un maggior numero di esperimenti animali. Tuttavia l’aver catalizzato l’attenzione dell’industria e degli investimenti europei farà sì che, nel lungo periodo, la valutazione della tossicità sia trasformata a beneficio di uomini e animali.

 

 
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