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L’INUTILITA’ DELLA VIVISEZIONE

Gianni Tamino*

La vivisezione trae origine da una visione meccanicista della natura, che assimila uomini ed animali a macchine, di cui si pensa di poter conoscere il funzionamento attraverso una relazione meccanica tra le parti.  In quest’ottica, l’animale-macchina diviene un modello per l’uomo-macchina, ma ogni biologo sa che animali diversi possono presentare alcune caratteristiche anatomiche e fisiologiche simili o uguali, ma molte altre in parte o del tutto diverse.

Inoltre gli animali usati per gli esperimenti sono animali selezionati artificialmente, tenuti in gabbia senza quegli stimoli indispensabili a sviluppare le proprie potenziali autodifese. Così l’animale da laboratorio è un animale non corrispondente a quello che vive nel proprio ambiente naturale e gli esperimenti non sono neppure utilizzabili per altri animali della stessa specie, che vivono in un normale contesto spazio-temporale. Ad esempio, gli animali che vivono senza stimoli naturali, in spazi angusti e privati delle loro esigenze biologiche, sono animali altamente stressati e lo stress riduce fortemente le difese immunitarie.

Comunque ogni risultato sperimentale ottenuto su un animale ci fornisce tutt’al più dei dati utili per quella specie, ma non sappiamo se ciò che si è ottenuto su quell’animale si verificherà anche nell’uomo. Sapremo se vi è o meno corrispondenza tra l’uomo e l’animale usato nella sperimentazione solo dopo aver sperimentato le stesse sostanze sull’uomo.  E’ dunque l’uomo la vera cavia, e l’animale è un alibi per permettere di fare sperimentazione sull’uomo.

Inoltre il modello animale ha fatto perdere di vista le relazioni che intercorrono tra ambiente, natura e organismi, valutando solo le singole parti e ignorando l’individuo nel suo insieme.  Da ciò è derivato anche un modello sanitario in cui l’uomo è visto in funzione delle sue singole parti, che si possono alterare e ammalare, ma non nella sua globalità.  Un tale modello ha portato a trascurare la prevenzione e a privilegiare la cura delle malattie.  Le alternative alla vivisezione sono pertanto anche alternative al modello sanitario attuale.

Si può comunque, per garantire una più sicura sperimentazione clinica, provare i farmaci su cellule umane “in vitro”, mentre per verificare gli effetti metabolici del farmaco si possono produrre chimicamente i possibili metaboliti e provarli sempre su cellule e tessuti umani o con la tossicogenomica. Infine, per avere un’ipotesi del comportamento del farmaco sull’organismo umano, i dati cosi ottenuti possono essere verificati mediante simulazione al computer.

 

*Presidente del Comitato Scientifico EQUIVITA



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