SPERIMENTAZIONE ANIMALE
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5/11/07
I danni causati dagli agrotossici si trasmettono alle generazioni future
Fonte: Rel-UITA - Enildo Iglesias
Sette anni fa, la XII Conferenza Latinoamericana della Rel-UITA (Sindacato internazionale dei lavoratori del settore alimentare, agricolo, alberghiero, della ristorazione, del tabacco e affini) ha denunciato la drammatica condizione degli aderenti che lavorano nell’agricoltura, costretti a scegliere tra la morte per fame o quella per avvelenamento da agrotossici.
Tra le contromisure adottate, la Conferenza ha deciso di rivolgersi all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sollecitando l’apposizione di speciali etichette informative sulle confezioni dei prodotti agrotossici, al pari di ciò che oggi avviene per i danni causati dal fumo. La OMS, probabilmente su pressione delle multinazionali che producono agrotossici e farmaci e che hanno grande peso all’interno dell’organizzazione, si è rifiutata di intervenire.
Da allora il tema ha acquisito sempre maggiore urgenza.
Studi recenti hanno dimostrato che, contrariamente a quanto si credeva in precedenza, il comportamento e le condizioni ambientali possono programmare il DNA dei bambini. La nuova scoperta del modo in cui i geni interagiscono con l’ambiente, induce a pensare che molti prodotti chimici possono essere molto più pericolosi di quanto finora ritenuto.
Diviene sempre più chiaro che gli effetti dell’esposizione alle sostanze tossiche possono trasmettersi per generazioni in un modo che non è stato ancora pienamente compreso. “Ciò introduce il concetto di responsabilità nella genetica e nell’ereditarietà”, dichiara il dottor Moshe Sfyz, ricercatore all’Università MCGill di Montreal, Canada. “Esso può rivoluzionare la medicina. Ci nutriamo bene e ci teniamo in esercizio non soltanto per noi stessi ma anche per i nostri figli”, ha aggiunto.
Il nuovo ambito di ricerca genetica, denominato epigenetica, studia ciò che alcuni ricercatori hanno iniziato a definire “secondo codice genetico”: un sistema che influisce sul comportamento dei geni presenti nel corpo. Se il DNA è l’hardware dell’ereditarietà, il sistema epigenetico ne è il software.
Detto altrimenti, se paragoniamo l’ereditarietà genetica a un computer (hardware), il sistema epigenetico costituisce l’insieme dei programmi (software) che gli consente di effettuare le diverse operazioni. Il sistema epigenetico possiede una sorta di commutatore che determina quali geni operano (sono “accesi”) e quali sono inattivi (“spenti”) e quale quantità di una determinata proteina possono produrre.
Questo sistema di commutazione determina quale parte del materiale genetico presente in ogni cellula influirà sulla creazione di proteina, quali proteine saranno prodotte, in che sequenza e in quale quantità. Le proteine, i mattoni che formano l’edificio del nostro corpo, sono anche i prodotti chimici e gli ormoni del nostro corpo i quali determinano, in gran parte, come appariamo, come ci sentiamo e persino come agiamo.
Pare tuttavia che il sistema chimico di commutazione possa funzionare anche al contrario.
Nella maggior parte dei casi, i cambiamenti epigenetici (modifiche indotte nel DNA dalle condizioni ambientali) non si trasmettono dai genitori ai figli. Benché non sia ancora chiaro come, pare che i geni emergano “puliti” dalla fertilizzazione dell’uovo da parte dello sperma. Ciò nonostante, secondo dati recenti, il fatto che ha attratto l’attenzione di alcuni ricercatori è che i cambiamenti genetici influenzati dalla dieta, dal comportamento e dall’ambiente, possono trasmettersi di generazione in generazione.
Il governo degli Stati Uniti registra mediamente 1.800 nuove sostanze chimiche all’anno; circa 750 di queste sono prodotti che hanno appena superato le prove che riguardano gli effetti sulla salute e l’ambiente.
Nel 2005, l’Unione europea ha risposto a questo stato di cose approvando il regolamento REACh (Registrazione, Valutazione, Autorizzazione e Restrizioni delle Sostanze Chimiche) che esige che i prodotti chimici siano debitamente sperimentati prima di essere immessi sul mercato, secondo la logica che recita giustamente “nessun dato, nessun mercato”.
L’industria dei prodotti chimici di Europa e Stati Uniti, col contributo della Casa Bianca, ha risposto iniziando a far pressioni per affondare il REACh, per ora senza fortuna.
A maggio di quest’anno un gruppo di 200 scienziati provenienti da tutto il mondo ha redatto un documento (la Dichiarazione delle isole Faroe) in cui si ammonisce che l’esposizione precoce dei bambini a comuni prodotti chimici determina maggiori possibilità di sviluppare infermità gravi come diabete, ADHD, alcuni tumori, disturbi alla tiroide e obesità nel corso della vita successiva.
L’importante è che gli scienziati stiano esortando i governi a non attendere maggiori certezze scientifichce ma ad adottare adesso un’azione preventiva per proteggere i feti e i bambini dall’esposizione alle sostanze tossiche. Nel frattempo, la mafia dei prodotti agricoli tossici continua a incassare denaro.
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