Pesticidi, sperimentazione animale e sicurezza alimentare

Gianni Tamino *

L’agricoltura industrializzata, nata dalla cosiddetta “Rivoluzione Verde”, è caratterizzata dal massiccio impiego di energia e prodotti chimici in ogni fase lavorativa: macchine agricole, concimazione chimica, irrigazione, controllo chimico dei parassiti, ecc. Si tratta di un enorme flusso di energia supplementare (cioè oltre a quella fornita negli ecosistemi naturali dal sole) che trasforma il sistema produttivo primario (le piante) da accumulatore di energia (grazie alla fotosintesi) in forte consumatore di energia di origine fossile. Questo tipo di agricoltura si sta dimostrando sempre meno accettabile: produce inquinamento e danni alla salute, senza garantire cibo per tutti.

 

L’agricoltura chimicizzata produce inquinamento delle falde e dei suoli (a causa sia dell’impiego di fertilizzanti che di fitofarmaci) nonché accumulo di residui tossici lungo l’intera catena alimentare. I pesticidi inquinano frutta e verdura e si accumulano nei tessuti degli animali, fino ad inquinare il latte materno. Molte sostanze tendono infatti ad accumularsi nel tessuto adiposo degli animali, e qui produrre effetti di diverso tipo, come cancro e disfunzioni endocrine. Nel 2005 è risultato che la metà della frutta commercializzata in Italia era contaminata da uno o più residui di pesticidi e Il 2,2% era fuorilegge.

 

La velocità con cui sempre nuovi principi attivi e formulati vengono immessi sul mercato (e nel nostro organismo) rende sempre più difficile disporre di conoscenze sufficienti a garantire una vera sicurezza. Il problema è che il tipo di indagini attualmente svolte per la sicurezza e la salute, non riescono a tenere il passo della produzione e del commercio di nuovi pesticidi.

 

Neppure il nuovo regolamento europeo sulle sostanze chimiche (REACH) risulta adeguato: infatti la valutazione delle diverse sostanze si baserà ancora sui test di tossicità effettuati su animali, test come quello della “DL 50”. Questo test cerca di individuare la dose della sostanza alla quale muoiono il 50% degli animali; un esperimento grossolano, per nulla scientifico, inutile, che dà risultati molto differenti per ogni specie di animale impiegata, ma non ci dice nulla sulla azione tossicologica della sostanza nel medio e lungo periodo, nulla sugli effetti mutageni e cancerogeni. In tal modo le industrie chimiche mettono in commercio prodotti per l'agricoltura che hanno effetti disastrosi per l'uomo e per l'ambiente, che verificheremo (come già stiamo verificando) solo dopo molti anni e dopo molti profitti per l'industria chimica.

 

Finora non sono servite a nulla le voci più autorevoli della scienza (Nature, New Scientist, British Medical Journal, Scientific American, Sapere, ecc. ecc.) che denunciano l’inaffidabilità di questi test. E’ necessario avviare un cambiamento di paradigma, che riduca drasticamente l’uso delle diverse sostanze chimiche, come i pesticidi, che, in ogni caso, devono essere valutati per quanto riguarda la tossicità , sia a breve che a lungo termine, con metodi veramente scientifici, rapidi e poco costosi, senza ricorso alla sperimentazione animale.

 

* docente di biologia Università di Padova, Presidente di EQUIVITA, membro Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare